Architettura e Paesaggio
Villaggi Trossi e Rivetti di Vigliano Biellese [ARCHITETTURA]
- Villaggio Trossi e Villaggio Rivetti di Vigliano Biellese (attribuito)
- Tipologia
- Tipologia edificio:
- villaggio operaio
- Notizie storiche
- Descrizione:
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L’«idea» di Trossi e Rivetti
"[…] Come avviene in realtà europee, americane e biellesi. Anche per Trossi e Rivetti il controllo sociale della classe operaia richiede la realizzazione di nuove abitazioni per i dipendenti e la creazione di servizi assistenziali che inducono l’operaio a preoccuparsi soprattutto del lavoro all’interno della fabbrica.
Le abitazioni devono essere economiche, salubri e localizzate – secondo i principi insediativi classici – vicino allo stabilimento; sono finalizzate alla creazione della pace sociale, presupposto dello sviluppo produttivo; hanno ingressi separati che impediscono aggregazioni superiori a quelle previste sul progetto sociale; hanno tipologie edilizie impostate sul senso di proprietà e d’appartenenza alla comunità; sono dotate di orticello, connotato formale e simbolico, che impegna e rende partecipe l’operaio alla manutenzione della comunità, garantendogli una minima sussistenza alimentare […].
I servizi costituiscono i luoghi di mediazione tra residenza e lavoro, e rendono la vita dell’operaio amena. Oltre alle opere di previdenza, vi sono luoghi per il culto, l’istruzione, lo svago, la cultura: la chiesa, progettata dall’architetto Gussoni in stile neo-romanico e dedicata a San Giuseppe in ricordo di Giuseppe Rivetti fondatore della ditta, il convitto femminile, il cine-teatro, la biblioteca, la società sportiva Erios (con bar, sala lettura e sala gioco), sono fondati e sussidiati dai dirigenti della Pettinatura Italiana. I servizi dunque migliorano la vita agli operai, e impediscono loro di disperdere energie nei «vizi», per concentrarle sull’esercizio del proprio lavoro. In particolare, per gli industriali è l’alcool il nemico da sconfiggere, perché provoca danni fisici e mentali. «Gli operai a casa non fanno spese di lusso, ma alla sera vanno invariabilmente all’osteria. È straordinario il numero d’alberghi, caffè, osterie, cantine, spacci di liquori, che il viaggiatore osserva nei villaggi industriali» (1). Anche l’educazione della donna è tema dominante dell’idea di Trossi e Rivetti: essa è madre, operaia, educatrice. Così gli industriali filantropi realizzano nel 1924 il convitto femminile, retto da suore, dove le ragazze sono sorvegliate ed educate, e dove vi è l’oratorio per i figli degli operai. L’«idea» è di definire una comunità dotata di servizi necessari alla creazione delle migliori condizioni, affinché l’operaio garantisca alta produttività. È dunque un investimento non soltanto legato alla semplice organizzazione di un luogo residenziale, ma anche un investimento funzionale alla produzione.
Caratteri dell’insediamento operaio Trossi
Nel 1919 la Pettinatura Italiana acquista il terreno su cui costruirà il villaggio Felice Trossi. La zona appartiene al comune di Chiavazza e confina a est con il lanificio Mosca, a sud con il canale Mosca e il torrente Cervo, a ovest con i prati adibiti a pascolo, a nord con la cascina Cortella. È un’area rettangolare, circondata dalla campagna, collocata «al di fuori» dei confini comunali, prossima agli opifici che sono ubicati a valle rispetto alla direzione del Cervo: una zona liminare ed economica che non entra in risonanza con l’urbanizzazione futura del paese. Qui, la Pettinatura Italiana realizza il villaggio Trossi.
La struttura urbanistica è costituita da un reticolo ortogonale di strade, collegato agli opifici da un asse viario – l’attuale via Quintino Sella – parallelo al torrente, su cui sorgono la polisportiva Erios e il cine-teatro […]. Il progettista del villaggio Trossi lavora all’ufficio tecnico della Pettinatura Italiana: si può ipotizzare che non sia architetto, né ingegnere, ma proveniente dalla scuola tecnica di Campiglia Cervo (un disegno è firmato Rosazza). Osservando la Planimetria del villaggio Brignana redatta dal tecnico, emerge l’attenzione per le opere d’urbanizzazione: sono oggetto di «ponderato studio» la rete fognaria e quella d’approvvigionamento dell’acqua […].
Il villaggio è formato da 39 edifici residenziali e da due lavatoi pubblici. Gli edifici residenziali hanno tutti l’orto privato, e sono caratterizzati da tre tipologie abitative: 35 palazzine con tipologia A a due piani fuoriterra, 3 villini con tipologia B a un piano fuori terra e il sottotetto abitabile, 1 cottage con tipologia C a un solo piano fuori terra. Tutte le palazzine presentano una generale uniformità di volumi, forme e materiali, mentre si differenziano per qualche elemento decorativo: le cornici delle finestre, le modanature e i marcapiani variano leggermente da casa a casa. Ciò scaturisce dalla presenza di tre imprese costruttrici, e dalle gradazioni di merito, proprie di una fabbrica gerarchizzata, introdotte dall’imprenditore per favorire una «sana concorrenza» sociale. Se l’immagine, che l’imprenditore romantico vuole veicolare del «suo» villaggio, è rappresentata da alcune cartoline d’epoca, dove le abitazioni sono inserite in un teatro campestre, idilliaco e gli attori tornano ordinatamente a casa dopo una giornata di lavoro, l’analisi sui caratteri edilizio-architettonici del villaggio Trossi avviene attraverso la lettura paziente dei disegni tecnici; in particolare, l’osservazione «diretta» delle piante e delle sezioni consente di scoprirne i segreti topologici, morfologici e costruttivi.
Il tipo A è a due piani fuori terra, contiene due alloggi per piano: è costituito dall’assemblaggio di due rettangoli, che definiscono uno schema a T. La pianta è organizzata sull’asse principale di simmetria, che delinea la separazione degli alloggi, e individua l’ingrasso al piano scala. Quest’ultimo serve gli alloggi al piano superiore, mentre quelli inferiori hanno l’ingresso nelle verande disposte lateralmente. «Evidenti ragioni di economia hanno consigliato l’aggruppamento di parecchi villini: anche qui però si presenta al costruttore il problema di ridurre al minimo gli inconvenienti che nascono dalla contiguità de abitazioni occupate da diversi operai. Dunque dovrà il progettista preoccuparsi di rendere il più possibile indipendenti le varie abitazioni […]. Il tipo studiato dalla ditta Krupp è un buon esempio di due villini riuniti […]. Va notato come la pianta sia stata studiata in modo da evitare qualsiasi contatto delle ritirate con locali d’abitazione» (2). Come avviene in altri contesti, anche nel villaggio Trossi la questione della contiguità delle abitazioni risulta principale e suggerisce al progettista di separare gli ingressi. […] I prospetti delle palazzine sono fondati su principi compositivi semplici: la simmetria, la tripartizione, la sincerità costruttiva prendono forma attraverso precise misure e proporzioni, ma anche mediante elementi architettonici primari, quali il basamento, il marcapiano, la cornice. I materiali impiegati sono l’intonaco per le pareti, il legno per infissi, persiane e parapetti, la pietra e il ferro per pedate e ringhiere della scala interna, le tegole marsigliesi per la copertura del tetto. Ogni alloggio è dotato di camini, cantina, orto privato, magazzino esterno, energia elettrica e acqua potabile, e risulta ben aerato e illuminato […].
Il tipo B è a un piano fuoriterra, con sottotetto parzialmente abitabile: esso comprende due alloggi con ingresso indipendente. La pianta allude alla croce greca, e si organizza su due assi principali: il primo risulta perpendicolare alla strada, e definisce la separazione degli alloggi, il secondo, parallelo alla strada, alimenta l’intera composizione, genera simmetrie e costituisce la linea di colmo del tetto […].
Il tipo C ha un piano fuori terra: è costituito da tre alloggi, ognuno con ingresso indipendente […].
Caratteri dell’insediamento operaio Rivetti
Il villaggio Rivetti inizia a prendere corpo due anni più tardi: l’area prescelta confina a nord con l’attuale linea ferroviaria Biella-Novara, a ovest con prati adibiti a pascolo, a est con via Libertà […] a sud con la strada che collega la Pettinatura Italiana e il villaggio Trossi. L’impianto microurbanistico è formato da tre strade secondarie parallele tra di loro e perpendicolari all’attuale via Libertà […]. Esse delineano due appezzamenti […]. Su di essi giacciono gli edifici residenziali e i servizi, quali il forno e il macello. A nord della prima strada sorgono tre lotti che contengono due edifici residenziali e la caserma dei Carabinieri. Il villaggio Rivetti è costituito da 20 palazzine. Tutte hanno materiali e caratteristiche costruttive analoghi […]: alcune si differenziano per qualche aspetto morfologico e tipologico. Come il villaggio Trossi, tutte hanno l’orto privato, ma sono prive del doppio affaccio su strada. Ciò rivela maggiore densità abitativa e minore soleggiamento, poiché gli edifici distano l’uno dall’altro 16 metri. Nel villaggio Rivetti vi sono variegate tipologie abitative: 15 corrispondono per lo più al tipo A del villaggio Trossi, 5 hanno caratteristiche proprie. Di queste, tre sono attestate sulla via principale, e hanno tipologia abitativa comune. Questa tipologia - definita tipo D – connota in particolare due abitazioni, e risulta aderente a una cornice da analisi più ampia. Negli anni Venti infatti Cesare Alberini pubblica nella sua rivista «La casa» un tipo assai simile, assai economico, «nel quale la formazione di due piccoli corpi sporgenti a terreno consente di illuminare abbondantemente il locale di residenza diurna e offre eccellenti motivi per una gradevole disposizione interna» (3). In quel periodo, appare con evidenza la giustificazione economica e funzionale degli elementi della costruzione, viceversa la lettura architettonica sembra marginale. Ciò testimonia la latitanza degli architetti dalla redazione sia dei manuali sia dei progetti dei villaggi operai, a favore dell’ingegnere-igienista che risulta più adeguato, secondo la classe dominante, alla comprensione dello spirito positivista, di matrice ottocentesca, che caratterizza le risposte alle questioni delle abitazioni operaie. Persino Rivetti si rivolge a un «tecnico» che proviene dall’esperienza della fabbrica per la realizzazione del «suo» villaggio. Per gli industriali biellesi il professionista va prelevato sul campo. Non importa se sia tecnico o tecnocrate, ingegnere o sanitario, architetto o salubrista: importa la sua capacità d’indicare una strumentazione più pratica che teorica, capace di delineare un disegno compiuto per arrivare al controllo sociale del territorio. Nel villaggio Rivetti la palazzina di tipo D è a due piani fuoriterra, contiene due alloggi per piano. Ogni alloggio è composto da cucina, due camere e latrina. Lo schema planimetrico fa emergere possibili analogie con alcune palazzine costruite al villaggio Lamarmora di Biella. Inoltre, la presenza di due bow-window sul fronte principale, i sapienti decori superficiali, la maestria delle lavorazioni edili fanno supporre che alla costruzione del villaggio Rivetti abbiano concorso non solo le maestranze appartenenti alla Pettinatura Italiana, ma anche quelle più «virtuose» provenienti dalle scuole tecniche professionali di Rosazza, Piedicavallo e Campiglia Cervo.
I villaggi Trossi e Rivetti prendono forma agli inizi degli anni Venti, quando il villaggio operaio, inteso come riproposizione razionalizza del «villaggio naturale», delinea molteplici contraddizioni: la principale scaturisce dal voler coniugare due realtà intrinsecamente diverse. Da un lato, la realtà industriale, permeabile alle innovazioni, veloce nei cambiamenti, densa si mobilità finanziarie e umane; dall’altro la realtà contadina nel territorio. Sullo sfondo di questa mediazione sono maturate nel corso del tempo svariate proposte da parte di architetti e urbanisti, filantropi e sociologi, scrittori e letterati che ipotizzano una moltitudine di modelli abitativi. […] com’è avvenuto in altre realtà produttive, anche nel Biellese nuovi fenomeni – quali la crisi e la stabilizzazione del settore tessile, la maggiore incidenza del costo del terreno sul costo di costruzione, la rigidità dello schema distributivo degli alloggi, la facilità degli spostamenti, che snatura la dipendenza della manodopera dal luogo – esauriscono le ragioni sociali, economiche e igieniche, per le quali i villaggi Trossi e Rivetti sono stati costruiti. Dagli inizi degli anni Sessanta, gli industriali filantropi inizieranno a vendere, anche agli stessi operai, le loro abitazioni.
Note
1 Luigi Einaudi, La psicologia di uno sciopero, p. 14.
2 Cesare Alberini, Case operaie in L’arte moderna del fabbricare, Vallardi, Milano, 1961, p. 31.
3 Cesare Albrtini, Case operaie, cit. p. 32.
- Note di lavoro
- Il rilevamento fotografico è stato effettuato da Andrea Perino nel mese di agosto 2021 nell'ambito del progetto "Fotofabbrica".