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Biella "esplosiva": la Dinamite Nobel era in centro città
Data: 5 novembre 2011
data di edizione
Se, nella primavera del 1920, ci fosse capitato di passare lungo l’attuale via Delleani, all’altezza dell’innesto dell’odierna via Aldo Moro, ci saremmo istintivamente discosti dal fabbricato sito accanto alla Condizionatura Biellese a ridosso dei binari della Biella-Santhià (per i meno pratici: al posto dell’Esselunga c’era la stazione ferroviaria e le rotaie delimitavano il confine sud della città lungo tutta via La Marmora). Fino a qualche tempo prima lì dentro giravano le sfilacciatrici della ditta Fratelli Uberti (nata nel 1909) che riducevano scarti e cascami tessili in nuova materia prima, in lana “rigenerata” come si diceva allora. Ma nell’autunno del 1919 il capannone della Sfilacciatura Uberti era stato rilevato in affitto da una multinazionale dal nome eloquente: Dinamite Nobel. Ecco perché avremmo attraversato la strada non essendo ben certi di cosa stessero facendo in quella fabbrica. I soliti bene informati ci avrebbero però rassicurati e ci avrebbero raccontato una storia interessante che legava insospettatamente il Biellese alla nitroglicerina. In poche parole, la grande azienda fondata dal chimico svedese Alfred Bernhard Nobel (morto a Sanremo sessantatreenne nel 1896, pacifista convinto, cui si deve l’invenzione della dinamite e l’istituzione del Premio Nobel) aveva avviato nel 1872 ad Avigliana, poco fuori Torino verso Susa, sotto la Sacra di San Michele, il suo più importante stabilimento produttivo in Europa e non vi fabbricava solo la dinamite, bensì anche altre sostante esplosive. Una di queste era nota come lanite. Si trattava di una polvere utilizzata per confezionare i proiettili da caccia e per produrla serviva la lana. Dove si poteva trovare la lana necessaria nel Piemonte del 1919? Domanda retorica. E alla Nobel non serviva chissà cosa: solo cascami e scarti, l’importante che fossero puliti, sfilacciati, polverizzati ed essiccati. Biella era il luogo ideale e la Sfilacciatura Uberti il posto giusto: già attrezzata e a un passo dalla ferrovia. La lana sminuzzata e disseccata veniva poi imbevuta di nitroglicerina conferendo al composto la dovuta stabilità, sebbene il potere esplodente non fosse particolarmente alto. Quindi nessun pericolo: l’imbibizione avveniva ad Avigliana, a Biella c’era solo il “semilavorato” inerte. Se ci fossero stati rischi nessuno avrebbe consentito l’impianto dell’attività nel’abitato. L’intreccio col Biellese era però duplice. Da un lato la Dinamite Nobel aveva sostenuto nel 1919 la (ri)costituzione della Soc. An. Fratelli Uberti cui delegare la produzione della polvere di lana. La direzione della “filiale” di Biella era stata affidata all’avv. Bernardino, detto “Dino”, Uberti (1885-1949), imprenditore e talentuoso pittore di origini zumagliesi. Dall’altro la fornitura di macchinari adeguati. Per questo non c’era che da percorrere un centinaio di metri verso nord. All’angolo di via La Marmora con via Garibaldi esisteva lo Stabilimento Meccanico Biellese, storica officina la cui origine è da ricondurre al proverbiale fonditore Giuseppe Squindo. La Nobel commissionò allo Stabilimento Meccanico Biellese numerosi macchinari, anche essiccatoi, destinati ad Avigliana e a Carmignano (altra dinamiteria del gruppo situata in Toscana). E per le sfilacciatrici i tecnici dello Stabilimento Meccanico Biellese erano dei veri “maghi” e la collaborazione prometteva più che bene. Purtroppo era la lanite a non essere un ritrovato efficace e la produzione fu sospesa. Se, già nel 1924, ci fosse capitato di passare lungo la stessa strada avremmo proceduto tranquillamente perché la Dinamite Nobel aveva abbandonato Biella e lo stabilimento era occupato dalla ditta Foglia e Bona, anche in questo caso una sfilacciatura o qualcosa del genere. Questa pagina del passato biellese, probabilmente sconosciuta ai più, è stata “scritta” soprattutto da Paola Maria Delpiano, architetto torinese che ha dedicato uno studio approfondito (che è diventato un volume appassionante) al Dinamitificio di Avigliana. Lei ha scoperto per caso una lettera del 1921 in cui era indicata Biella come sede di uno degli stabilimenti della società. Con questa traccia e un fortunato ritrovamento in un fondo archivistico conservato presso la Fabbrica della Ruota di Pray è stato possibile “ristabilire” il contatto tra il geniale Nobel e il Biellese laniero.