Architettura e Paesaggio
Villaggio Lamarmora
- Villaggio La Marmora (attribuito)
- Tipologia
- Tipologia edificio:
- villaggio operaio
- Notizie storiche
- Descrizione:
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Dopo la Prima Guerra Mondiale, la crisi degli anni ’20 segnò profondamente l’economia biellese. L’industria tessile doveva riconvertire la produzione militare di panni di lana e cotone in presenza di un mercato assai difficile, notevolmente condizionato dalla lievitazione dei prezzi delle materie prime. Nel contempo l’introduzione di nuove macchine sopperiva all’esigenza di manodopera […]. Al Consiglio Comunale di Biella approdarono numerose interrogazioni ed interpellanze dibattute nel corso della seduta del 19 aprile 1921 […].
La discussione fu vivace e seguì un ordine del giorno tendente a dar corso a tutti i lavori utili ad impegnare maggiore manodopera quali fognature, sterri, strade, impianti di acqua potabile, selciature e così via. Si chiese inoltre di intervenire presso l’Ente Autonomo delle Case Popolari per la costruzione di abitazioni di cui “è tanto sentito il bisogno” e di obbligare, con opportuno decreto, tutti i proprietari delle case della città e dei sobborghi a provvedere a quelle necessarie opere di riparazione (intonaci, imbiancatura delle facciate ecc.) disponendo un energico controllo sanitario sulle abitazioni.
Il sindaco socialista Virgilio Luisetti, pur sensibile al problema, dichiarò prudenzialmente di accettare tale ordine del giorno solo come raccomandazione, sottolineando che alcune opere erano già iniziate, quali il prolungamento di via Cavour, il giardino di Porta Torino, una strada al Vandorno, la fognatura al Vernato ed altri lavori minori. Ma il sindaco già sapeva che il consigliere Coda, nel frattempo sopraggiunto, avrebbe portato notizie utili all’argomento. Questi, infatti, per incarico di Felice Trossi, presentò un progetto per la costruzione di un importante gruppo di case popolari, da realizzarsi in un terreno lungo la strada per Ponderano “che verrebbe ceduto a prezzo molto mite e con l’assicurazione di un forte appoggio finanziario”.
L’idea fu accolta con attenzione ed apprezzamento dal Consiglio Comunale tanto che, nei giorni seguenti, il sindaco convocò d’urgenza i rappresentanti degli industriali, delle banche e di altri enti, cui sottopose il progetto di Felice Trossi.
Dalla relazione del primo cittadino al Consiglio Comunale del 3 giugno, si apprende che al progetto venne in linea di massima fatto buon viso, anche se gli industriali dichiararono di non poter concedere finanziamenti perché la costruzione di case in Biella non avrebbe risolto il problema nei comuni in cui essi avevano i loro opifici. Degli istituti bancari e di credito locali la sola Cassa di Risparmio di Biella promise il suo appoggio accettando mutui per due milioni di lire e Felice Trossi confermò la cessione gratuita del terreno di sua proprietà di mq. 33.222, salvo il rimborso del valore delle cinte e della casa colonica annessa stimati in lire 125.000. Lo stesso si dichiarò inoltre disponibile a cedere l’area attigua di mq. 380305 per conto della società Textor, area su cui già insistevano le fondamenta di un nuovo stabilimento di tessitura, per un valore stimato in lire 173.000 oltre al materiale di cantiere già presente in sito. Ma come condizione l’imprenditore stabilì che nella costruzione delle nuove case fosse abbandonato il sistema di grandi casamenti a vari paini indicando quello delle piccole case separate, secondo il progetto di massima dell’ing. Rossari, già adottato alla Pettinatura Italiana di Vigliano Biellese […].
L’appalto ebbe per oggetto l’esecuzione delle opere necessarie per la costruzione di almeno 15 case formate da piccoli appartamenti, in conformità al progetto di villaggio-giardino presentato dall’ing. Vittorio Rossari al Municipio di Biella ed approvato con deliberazione del 18 giugno 1921 […]. “Le case saranno di 3 tipi, differenti tra loro non tanto nel carattere decorativo quanto nella disposizione, in modo che restino prospicienti verso le strade principali quelle che meglio rispondono nell’aspetto esterno e verso le strade secondarie quelle in apparenza più modeste”. L'edificio che già insisteva sul terreno donato era occupato sin dal 1919 dall’ortolano dell’Ospizio di Carità ed i terreni attigui erano adibiti a campo-scuola (orto) per i ragazzi del pio istituto […].
I lavori proseguirono spediti ed anche i giornali dell’epoca seguirono […] le diverse fasi della nascita del borgo […].
Con l’avvento del Fascismo le cose si complicarono e nel settembre del 1922 la “grave questione delle case popolari” arrivò sul tavolo del Commissario Prefettizio. In prima istanza questi eccepì sulla regolarità degli atti formali e contabili e deliberò l’immediata sospensione dei lavori (2 settembre 1922) […].
Ma il bisogno in città era tale che, incuranti del contenzioso in corso, molte famiglie avevano cominciato a vivere in quelle case sin dal novembre del 1922 […].
Così scrive Carlo Tagliabue [ex operaio presso il Lanificio Rivetti e figura storica del Villaggio Lamarmora, n.d.a.]: “Pur senza finestre ed energia elettrica, appoggiando del cartone ai vetri, molti nuclei provenienti per lo più dalla bassa vercellese si insediarono nel nuovo borgo progettato come villaggio-giardino ma denominato più semplicemente Case Popolari di Via Ponderano”. Ed ancora prosegue: “per la quasi totalità si trattava di famiglie contadine trasferitesi nel Biellese sperando in una migliore posizione, e futuro per i loro figli, nelle fabbriche […]".
Vista la situazione non si poteva dunque tornare indietro, ma solo il 1° marzo 1924 il Consiglio Comunale presieduto dall’avv. Riccardo Sormano, dopo aver riconosciuto l’appartenenza delle case al Comune di Biella, deliberò di far fronte alla loro ultimazione e alle altre opere accessorie […]. Alcuni consiglieri chiesero la vendita delle case per estinguere il debito, ma a seguito di trattative con la banca si decise di spostarne la scadenza passando da 30 a 50 anni. L’iter burocratico si concluse così felicemente e quelle case rimasero e sono tutt’oggi di proprietà comunale […].
La vita associativa fu particolarmente intensa. Appena si liberò l’alloggio del piano terreno al n. 14 fu istituito il Dopolavoro, luogo di ritrovo e svago, ma anche successiva sede della società di calcio Voluntas, della ciclo-turistica, del gruppo mandolinistico e della filodrammatica […].
Poi vennero le case dei mutilati, la lavanderia, le strade, il gas, l’asilo, le scuole, la chiesa, i negozi, la piazza e gli insediamenti popolari fino ai giorni nostri.