Dopo l’esordio “francofono” del meccano-tessile biellese (non “organico” agli stabilimenti lanieri) è necessario attendere qualche anno prima che le antiche carte comincino a riportare qualche nominativo locale. In un censimento delle attività manifatturiere biellesi databile al 1840-1845,si trova il nome del sordevolese Gabriele Grosso indicato come mugnaio, ma nelle tabelle della rilevazione del 1852, al netto di eventuali omonimie, è esplicitamente designato come «fabbricante di macchine». Secondo la tabella dava lavoro a un operaio, era dotato di tre macchine, ossia «1 forno, 1 tornitoio, 1 trittolatoio da campeggio» (il campeggio è un colorante naturale utile alla tintura per colori violacei ottenuto dalla triturazione della corteccia di una leguminosa originaria del Centro America), abbisognava ogni anno di una tonnellata di legno e di una di ferro (che “importava” dal Piemonte) e fabbricava macchinari di vario tipo «per le manifatture da panni e simili». Nella documentazione del Lanificio Giovanni Battista Vercellone e Figli di Sordevolo, in un registro di ordini per la fornitura di macchinari tessili, accanto e poco dopo la ditta “Delorme et Maurin”, si incontra ancora Gabriele Grosso.Per gli imprenditori sordevolesi, il Grosso (in quella sede designato come falegname) fabbricò qualche drossa fino al 1856.
(da da Craveia D., Il meccano-tessile biellese dalla Restaurazione al Fascismo, in «Studi e ricerche sull’industria biellese», vol. 3, Bollettino DocBi 2012)
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