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Memorandum: festival di fotografia storica: 4. edizione
Questa quarta edizione di Memorandum - Festival della Fotografia Storica propone un evento che al contempo presenta elementi già noti al suo pubblico e innovazioni nel programma e nelle sedi espositive.
Costante del progetto è l’aspirazione a porsi come obiettivo la valorizzazione di immagini fotografiche storiche conservate negli archivi noti e meno noti, rendendole “visibili” al grande pubblico. In alcuni casi si tratta di vere e proprie anteprime, che preludono a progetti espositivi futuri, in altri casi le selezioni proposte sono originali e costituiscono percorsi narrativi e tematici nati proprio in occasione del Festival.
Questo importante e articolato progetto, dopo i considerevoli successi di pubblico e i non scontati apprezzamenti degli “addetti ai lavori” delle precedenti edizioni, ha avuto nell’edizione che qui inauguriamo un iter più complesso che ha portato l’Associazione Stilelibero a valutare la sua reale capacità di proseguire questa felice intuizione e la sua corposa messa in opera. C’è stato, ora possiamo dire per fortuna, un forte attaccamento alla sua idea di fondo, ancora valida, ancora non del tutto esperita: indagare come la fotografia, strumento di espressione artistica ma anche mezzo di comunicazione figlio della società contemporanea e sua memoria collettiva, abbia registrato la realtà nei suoi molteplici aspetti a partire dalla metà del XIX secolo fino agli ultimi decenni del secolo successivo.
Oltre alla diffusione di questo ricchissimo patrimonio culturale “nascosto” negli archivi, il progetto ricerca l’innesco di una discussione sui temi e le problematiche legate all’archiviazione che coinvolga studiosi e studenti e cerchi di animare una rete attiva di soggetti che operano in questo settore e che in tal modo siano nelle migliori condizioni e possibilità di “influenzare” l’archiviazione di importanti testimonianze storiche.
Non va però dimenticato l’aspetto emotivo che interviene prontamente ogni qualvolta si assume il ruolo di spettatori di un’immagine fotografica: si prenda, a puro titolo di esempio, l’immagine di un volto, colto nel folto di una folla.
Dall’osservazione, possibilmente protratta per il giusto tempo, fuggendo ovvero dalla meccanica del “tempo reale” incapace di qualunque dilatazione necessaria al pensiero, emergeranno come primo spunto i lineamenti, la forma del viso, il grado nella curva della bocca, tutti gli elementi, per così dire, geometrici che, spesso inconsapevolmente, fanno si che ogni volto ritratto sia anche uno specchio riflettente quello dello spettatore.
Numerose delle immagini che fanno parte del Festival possiedono, a questo riguardo, una caratteristica: quel che più addensa l’attenzione dello spettatore è la luce dello sguardo; potente, acuto, funge da richiamo.
In quella sospensione del tempo di accostamento all’immagine, nella quale ormai si è, senza urto alcuno, caduti, è a questo punto pressoché inevitabile appoggiare, metaforicamente, l’orecchio alla fotografia e permettere a quel volto di raccontare la sua storia; il risultato che si potrà ottenere è compreso in un racconto di un’altra epoca e proveniente da un luogo probabilmente noto, ma per il momento non necessariamente significante.
Un racconto unico che parla, inevitabilmente, di ciascuno di noi, delle esperienze di vita, degli oggetti d’uso e della loro evoluzione, dei grandi fenomeni sociali così come degli interstizi della Storia in cui trovano posto scorci minimi, vicende marginali.
Questo esperimento di narrazione per immagini o, meglio, proveniente dalle immagini, è il pregio che racchiude in sé il Festival di Fotografia Storica Memorandum ed è, come sarà certamente intuibile, un’esperienza impagabile
Costante del progetto è l’aspirazione a porsi come obiettivo la valorizzazione di immagini fotografiche storiche conservate negli archivi noti e meno noti, rendendole “visibili” al grande pubblico. In alcuni casi si tratta di vere e proprie anteprime, che preludono a progetti espositivi futuri, in altri casi le selezioni proposte sono originali e costituiscono percorsi narrativi e tematici nati proprio in occasione del Festival.
Questo importante e articolato progetto, dopo i considerevoli successi di pubblico e i non scontati apprezzamenti degli “addetti ai lavori” delle precedenti edizioni, ha avuto nell’edizione che qui inauguriamo un iter più complesso che ha portato l’Associazione Stilelibero a valutare la sua reale capacità di proseguire questa felice intuizione e la sua corposa messa in opera. C’è stato, ora possiamo dire per fortuna, un forte attaccamento alla sua idea di fondo, ancora valida, ancora non del tutto esperita: indagare come la fotografia, strumento di espressione artistica ma anche mezzo di comunicazione figlio della società contemporanea e sua memoria collettiva, abbia registrato la realtà nei suoi molteplici aspetti a partire dalla metà del XIX secolo fino agli ultimi decenni del secolo successivo.
Oltre alla diffusione di questo ricchissimo patrimonio culturale “nascosto” negli archivi, il progetto ricerca l’innesco di una discussione sui temi e le problematiche legate all’archiviazione che coinvolga studiosi e studenti e cerchi di animare una rete attiva di soggetti che operano in questo settore e che in tal modo siano nelle migliori condizioni e possibilità di “influenzare” l’archiviazione di importanti testimonianze storiche.
Non va però dimenticato l’aspetto emotivo che interviene prontamente ogni qualvolta si assume il ruolo di spettatori di un’immagine fotografica: si prenda, a puro titolo di esempio, l’immagine di un volto, colto nel folto di una folla.
Dall’osservazione, possibilmente protratta per il giusto tempo, fuggendo ovvero dalla meccanica del “tempo reale” incapace di qualunque dilatazione necessaria al pensiero, emergeranno come primo spunto i lineamenti, la forma del viso, il grado nella curva della bocca, tutti gli elementi, per così dire, geometrici che, spesso inconsapevolmente, fanno si che ogni volto ritratto sia anche uno specchio riflettente quello dello spettatore.
Numerose delle immagini che fanno parte del Festival possiedono, a questo riguardo, una caratteristica: quel che più addensa l’attenzione dello spettatore è la luce dello sguardo; potente, acuto, funge da richiamo.
In quella sospensione del tempo di accostamento all’immagine, nella quale ormai si è, senza urto alcuno, caduti, è a questo punto pressoché inevitabile appoggiare, metaforicamente, l’orecchio alla fotografia e permettere a quel volto di raccontare la sua storia; il risultato che si potrà ottenere è compreso in un racconto di un’altra epoca e proveniente da un luogo probabilmente noto, ma per il momento non necessariamente significante.
Un racconto unico che parla, inevitabilmente, di ciascuno di noi, delle esperienze di vita, degli oggetti d’uso e della loro evoluzione, dei grandi fenomeni sociali così come degli interstizi della Storia in cui trovano posto scorci minimi, vicende marginali.
Questo esperimento di narrazione per immagini o, meglio, proveniente dalle immagini, è il pregio che racchiude in sé il Festival di Fotografia Storica Memorandum ed è, come sarà certamente intuibile, un’esperienza impagabile