Libro
Cent'anni fa all'Expo universale di Bruxelles
Data: 15 ottobre 2011
data di edizione
Per noi ormai abituati ai super-mega eventi organizzati a ripetizione e all’annullamento spazio-temporale dovuto al web è difficile immaginare cosa rappresentasse un’esposizione universale della fine dell’Ottocento o dell’inizio del Novecento. I traguardi raggiunti dal mondo scientifico, tecnologico, industriale, artistico, artigianale e commerciale erano concentrati in un solo luogo, per un breve periodo. Milioni di persone (in quell’epoca) si mettevano in viaggio per vedere le meraviglie del presente e, soprattutto, del futuro. Chi voleva far parte dell’avvenire positivo e del progresso affidato alle macchine non poteva mancare tra gli espositori. Comunità, società e variegate entità promuovevano le partecipazioni a quelle celebrazioni del fare e del sapere e così fu anche per l’Exposition Universelle et Internationale de Bruxelles dell’aprile-novembre 1910 (900 mila metri quadri di superficie, 27 mila espositori e 13 milioni di visitatori) cui prese parte anche l’Associazione della Industria Laniera Italiana. Dei 40 lanifici italiani affiliati alla Laniera ben 29 risposero all’invito di concorrere alla kermesse belga con un singolare quanto importante “prodotto” espositivo: una serie di campionari studiati per essere elegantemente uniformi pur contenendo i tessuti dei rispettivi stabilimenti. L’idea lanciata dal presidente Corradino Sella, dal suo vice Cesare Bozzalla e dal direttore Giuseppe Ottolenghi fu accolta con entusiasmo perché assicurava all’immagine della compagine laniera una compattezza e un’unità di intenti del tutto inedite (e mai replicate). Tra i 29 lanifici che inviarono i propri campioni di stoffa per comporre gli altrettanti campionari si contano perlopiù nomi biellesi così allora elencati: Rivetti Giuseppe & Figli e Fratelli Cerruti di Biella, Fratelli Prina & Compagno (Fantone) del Bardone (Biella), Mosca & Long di Chiavazza, Giovanni Prina di Pettinengo, , Fratelli Garlanda e Lanificio già Sella & Compagnia di Valle Mosso, Cerruti & Perolo di Vigliano Biellese, Pietro Torello & Figlio di Strona, Reda Pietro & Figli di Sordevolo, Lanificio Pianceri e Torino, Trabaldo Pietro Togna e Felice Lora Totino di Pray, Lesna Tamellino Giacomo, Bruno Ventre & Bardella, Bozzalla Federico e Ubertalli Pietro & Figli di tutti Coggiola, Successori G.B. Gilardi di Cossila, Fratelli Piacenza di Pollone, Lanzone G.B. di Andorno e i mossesi Pietro Bertotto, Picco S. & Figli e Vittorio Bozzo.
La rappresentanza biellese era supportata dai lanifici Laclaire & Salietti di Torino, Basilio Bona di Caselle Torinese, V.E. Fratelli Bona di Carignano, Gaetano Marzotto & Figli di Valdagno (Vicenza), Manifattura Trezzi e Lanificio Nazionale Targetti entrambi milanesi. In tutto diecimila addetti e tremila telai attivi. I grandi volumi dei campionari furono realizzati a Torino dallo Stabilimento Massimiliano Vezzosi e ottennero la menzione speciale della giuria per la loro mirabile fattura: cuoio rosso con fregi dorati e l’inserto di un’immagine dell’azienda nella copertina. Per i pesanti libroni (costati 160 lire cadauno) erano previsti degni leggii a cui andavano opportunamente avvitati. Dopo circa due anni e qualche problema di tipo diplomatico imputabile alla scarsa coordinazione degli organismi giudicanti, la Laniera riuscì a farsi riconoscere il Grand Prix e la medaglia di bronzo (massima onorificenza assegnabile nella categoria) per quanto mostrato a Bruxelles proprio grazie ai campionari in sé visto che lo stand non era stato curato in modo convincente. L’ambito premio cumulativo fu idealmente ripartito su tutte le ditte della spedizione che poterono fregiarsi di tale titolo come spesso accade di notare nelle carte intestate degli anni seguenti. La mostra “Campioni in stoffa” allestita presso la Fabbrica della Ruota consente di vedere i soli quattro di quei ventinove campionari da esposizione ad oggi ritrovati, quelli del Lora Totino, del Lesna Tamellino, del Basilio Bona e, ultima scoperta (ormai a catalogo in stampa), quello dei Fratelli Prina (che più che al Bardone si trovava all’inizio di via Milano). La Laniera, malgrado il successo dell’expo e nuove occasioni, non ebbe più iniziative simili perciò i campionari di Bruxelles, che solo in virtù delle ricerche condotte per la precitata mostra sono stati oggetto di attenzione (forse perché i “superstiti” sono così pochi), restano una esperienza unica e poco nota. Chissà se altri di quei venticinque campionari “scomparsi” saranno segnalati?
La rappresentanza biellese era supportata dai lanifici Laclaire & Salietti di Torino, Basilio Bona di Caselle Torinese, V.E. Fratelli Bona di Carignano, Gaetano Marzotto & Figli di Valdagno (Vicenza), Manifattura Trezzi e Lanificio Nazionale Targetti entrambi milanesi. In tutto diecimila addetti e tremila telai attivi. I grandi volumi dei campionari furono realizzati a Torino dallo Stabilimento Massimiliano Vezzosi e ottennero la menzione speciale della giuria per la loro mirabile fattura: cuoio rosso con fregi dorati e l’inserto di un’immagine dell’azienda nella copertina. Per i pesanti libroni (costati 160 lire cadauno) erano previsti degni leggii a cui andavano opportunamente avvitati. Dopo circa due anni e qualche problema di tipo diplomatico imputabile alla scarsa coordinazione degli organismi giudicanti, la Laniera riuscì a farsi riconoscere il Grand Prix e la medaglia di bronzo (massima onorificenza assegnabile nella categoria) per quanto mostrato a Bruxelles proprio grazie ai campionari in sé visto che lo stand non era stato curato in modo convincente. L’ambito premio cumulativo fu idealmente ripartito su tutte le ditte della spedizione che poterono fregiarsi di tale titolo come spesso accade di notare nelle carte intestate degli anni seguenti. La mostra “Campioni in stoffa” allestita presso la Fabbrica della Ruota consente di vedere i soli quattro di quei ventinove campionari da esposizione ad oggi ritrovati, quelli del Lora Totino, del Lesna Tamellino, del Basilio Bona e, ultima scoperta (ormai a catalogo in stampa), quello dei Fratelli Prina (che più che al Bardone si trovava all’inizio di via Milano). La Laniera, malgrado il successo dell’expo e nuove occasioni, non ebbe più iniziative simili perciò i campionari di Bruxelles, che solo in virtù delle ricerche condotte per la precitata mostra sono stati oggetto di attenzione (forse perché i “superstiti” sono così pochi), restano una esperienza unica e poco nota. Chissà se altri di quei venticinque campionari “scomparsi” saranno segnalati?