Famiglia
Alberti, famiglia
- Biografia / Storia
- La famiglia Alberti, originaria da Catenaia, località del Valdarno casentinese, fece approdo a Firenze attorno ai primi anni del Duecento. Qui i suoi capostipiti si dedicarono alle professioni liberali e alle attività commerciali, industriali e bancarie. Furono protagonisti come banchieri in Firenze e nei centri nevralgici dell’economia europea.
L’impegno politico degli Alberti a Firenze andò di pari passo con l’attività mercantile e bancaria: 52 membri della famiglia ricoprirono la carica di Priore del Comune di Firenze e nel giro di un trentennio costruirono una rete di banchi e filiali gestite direttamente dalla famiglia o attraverso fattori e corrispondenti.
Superarono con abilità la grande crisi dei mercati nel decennio tra il 1333 e il 1346, sopravvivendo al fallimento di più di 350 aziende, e raggiunsero l’apice del loro prestigio e ricchezza assumendo il ruolo dominante di banchieri del Papa alla corte avignonese.
La seconda metà del Trecento rappresentò per la famiglia Alberti il periodo di massima espansione. Due sono i personaggi che il celebre umanista Leon Battista presenta come protagonisti: Niccolò di Iacopo e Benedetto di Nerozzo, che furono anche coloro che posero le premesse del declino, perché con loro e dopo di loro verrà l’esilio.
Quando esplose il tumulto dei Ciompi (1378-1382), Benedetto fu acclamato cavaliere dal popolo assieme ad Antonio, figlio del defunto Niccolò. Seguirono anni di un feroce braccio di ferro tra i seguaci di Maso degli Albizzi e la parte avversa guidata da Silvestro dei Medici, con i Ricci e gli Alberti: una lotta che andava al di là di scontri di classe o difesa di diritti ma che si muoveva su livelli più complessi di riforme istituzionali e programmi politici.
Maso degli Albizzi riuscì a eliminare i suoi avversari con lo strumento più radicale a sua disposizione, l’esilio: per gli Alberti la condanna di un individuo divenne la sorte di una intera famiglia.
Il bando del 1401 è il primo di una serie che terrà lontani gli Alberti dalla patria per lungo tempo.
Secondo questo decreto messer Antonio degli Alberti dovette pagare 3000 fiorini d'oro entro il 25 gennaio per evitare la condanna alla decapitazione. Appena pagata la multa fu liberato e confinato per 30 anni oltre 300 miglia da Firenze assieme ad Altobianco suo fratello.
Per altri membri della famiglia, tra cui Lorenzo di Benedetto padre di Leon Battista, venne stabilito l’esilio per 20 anni oltre 180 miglia dalla città. Per tutti gli altri Alberti maggiori di 16 anni l’esilio sarebbe durato 10 anni in un luogo a loro scelta lontano almeno 100 miglia da Firenze.
Inoltre tutti i beni furono messi sotto sequestro.
Gli Alberti si stabilirono soprattutto nelle città in cui svolgevano i loro affari e avevano sede i loro banchi: Venezia, Genova, Londra, Bruges etc.
Il bando fu ritirato nel 1428 e parte della famiglia rientrò in patria, ma un’altra parte aveva messo radici in altre località italiane e straniere, tra cui la Francia (stirpe dei d’Albert duchi di Luynes e Chevreuse).
Membro illustre della famiglia fu l’umanista Leon Battista Alberti, architetto e letterato.
Dal XV secolo in poi gli Alberti ripresero le attività commerciali ma, riconoscenti ai Medici ai quali dovevano il loro rimpatrio, si dedicarono anche alla politica ricoprendo fino al XVIII secolo innumerevoli cariche.
Nel 1836 moriva l’ultimo degli Alberti, Leon Battista (figlio di Giovanni Vincenzo degli Alberti, uomo di formazione diplomatica, che visse alla fine del ‘700 e che pose al figlio il nome dell’umanista suo antenato) il quale, sposato con Anna Lorenzini e privo di figli, decise di adottare un Mori Ubaldini, figlio di Adelaide Lorenzini (zia di sua moglie).