Argomento
Progetto Alta Valsessera
L’idea di “tutela attiva”, sulla quale si è successivamente basata l’attività del DocBi, è nata proprio in Alta Valsessera, nel 1972, tredici anni prima della costituzione dell’associazione, quando un gruppo di allora “giovani studenti” decise di adottare l’alp Cascinal, la cui conservazione era minacciata dall’abbandono. L’alpeggio era il solo ad aver mantenutola copertura vegetale, tradizionale tecnica costruttiva diffusa, oltre che in Alta Valsessera, in diverse zone dell’arco alpino, e quindi si riteneva opportuno tentare di conservarlo nonostante l’incertezza riguardo alla successiva utilizzazione. Quella vicenda ha certamente contribuito alla costituzione, anni dopo, non soltanto del DocBi, ma anche dell’embrione di quello che sarebbe poi divenuto il “Progetto Alta Valsessera”, tanto che l’alp Cascinal è stato scelto come suo
logo. L’alta valle era una delle mete preferite delle escursioni domenicali degli “Amici del Cascinal” e, proprio in quegli anni, alcune uscite vennero dedicate all’esplorazione della costa dell’Argentera e dei ruderi di quella che allora era impropriamente definita “la fonderia”. I ruderi, resi affascinanti e misteriosi dalla vegetazione che li conglobava, attirarono la nostra attenzione; vennero sommariamente rilevati
e fotografati, ma non riuscimmo a trovare specifici riferimenti bibliografici che ci aiutassero a comprenderli, a parte l’accenno contenuto nella pubblicazione edita dal CAI nel 1898 che ne riproduceva uno schizzo. Accompagnati da Silvano Civra, visitammo il sito delle Rondolere, dove la nostra guida ci fece notare i grandi supporti in pietra delle teste di maglio con il millesimo 1788 e i resti del forno e, più a valle, i ruderi dell’“albergo” della Piana del Ponte. Anche in questi casi le nostre curiosità trovarono un riscontro solo parziale nelle successive ricerche bibliografiche. A quell’epoca non era ancora pensabile l’attivazione di uno studio del sito minerario, non esistevano i presupposti per impostarlo e neppure gli strumenti per svilupparlo. L’interesse venne quindi accantonato, assieme al rilievo ed alle fotografie, in attesa di tempi migliori. Nei primi anni ’80 continuò, da parte di chi scrive, la raccoltadi documentazione attorno al tema del patrimonio industriale, stimolata dai primi studi di quella materia che veniva comunemente definita “Archeologia industriale” ma che per noi residenti nei paesi di antica tradizione laniera era un qualcosa di più immediato e concreto. Per noi l’approccio a tale disciplina era anche il tentativo di capire il senso dei ruderi nei quali ci imbattevamo in mezzo ai boschi o che incontravamo risalendo il corso dei torrenti. Studiare la nascita dell’industria laniera corrispondeva a studiare la
nostra storia. Negli archivi comunali, allora non ancora riordinati, i fascicoli contenenti gli elenchi degli operai erano ammassati accanto agli “affittamenti” degli alpeggi, le concessioni per le derivazioni d’acqua erano unite alle autorizzazioni per il taglio dei boschi, e le richieste per la “formazione delle carbonaie”, sottoscritte dai titolari dei lanifici, erano conser vate insieme agli esposti degli stessi imprenditori che lamentavano la “ridotta portata dei torrenti”. Procedendo nelle ricerche, si faceva sempre più strada il convincimento che il territorio dell’Alta Valsessera, apparentemente selvaggio e abbandonato, avesse in realtà prodotto una parte non secondaria del reddito utilizzato per lo sviluppo industriale delle valli orientali del Biellese. Nel 1985, l’anno successivo all’allestimento della mostra
“Archeologia industriale in Valsessera e Valle Strona” alla “Fabbrica della ruota”, che aveva comportato la formazione di un apposito gruppo di lavoro, venne formalizzata la nascita del DocBi.
Dopo un periodo di rodaggio, strutturata l’associazione e definito il campo di attività, è stato quindi naturale rivolgere un’attenzione specifica all’Alta Valsessera, con l’intento di attivare uno studio approfondito del territorio allora minacciato – come oggi – dal progetto di una nuova diga. Il pericolo
venne allora scongiurato grazie alla presenza, in alcune zone dell’alta valle, del Carabus Olympiae, rarissimo coleottero che, per iniziativa di Pro Natura Biellese, era stato nel frattempo protetto attraverso l’inserimento dell’insetto nella lista delle specie meritevoli di protezione assoluta (L.R. n 32/82). Lo scontro sulla diga si inseriva nel dibattito sul futuro dell’alta valle, in quel periodo molto acceso: da una
parte le proposte di costituzione di un parco naturale presentate da Pro Natura fin dal 1982 e poi rilanciate dal WWF, sempre avversate dagli amministratori locali che non si rendevano conto delle opportunità che la costituzione del parco avrebbe comportato; sul fronte opposto il progetto di proseguire
la strada sterrata attraverso la valle fino al Bocchetto della Boscarola e raggiungere la Valsesia.
Il DocBi cercò quindi – siamo ormai alla fine degli anni Ottanta – di coinvolgere nel “Progetto Alta Valsessera” le amministrazioni locali, ma i risultati dei nostri tentativi furono deludenti: i tempi non erano ancora maturi. Non venivano percepite le potenziali ricadute sul territorio che la conoscenza degli aspetti storici e culturali dello stesso avrebbe potuto produrre; in ambito locale non si parlava ancora di sviluppo turistico né, tantomeno, di turismo culturale. Decidemmo pertanto di procedere autonomamente dopo aver presentato il progetto, ormai strutturato, presso la sede della Comunità Montana Valle di Mosso (28 novembre 1991), senza riuscire, neppure in quella occasione, a stimolare le sinergie che, se attivate, avrebbero potuto abbreviarne i tempi di esecuzione. Le finalità del progetto, come si è detto, erano state nel frattempo definite. Si trattava, in buona sostanza, di far convergere l’attenzione dei ricercatori su di un territorio di grande valore ambientale e culturale, prima di allora poco studiato, con l’intento di acquisire conoscenze da elaborare e divulgare mettendole di conseguenza a disposizione di chi avesse voluto servirsene: tecnici e amministratori prima di tutto, ma anche coloro che semplicemente amavano la montagna. L’alta valle doveva diventare un laboratorio all’interno del quale condurre ricerche anche utilizzando metodi innovativi ed operando in sinergia con istituti universitari, centri di ricerca, associazioni locali oltre che singoli ricercatori. Il primo responsabile del progetto fu Massimo Biasetti, a cui
subentrò in un secondo tempo Domenico Ubertalli. Avviato finalmente il progetto ed individuati i primi settori di ricerca, vennero estratti dal cassetto i rilievi e le vecchie fotografie del sito minerario, del quale erano state intuite le potenzialità e l’interesse che, si riteneva, potesse superare i confini dell’ambito locale. A seguito di un accordo con la famiglia Zegna, proprietaria dell’area delle Rondolere, che aveva comunicato la propria disponibilità, venne affidato un incarico di studio ad Antropologia Alpina. L’incarico
venne successivamente regolato da una convenzione sottoscritta con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte il 22 agosto 2002 per sviluppare, in collaborazione
con la Soprintendenza stessa, quel “programma interdisciplinare ad articolazione pluriennale di studio, inventario e valorizzazione del patrimonio archeominerario ed archeometallurgico della Valsessera” che costituiva appunto l’oggetto della convenzione. Oltre a quella sottoscritta con la Soprintendenza Archeologica, nel corso degli anni sono state attivate varie collaborazioni con l’intento di stimolare l’attenzione da parte dei ricercatori nei confronti del territorio. Vale anche la pena ricordare che, nell’ambito del progetto, è stata favorita la stesura di varie tesi di laurea, discusse in diverse facoltà, alcune delle quali sono state sostenute attraverso l’erogazione di borse di studio. Per quanto il “Progetto Alta Valsessera” non sia completato, alcuni risultati sono già stati conseguiti e sono presentati in
questa pubblicazione. Nel suo ambito sono state attivate non soltanto iniziative di studio ma, come è tradizione del DocBi, anche concrete realizzazioni, come ad esempio la pulitura e la parziale riapertura
di un tratto dell’antico percorso della transumanza che saliva dal ponte della Babbiera agli alpeggi di Trivero, l’azione di mantenimento di alcuni sentieri, il supporto “manuale” al recupero del sito minerario, che ha comportato varie giornate di lavoro, e molti altri piccoli interventi di manutenzione
ordinaria sui quali non è il caso di soffermarsi. Particolare interesse ha suscitato l’iniziativa denominata
“Transumando”, compresa nel progetto e giunta nel 2007 all’ottava edizione e promossa in collaborazione con la Comunità Montana Valle di Mosso e l’Oasi Zegna. Si tratta della riscoperta della transumanza, del suo significato, dei suoi suoni e della sua “poesia” attraverso la salita di centinaia
di persone, al seguito della mandria di Valter Croso, verso i pascoli alpini dell’alta valle. Nulla a che fare con le feste della transumanza riproposte altrove con larghezza di mezzi; si tratta in questo caso di una transumanza vera, vissuta accompagnando i margari, e condividendone in parte la fatica, lungo l’antica strada dell’alpe. Con l’intento di favorire la conoscenza della valle sono state organizzate varie visite guidate a vantaggio non soltanto degli escursionisti ma anche dei ricercatori “esterni”, alla scoperta dei suoi angoli meno noti, delle sue specificità e dei suoi “monumenti”: il gigantesco arbo dell’alpe Celf che
cresce alla quota di oltre mille metri ne costituisce un esempio. Particolare attenzione è stata posta alla divulgazione dei risultati conseguiti mediante la pubblicazione di due numeri monografici del Bollettino della nostra associazione intitolati “Studi e ricerche sull’Alta Valsessera”, costituiti da 23 contributi di 28 autori che hanno arricchito in modo significativo la bibliografia relativa al territorio. Ancora a proposito delle iniziative divulgative è opportuno ricordare l’allestimento di due mostre: “Alpeggi boschi e miniere. Mille anni di storia in Alta Valsessera” a cura di Teresio Gamaccio, arricchita dalle fotografie di Alfonso Sella e corredata da un catalogo, e quella riguardante il sito minerario allestita da Maurizio Rossi per conto della Comunità Montana Valle di Mosso ed esposta anche alla “Fabbrica della ruota” nel 2004.
L’impegno più rilevante nell’ambito della divulgazione rimane l’organizzazione del ciclo di 42 conferenze svoltesi, dal 1993 al 2006, nel mese di settembre alla “Fabbrica della ruota” e che hanno richiamato centinaia di partecipanti a dimostrazione dell’interesse esistente attorno all’argomento. Nel corso degli anni è stato garantito un continuo supporto didattico alle scuole che ne hanno fatto richiesta tramite l’organizzazione di visite guidate alle mostre. Inoltre è stata patrocinata e sostenuta, assieme ad altre associazioni, la pubblicazione del volumetto, edito nel 1992 dalla Scuola Media
di Mosso, nel quale sono stati pubblicati i risultati di una significativa esperienza di educazione ambientale svolta in Alta Valsessera. La situazione del territorio dell’alta valle si è modificata in modo determinante negli ultimi anni a seguito soprattutto della costituzione dell’Oasi Zegna che, grazie ad una serie di rilevanti iniziative condotte anche nel campo della comunicazione, ha attirato l’attenzione dei media e favorito, di conseguenza, lo sviluppo turistico dell’area. Dal punto di vista della tutela occorre evidenziare l’inserimento della Valsessera tra i “Siti di importanza comunitaria” e delle zone di protezione speciale proposte all’Unione Europea per la costituzione della rete Natura 2000. Tale inserimento
è stato motivato in modo particolare dalla presenza del Carabus Olympiae, di una stazione isolata di Scopolia carniolica, scoperta da Alfonso Sella, di due endemismi, la Centaurea bugellensis e il Cytisus proteus, e delle altre specificità elencate nella schedatura eseguita dalla Regione Piemonte nel 1995.
Il turismo culturale, l’unico che questo territorio è in grado di sostenere, potrà essere certamente stimolato dall’iniziativa promossa dalla Comunità Montana Valle di Mosso che, utilizzando il lavoro di ricerca sul sito minerario reso disponibile a seguito dell’iniziativa della nostra associazione, ne
ha promosso la ricostruzione ed ha allestito un percorso di visita corredato da pannelli didattici grazie anche al finanziamento della Regione Piemonte. Accennando alle iniziative che si stanno sviluppando nel territorio è opportuno considerare, oltre agli aspetti positivi, anche le potenziali, o concrete, criticità. Tra queste vi è la
proposta del Consorzio Bonifica della Baraggia di costruireuna nuova grande diga immediatamente a valle di quella già esistente, nonostante il parere contrario espresso dalla popolazione, dagli amministratori locali, dalla Provincia, dalla Regione e dalla Comunità Europea. Non è questa la sede
per entrare nel merito di tale proposta. È qui sufficiente dichiarare la sua totale insostenibilità ambientale e la nostra opposizione a tale progetto. Un altro rischio è rappresentato dall’ipotesi di apertura al traffico automobilistico della strada di servizio che collega il Bocchetto Sessera con la Valsesia attraverso il Bocchetto della Boscarola. Un elemento di criticità non potenziale ma già in atto da tempo è infine costituito dalla incontrollata proliferazione dei cinghiali, introdotti dai cacciatori, che stanno progressivamente distruggendo i pascoli alpini e creando non pochi problemi ai margari. Per comprendere la gravità dei danniarrecati dai cinghiali occorre considerare che alle quote più elevate i pascoli richiedono decenni per essere ripristinati. Anche per questo motivo sarà utile l’ormai prossima ricomparsa del lupo, presente in Valsessera fino alla seconda metà dell’Ottocento. I lupi potrebbero controllare la proliferazione dei cinghiali e degli ungulati limitando la diffusione delle malattie e migliorandone le specie attraverso la selezione naturale. Il “Progetto Alta Valsessera” non è ovviamente ultimato, né potrà esserlo in tempi brevi; continueranno le ricerche in atto mantenendo inalterata la finalità principale che consiste, come è già stato scritto, nell’acquisizione di conoscenza e nel trasferimento della stessa, anche per evidenziare la necessità, sempre più urgente, di considerare questo territorio non già come un’area dalla quale prelevare risorse, ma soprattutto come un bene comune da tutelare e conservare quanto più possibile integro. L’evoluzione del progetto potrà avvenire anche attraverso il
collegamento con il “Progetto Transumanza” che è stato nel frattempo varato e che si sta progressivamente sviluppando attraverso nuove iniziative di ricerca sostenute anche dalla Fondazione Zegna e dalla Fondazione CRT. La pratica della transumanza ha avuto un ruolo rilevante nella formazione
del “tessuto storico” del nostro territorio e quindi l’Alta Valsessera, da sempre meta delle mandrie e delle greggi provenienti dal piano, rappresenta un tassello significativo di quel variegato mosaico che costituisce l’identità Biellese.
(testo di Giovanni Vachino)
logo. L’alta valle era una delle mete preferite delle escursioni domenicali degli “Amici del Cascinal” e, proprio in quegli anni, alcune uscite vennero dedicate all’esplorazione della costa dell’Argentera e dei ruderi di quella che allora era impropriamente definita “la fonderia”. I ruderi, resi affascinanti e misteriosi dalla vegetazione che li conglobava, attirarono la nostra attenzione; vennero sommariamente rilevati
e fotografati, ma non riuscimmo a trovare specifici riferimenti bibliografici che ci aiutassero a comprenderli, a parte l’accenno contenuto nella pubblicazione edita dal CAI nel 1898 che ne riproduceva uno schizzo. Accompagnati da Silvano Civra, visitammo il sito delle Rondolere, dove la nostra guida ci fece notare i grandi supporti in pietra delle teste di maglio con il millesimo 1788 e i resti del forno e, più a valle, i ruderi dell’“albergo” della Piana del Ponte. Anche in questi casi le nostre curiosità trovarono un riscontro solo parziale nelle successive ricerche bibliografiche. A quell’epoca non era ancora pensabile l’attivazione di uno studio del sito minerario, non esistevano i presupposti per impostarlo e neppure gli strumenti per svilupparlo. L’interesse venne quindi accantonato, assieme al rilievo ed alle fotografie, in attesa di tempi migliori. Nei primi anni ’80 continuò, da parte di chi scrive, la raccoltadi documentazione attorno al tema del patrimonio industriale, stimolata dai primi studi di quella materia che veniva comunemente definita “Archeologia industriale” ma che per noi residenti nei paesi di antica tradizione laniera era un qualcosa di più immediato e concreto. Per noi l’approccio a tale disciplina era anche il tentativo di capire il senso dei ruderi nei quali ci imbattevamo in mezzo ai boschi o che incontravamo risalendo il corso dei torrenti. Studiare la nascita dell’industria laniera corrispondeva a studiare la
nostra storia. Negli archivi comunali, allora non ancora riordinati, i fascicoli contenenti gli elenchi degli operai erano ammassati accanto agli “affittamenti” degli alpeggi, le concessioni per le derivazioni d’acqua erano unite alle autorizzazioni per il taglio dei boschi, e le richieste per la “formazione delle carbonaie”, sottoscritte dai titolari dei lanifici, erano conser vate insieme agli esposti degli stessi imprenditori che lamentavano la “ridotta portata dei torrenti”. Procedendo nelle ricerche, si faceva sempre più strada il convincimento che il territorio dell’Alta Valsessera, apparentemente selvaggio e abbandonato, avesse in realtà prodotto una parte non secondaria del reddito utilizzato per lo sviluppo industriale delle valli orientali del Biellese. Nel 1985, l’anno successivo all’allestimento della mostra
“Archeologia industriale in Valsessera e Valle Strona” alla “Fabbrica della ruota”, che aveva comportato la formazione di un apposito gruppo di lavoro, venne formalizzata la nascita del DocBi.
Dopo un periodo di rodaggio, strutturata l’associazione e definito il campo di attività, è stato quindi naturale rivolgere un’attenzione specifica all’Alta Valsessera, con l’intento di attivare uno studio approfondito del territorio allora minacciato – come oggi – dal progetto di una nuova diga. Il pericolo
venne allora scongiurato grazie alla presenza, in alcune zone dell’alta valle, del Carabus Olympiae, rarissimo coleottero che, per iniziativa di Pro Natura Biellese, era stato nel frattempo protetto attraverso l’inserimento dell’insetto nella lista delle specie meritevoli di protezione assoluta (L.R. n 32/82). Lo scontro sulla diga si inseriva nel dibattito sul futuro dell’alta valle, in quel periodo molto acceso: da una
parte le proposte di costituzione di un parco naturale presentate da Pro Natura fin dal 1982 e poi rilanciate dal WWF, sempre avversate dagli amministratori locali che non si rendevano conto delle opportunità che la costituzione del parco avrebbe comportato; sul fronte opposto il progetto di proseguire
la strada sterrata attraverso la valle fino al Bocchetto della Boscarola e raggiungere la Valsesia.
Il DocBi cercò quindi – siamo ormai alla fine degli anni Ottanta – di coinvolgere nel “Progetto Alta Valsessera” le amministrazioni locali, ma i risultati dei nostri tentativi furono deludenti: i tempi non erano ancora maturi. Non venivano percepite le potenziali ricadute sul territorio che la conoscenza degli aspetti storici e culturali dello stesso avrebbe potuto produrre; in ambito locale non si parlava ancora di sviluppo turistico né, tantomeno, di turismo culturale. Decidemmo pertanto di procedere autonomamente dopo aver presentato il progetto, ormai strutturato, presso la sede della Comunità Montana Valle di Mosso (28 novembre 1991), senza riuscire, neppure in quella occasione, a stimolare le sinergie che, se attivate, avrebbero potuto abbreviarne i tempi di esecuzione. Le finalità del progetto, come si è detto, erano state nel frattempo definite. Si trattava, in buona sostanza, di far convergere l’attenzione dei ricercatori su di un territorio di grande valore ambientale e culturale, prima di allora poco studiato, con l’intento di acquisire conoscenze da elaborare e divulgare mettendole di conseguenza a disposizione di chi avesse voluto servirsene: tecnici e amministratori prima di tutto, ma anche coloro che semplicemente amavano la montagna. L’alta valle doveva diventare un laboratorio all’interno del quale condurre ricerche anche utilizzando metodi innovativi ed operando in sinergia con istituti universitari, centri di ricerca, associazioni locali oltre che singoli ricercatori. Il primo responsabile del progetto fu Massimo Biasetti, a cui
subentrò in un secondo tempo Domenico Ubertalli. Avviato finalmente il progetto ed individuati i primi settori di ricerca, vennero estratti dal cassetto i rilievi e le vecchie fotografie del sito minerario, del quale erano state intuite le potenzialità e l’interesse che, si riteneva, potesse superare i confini dell’ambito locale. A seguito di un accordo con la famiglia Zegna, proprietaria dell’area delle Rondolere, che aveva comunicato la propria disponibilità, venne affidato un incarico di studio ad Antropologia Alpina. L’incarico
venne successivamente regolato da una convenzione sottoscritta con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte il 22 agosto 2002 per sviluppare, in collaborazione
con la Soprintendenza stessa, quel “programma interdisciplinare ad articolazione pluriennale di studio, inventario e valorizzazione del patrimonio archeominerario ed archeometallurgico della Valsessera” che costituiva appunto l’oggetto della convenzione. Oltre a quella sottoscritta con la Soprintendenza Archeologica, nel corso degli anni sono state attivate varie collaborazioni con l’intento di stimolare l’attenzione da parte dei ricercatori nei confronti del territorio. Vale anche la pena ricordare che, nell’ambito del progetto, è stata favorita la stesura di varie tesi di laurea, discusse in diverse facoltà, alcune delle quali sono state sostenute attraverso l’erogazione di borse di studio. Per quanto il “Progetto Alta Valsessera” non sia completato, alcuni risultati sono già stati conseguiti e sono presentati in
questa pubblicazione. Nel suo ambito sono state attivate non soltanto iniziative di studio ma, come è tradizione del DocBi, anche concrete realizzazioni, come ad esempio la pulitura e la parziale riapertura
di un tratto dell’antico percorso della transumanza che saliva dal ponte della Babbiera agli alpeggi di Trivero, l’azione di mantenimento di alcuni sentieri, il supporto “manuale” al recupero del sito minerario, che ha comportato varie giornate di lavoro, e molti altri piccoli interventi di manutenzione
ordinaria sui quali non è il caso di soffermarsi. Particolare interesse ha suscitato l’iniziativa denominata
“Transumando”, compresa nel progetto e giunta nel 2007 all’ottava edizione e promossa in collaborazione con la Comunità Montana Valle di Mosso e l’Oasi Zegna. Si tratta della riscoperta della transumanza, del suo significato, dei suoi suoni e della sua “poesia” attraverso la salita di centinaia
di persone, al seguito della mandria di Valter Croso, verso i pascoli alpini dell’alta valle. Nulla a che fare con le feste della transumanza riproposte altrove con larghezza di mezzi; si tratta in questo caso di una transumanza vera, vissuta accompagnando i margari, e condividendone in parte la fatica, lungo l’antica strada dell’alpe. Con l’intento di favorire la conoscenza della valle sono state organizzate varie visite guidate a vantaggio non soltanto degli escursionisti ma anche dei ricercatori “esterni”, alla scoperta dei suoi angoli meno noti, delle sue specificità e dei suoi “monumenti”: il gigantesco arbo dell’alpe Celf che
cresce alla quota di oltre mille metri ne costituisce un esempio. Particolare attenzione è stata posta alla divulgazione dei risultati conseguiti mediante la pubblicazione di due numeri monografici del Bollettino della nostra associazione intitolati “Studi e ricerche sull’Alta Valsessera”, costituiti da 23 contributi di 28 autori che hanno arricchito in modo significativo la bibliografia relativa al territorio. Ancora a proposito delle iniziative divulgative è opportuno ricordare l’allestimento di due mostre: “Alpeggi boschi e miniere. Mille anni di storia in Alta Valsessera” a cura di Teresio Gamaccio, arricchita dalle fotografie di Alfonso Sella e corredata da un catalogo, e quella riguardante il sito minerario allestita da Maurizio Rossi per conto della Comunità Montana Valle di Mosso ed esposta anche alla “Fabbrica della ruota” nel 2004.
L’impegno più rilevante nell’ambito della divulgazione rimane l’organizzazione del ciclo di 42 conferenze svoltesi, dal 1993 al 2006, nel mese di settembre alla “Fabbrica della ruota” e che hanno richiamato centinaia di partecipanti a dimostrazione dell’interesse esistente attorno all’argomento. Nel corso degli anni è stato garantito un continuo supporto didattico alle scuole che ne hanno fatto richiesta tramite l’organizzazione di visite guidate alle mostre. Inoltre è stata patrocinata e sostenuta, assieme ad altre associazioni, la pubblicazione del volumetto, edito nel 1992 dalla Scuola Media
di Mosso, nel quale sono stati pubblicati i risultati di una significativa esperienza di educazione ambientale svolta in Alta Valsessera. La situazione del territorio dell’alta valle si è modificata in modo determinante negli ultimi anni a seguito soprattutto della costituzione dell’Oasi Zegna che, grazie ad una serie di rilevanti iniziative condotte anche nel campo della comunicazione, ha attirato l’attenzione dei media e favorito, di conseguenza, lo sviluppo turistico dell’area. Dal punto di vista della tutela occorre evidenziare l’inserimento della Valsessera tra i “Siti di importanza comunitaria” e delle zone di protezione speciale proposte all’Unione Europea per la costituzione della rete Natura 2000. Tale inserimento
è stato motivato in modo particolare dalla presenza del Carabus Olympiae, di una stazione isolata di Scopolia carniolica, scoperta da Alfonso Sella, di due endemismi, la Centaurea bugellensis e il Cytisus proteus, e delle altre specificità elencate nella schedatura eseguita dalla Regione Piemonte nel 1995.
Il turismo culturale, l’unico che questo territorio è in grado di sostenere, potrà essere certamente stimolato dall’iniziativa promossa dalla Comunità Montana Valle di Mosso che, utilizzando il lavoro di ricerca sul sito minerario reso disponibile a seguito dell’iniziativa della nostra associazione, ne
ha promosso la ricostruzione ed ha allestito un percorso di visita corredato da pannelli didattici grazie anche al finanziamento della Regione Piemonte. Accennando alle iniziative che si stanno sviluppando nel territorio è opportuno considerare, oltre agli aspetti positivi, anche le potenziali, o concrete, criticità. Tra queste vi è la
proposta del Consorzio Bonifica della Baraggia di costruireuna nuova grande diga immediatamente a valle di quella già esistente, nonostante il parere contrario espresso dalla popolazione, dagli amministratori locali, dalla Provincia, dalla Regione e dalla Comunità Europea. Non è questa la sede
per entrare nel merito di tale proposta. È qui sufficiente dichiarare la sua totale insostenibilità ambientale e la nostra opposizione a tale progetto. Un altro rischio è rappresentato dall’ipotesi di apertura al traffico automobilistico della strada di servizio che collega il Bocchetto Sessera con la Valsesia attraverso il Bocchetto della Boscarola. Un elemento di criticità non potenziale ma già in atto da tempo è infine costituito dalla incontrollata proliferazione dei cinghiali, introdotti dai cacciatori, che stanno progressivamente distruggendo i pascoli alpini e creando non pochi problemi ai margari. Per comprendere la gravità dei danniarrecati dai cinghiali occorre considerare che alle quote più elevate i pascoli richiedono decenni per essere ripristinati. Anche per questo motivo sarà utile l’ormai prossima ricomparsa del lupo, presente in Valsessera fino alla seconda metà dell’Ottocento. I lupi potrebbero controllare la proliferazione dei cinghiali e degli ungulati limitando la diffusione delle malattie e migliorandone le specie attraverso la selezione naturale. Il “Progetto Alta Valsessera” non è ovviamente ultimato, né potrà esserlo in tempi brevi; continueranno le ricerche in atto mantenendo inalterata la finalità principale che consiste, come è già stato scritto, nell’acquisizione di conoscenza e nel trasferimento della stessa, anche per evidenziare la necessità, sempre più urgente, di considerare questo territorio non già come un’area dalla quale prelevare risorse, ma soprattutto come un bene comune da tutelare e conservare quanto più possibile integro. L’evoluzione del progetto potrà avvenire anche attraverso il
collegamento con il “Progetto Transumanza” che è stato nel frattempo varato e che si sta progressivamente sviluppando attraverso nuove iniziative di ricerca sostenute anche dalla Fondazione Zegna e dalla Fondazione CRT. La pratica della transumanza ha avuto un ruolo rilevante nella formazione
del “tessuto storico” del nostro territorio e quindi l’Alta Valsessera, da sempre meta delle mandrie e delle greggi provenienti dal piano, rappresenta un tassello significativo di quel variegato mosaico che costituisce l’identità Biellese.
(testo di Giovanni Vachino)