Libro
ITI, ovvero Istituto Tecnico "Internazionale"
Data: 24 dicembre 2011
data di edizione
La lapide è murata nel chiostro di San Sebastiano ed è dedicata ai “Donatori alla Scuola Professionale di Biella” che per più di 80 anni ebbe le sue aule proprio lì. L’elenco tramanda, scanditi in periodi più o meno lunghi, coloro che donarono più di mille lire dell’epoca, dal 1869 (anno di istituzione della scuola da parte di Quintino Sella) al 1930 (pochi anni dopo, la “Scuola Professionale” che era già diventata Regio Istituto Tecnico Industriale, cioè l’ITI, lasciò San Sebastiano per occupare la sua nuova sede di via Rosselli). Scorrendo le due colonne di nomi si incontrano tanti “volti” noti, tanti biellesi d.o.c., industriali, impresari e filantropi di varia estrazione che vollero sostenere l’iniziativa didattica che doveva produrre i tecnici di cui necessitavano le fabbriche di Biella e circondario. Però, accanto agli Ambrosetti, ad Alfonso La Marmora, ai Poma, ai Sella, ai Vercellone e ad altri imprenditori oggi meno celebri ma allora importanti, si scoprono generosi forestieri che, in realtà, erano personaggi di rilievo, spesso con storie interessanti da raccontare. Andando in ordine cronologico ecco il parigino Louis Marie Arthur Chevalier (1830-1874), erede dell’azienda che fornì le “ottiche” per i pionieri della fotografia Niépce e Daguerre. Poco dopo ci si imbatte in Georges Montefiore Levi (1830-1906), senatore belga di origini anglo-italiane, ricco imprenditore nonché inventore del bronzo fosforoso da utilizzarsi al posto del rame nei conduttori elettici (in città una via porta il suo nome). Tanto per sfatare il mito degli ebrei tirchi: il predetto è l’unico nome che compare due volte nella lapide. L’Alessandro Rossi (1819-1898) appena dopo è il patron delle Lane Rossi di Vicenza e primo presidente dell’Associazione Italiana dell’Industria Laniera nata a Biella nel 1877. Dopo ben quattro Sella, si trova Andrea Stallo figlio di Lorenzo, facoltoso genovese con interessi nell’importazione della lana greggia che aveva un grande fondaco in Biella, filantropo della sua città (una via e un asilo portano il suo nome).
Poi ecco due ragioni sociali che incutevano reverente rispetto ai nostri trisnonni filatori e tessitori: Platt Brothers & Co. e Saechsische Maschinen-Fabrik. La prima con sede a Oldham, a un passo da Manchester, la seconda a Chemnitz, la città della Sassonia (ex DDR) che fu per un tratto Karlmarxstadt. Entrambe significavano macchine, soprattutto per preparazione e filatura. L’offerta delle seconda fu fatta dal direttore Keller pochi anni dopo la morte del fondatore, Richard Hartmann (1809-1878). E’ facile capire perché finanziarono la scuola di Biella: gli alunni erano tutti potenziali clienti, figli di clienti o operatori di alto livello in grado di condizionare le scelte dei clienti. Saltando la Commissione esecutiva che organizzò l’Esposizione Biellese del 1882 e la Cartiera Italiana di Serravalle Sesia, ci si fermi a omaggiare la contessa Delfina Baudi di Selve e di Vesme da Torino. Finì nel novero in quanto prodiga vedova dell’ing. Severino Grattoni (1815-1876). Quest’ultimo, dopo essere stato il primo direttore dell’istituto tra il 1838 e il 1842 (quando era ancora “Scuola di Aritmetica, di Geometria pratica, di Disegno lineare e d’Agronomia”, figlia della “Società per l’Avanzamento delle Arti, dei Mestieri e dell’Agricoltura”), entrò nella storia per essere uno dei tre ingegneri che traforarono il Frejus (1871).
Sotto Carlo Menabrea c’è un’altra azienda assai famosa in quel tempo: la Nicolò Odero & Giovanni Hensemberger di Genova-Sestri Ponente, joint venture tra grandi commercianti di carbone liguri (Odero) e straordinari meccanici monzesi che divenne sinonimo di motoria elettrica e accumulatori. Anche in questo caso si trattava di un “investimento” a lungo termine sugli scolari. Ormai alla fine del secolo si trovano le tracce dell’avvocato milanese di origini zubienesi Romolo Quaglino (1871-1938) e dell’ingegnere astigiano Giacinto Berruti (1837-1904). Il primo fu politico di idee socialiste, ma anche poeta e prosatore “di gusto ancora simbolista”. Il secondo, accademico delle scienze di Tornio, si occupò di miniere, di cartografia geologica sotto la guida di Quintino Sella, quindi di politica e di finanze col suo mentore biellese. Giacomo Pugliese, sposato con Annetta Bachi, era un facoltoso commerciante di fede ebraica di origine vercellese. Tra gli ultimi nomi, già alla fine degli anni ’20, anche S.E. Benito Mussolini che intervenne per accrescere il legato testamentario del conte Felice Lora Totino (1861-1925) di Pray che col commercio fece fortuna in Argentina ed è sepolto a Buenos Aires. Un altro legato si trasformò in offerta per la scuola: quello dell’allievo Alberto Vella di Sagliano. Di quest’ultimo non si sono reperite notizie, ma la ricerca è stata superficiale e può darsi che scavando ancora emerga qualche dato anche su un perfetto sconosciuto torinese: Antonio Luigi Pic.
Poi ecco due ragioni sociali che incutevano reverente rispetto ai nostri trisnonni filatori e tessitori: Platt Brothers & Co. e Saechsische Maschinen-Fabrik. La prima con sede a Oldham, a un passo da Manchester, la seconda a Chemnitz, la città della Sassonia (ex DDR) che fu per un tratto Karlmarxstadt. Entrambe significavano macchine, soprattutto per preparazione e filatura. L’offerta delle seconda fu fatta dal direttore Keller pochi anni dopo la morte del fondatore, Richard Hartmann (1809-1878). E’ facile capire perché finanziarono la scuola di Biella: gli alunni erano tutti potenziali clienti, figli di clienti o operatori di alto livello in grado di condizionare le scelte dei clienti. Saltando la Commissione esecutiva che organizzò l’Esposizione Biellese del 1882 e la Cartiera Italiana di Serravalle Sesia, ci si fermi a omaggiare la contessa Delfina Baudi di Selve e di Vesme da Torino. Finì nel novero in quanto prodiga vedova dell’ing. Severino Grattoni (1815-1876). Quest’ultimo, dopo essere stato il primo direttore dell’istituto tra il 1838 e il 1842 (quando era ancora “Scuola di Aritmetica, di Geometria pratica, di Disegno lineare e d’Agronomia”, figlia della “Società per l’Avanzamento delle Arti, dei Mestieri e dell’Agricoltura”), entrò nella storia per essere uno dei tre ingegneri che traforarono il Frejus (1871).
Sotto Carlo Menabrea c’è un’altra azienda assai famosa in quel tempo: la Nicolò Odero & Giovanni Hensemberger di Genova-Sestri Ponente, joint venture tra grandi commercianti di carbone liguri (Odero) e straordinari meccanici monzesi che divenne sinonimo di motoria elettrica e accumulatori. Anche in questo caso si trattava di un “investimento” a lungo termine sugli scolari. Ormai alla fine del secolo si trovano le tracce dell’avvocato milanese di origini zubienesi Romolo Quaglino (1871-1938) e dell’ingegnere astigiano Giacinto Berruti (1837-1904). Il primo fu politico di idee socialiste, ma anche poeta e prosatore “di gusto ancora simbolista”. Il secondo, accademico delle scienze di Tornio, si occupò di miniere, di cartografia geologica sotto la guida di Quintino Sella, quindi di politica e di finanze col suo mentore biellese. Giacomo Pugliese, sposato con Annetta Bachi, era un facoltoso commerciante di fede ebraica di origine vercellese. Tra gli ultimi nomi, già alla fine degli anni ’20, anche S.E. Benito Mussolini che intervenne per accrescere il legato testamentario del conte Felice Lora Totino (1861-1925) di Pray che col commercio fece fortuna in Argentina ed è sepolto a Buenos Aires. Un altro legato si trasformò in offerta per la scuola: quello dell’allievo Alberto Vella di Sagliano. Di quest’ultimo non si sono reperite notizie, ma la ricerca è stata superficiale e può darsi che scavando ancora emerga qualche dato anche su un perfetto sconosciuto torinese: Antonio Luigi Pic.