Architettura e Paesaggio
Centro Assistenziale Zegna [ARCHITETTURA e PAESAGGIO]
Data: 1932 - esistente
Il complesso è stato inaugurato ufficialmente il 15 ottobre 1933, ma era già in funzione dall'inizio del 1933.
- Tipologia
- Tipologia edificio:
- edificio socio-assistenziale
- Notizie storiche
- Descrizione:
ASCOLTA LA STORIA DEL WELFARE ZEGNA [prima parte]
ASCOLTA LA STORIA DEL WELFARE ZEGNA [seconda parte]
da www.archiviozegna.com
Nel 1932, per volere di Ermenegildo Zegna, si iniziò la costruzione di una struttura da adibire ad attività socio-assistenziali, a poca distanza dal "Lanificio Fratelli Zegna di Angelo". Si attuò una grandiosa opera di sbancamento delle pendici della montagna, per ricavare un pianoro di circa 15.000 mq, creando un luogo che diventasse un punto di aggregazione, un vero e proprio "centro urbano", dove riunire i diversi servizi utili alla popolazione, ridisegnando la geografia sociale di un paese come Trivero composto da numerose frazioni.
Il primo edificio ad essere costruito fu il "Dopolavoro Aziendale F.lli Zegna". Inaugurato il 15 ottobre del 1933, ospitava un salone per il cine-teatro da 350 posti, una stanza per il bigliardo, un bar con tavolini per il gioco delle carte e un'ampia sala da ballo, con tanto di pedana per l'orchestra, alla quale si aggiunsero nel tempo un ristorante, un albergo, la biblioteca pubblica, l'asilo e una piccola palestra attrezzata per la ginnastica.
Nel 1933 si erano già formati il gruppo Filodrammatica del Dopolavoro Aziendale dei F.lli Zegna, il gruppo Escursionistico e il gruppo Ginnico dell'Opera Nazionale Dopolavoro Zegna.
Successivamente fu realizzata una piscina all'aperto, a poche centinaia di metri dal Centro Assistenziale Zegna e vicino al Lanificio Ermenegildo Zegna, dove ora si trova la caserma dei carabinieri.
Nel 1938 incominciarono i lavori di costruzione di un porticato, sotto il quale trovarono collocazione diversi negozi, tra i quali la SADAN (Società per Azioni Drapperie Abbigliamento Novità) che vendeva tessuti. Ad esso si aggiunse la piscina coperta che andò a sostituire quella all'aperto, utilizzabile solo per pochi mesi l'anno. Fu innalzato anche un nuovo edificio da dedicare alle cure mediche e già l'anno successivo entrambe le strutture erano state ultimate (1939).
E' proprio da allora che si può parlare a tutti gli effetti di Centro Assistenziale Zegna.
Nel gennaio 1940 entrò in funzione uno dei servizi più importanti offerti alla popolazione: la "Clinica della Maternità e Infanzia".
Il Centro Assistenziale Zegna era perciò così organizzato: nell'ala ovest vi era il Dopolavoro con la parte ricreativa e culturale e nell'ala est l'area dedicata all'assistenza medica, con il reparto maternità e i vari ambulatori (odontoiatria, ginecologia, pediatria, oculistica, otorinolaringoiatria e per cure generiche), uniti da un porticato sopra al quale si era ricavato un giardino-terrazza, suddiviso in campetti per il gioco del tennis, del basket e delle bocce e delimitati da aiuole fiorite. A quell'epoca, una piccola porzione dell'area sopra le attività commerciali fu adibita alle cure elioterapiche estive, rivolte soprattutto ai bambini gracili e malati.
Il complesso edilizio fu poi integrato, nel secondo Dopoguerra, da una costruzione posta sul lato ovest e perpendicolare al primo edificio. Al piano terra trovò posto una galleria di negozi, mentre i locali del primo piano e del seminterrato furono concessi al Comune, perché vi istituisse una scuola di avviamento professionale a carattere industriale.
Tutto ciò fece di Trivero un centro al quale le popolazioni del Biellese orientale, e non solo quelle, facevano capo per i loro acquisti, per avere assistenza sanitaria e per trascorre il loro tempo libero.
- Descrizione:
- Il welfare Zegna: comunità, socialità e sanità dal 1933 [prima parte]
Il welfare Zegna ha una data di nascita ufficiale. Il 15 ottobre 1933 fu inaugurato il Dopolavoro del Lanificio Fratelli Zegna di Angelo. Ma il “Centro Zegna” era già attivo da diversi mesi. Prima del Natale del ‘32 gli stabili erano, infatti, pressoché ultimati.
E l’Epifania del ‘33 fu già festeggiata in quei locali. Su “Il Popolo Biellese” del 9 gennaio 1933 si legge:
Il sorgente edificio del Dopolavoro, che nelle decorazioni risente dello stile e del gusto olandesi, è bellissimo. Esso consta di un teatro al quale verrà applicato anche l’apparecchio per le proiezioni delle pellicole parlate, di un ampio locale adibito a mescita di bibite, di una cucina, di sale di lettura, scrittura, eccetera.
Fuori si stendono ampi piazzali di soggiorno, lunghe terrazze per i giuochi delle bocce e del tennis, comodi belvederi ed una giovane pineta che incornicerà il delizioso e comodo luogo con un vario verde e balsamico di piante odorose.
Il Dopolavoro, fatto costruire dalla Ditta Zegna ed il cui costo si aggira sulle 600.000 lire, è dotato dei più moderni servizi ed il locale della mescita con annessa cucina per il servizio di ristorante non ha nulla da invidiare coi più moderni impianti del genere. Il Dopolavoro di Trivero, i cui interni sono stati aperti in questi giorni al pubblico è certamente uno dei migliori d'Italia rispetto la popolazione.
Perché la ditta Fratelli Zegna di Angelo aveva deciso di investire in quella struttura? Perché, come in altre situazioni analoghe per altre comunità italiane, serviva un punto di aggregazione sociale che non fosse la fabbrica o la chiesa del villaggio.
Serviva un luogo in cui i lavoratori potessero ritemprare le forze e svagarsi senza eccessi, ma anche formarsi e informarsi secondo le disposizioni dell’autorità costituita.
Quello era il tempo dell’affermazione del regime e del consenso: anche volendo, non c’era alternativa. Il “Centro Zegna” non poteva nascere se non sotto il segno del fascio littorio.
Tuttavia, a Trivero il bisogno di quella iniziativa era davvero sentito e non si trattava di una banale azione di propaganda politica.
Per Ermenegildo Zegna era chiaro quanto fosse necessario “andare verso il popolo” affinché quel popolo continuasse a vivere e a lavorare a Trivero, non fuggendo dalla montagna verso la pianura e la città.
Il lanificio non poteva esistere senza le sue maestranze, ma quelle maestranze dovevano avere condizioni di vita migliori di quelle di un paese isolato e frazionato in decine di borgate.
Occorreva quindi tessere una comunità che era tale solo quando era al lavoro sui telai degli Zegna. Gli operai triveresi meritavano di più.
Il neonato “Centro Zegna” rivelava il carattere del suo ideatore.
Ecco perché aprì i battenti offrendo l’intrattenimento più moderno e in voga all’epoca.
Da “Il Popolo Biellese” del 16 febbraio 1933:
Le prime rappresentazioni di films sonori che si sono avute nelle due domeniche scorse al Teatro Aziendale Zegna, alla Regione Ferla, hanno ottenuto un clamoroso successo, non solo per l’indovinata scelta delle pellicole, ma anche per l’intervento del pubblico che ha sempre gremito il grandioso ed elegante locale. Il pubblico ha effettivamente avuto agio di assistere a due spettacoli veramente belli: “La Telefonista” e “La Segretaria Privata”. Sappiamo che si sta allestendo un altro spettacolo cinematografico...
Ed ecco il primo film proiettato al “Centro Zegna”…: "La telefonista".
Il 15 ottobre 1933 il segretario del PNF, Achille Starace, che si trovava in visita ufficiale nel Biellese, raggiunse Trivero per presenziare a un’inaugurazione che, di fatto, era già avvenuta.
Secondo il solito “Popolo Biellese” che uscì l’indomani dell’illustre transito, Starace visitò:
tutte le sale che compongono l’istituzione dopolavoristica, consistenti in venticinque ambienti complessivamente, ben arredati ed accuratamente finiti in ogni particolare, dai mobili alle tappezzerie alle decorazioni fatte con buongusto sotto la direzione del pittore biellese Bozzalla.
All’esterno il dopolavoro dispone di tre giochi di bocce, campo di tennis, vasca natatoria e ampia palestra all’aperto per i giuochi ginnastici, ecc.
La “vasca natatoria” non era la piscina che tutti conosciamo, bensì un piccolo invaso colmato dalle acque del rio Baso che oggi corrisponde al parcheggio della stazione dei carabinieri…
Ma il destino del “Centro Zegna” non era quello di rimanere un ritrovo domenicale o il posto abituale per un bicchiere a fine turno.
Era già pronta la parte davvero filantropica, la più importante.
Di lì a qualche settimana l’”Opera Nazionale Maternità e Infanzia” avrebbe iniziato a occuparsi delle donne e dei bambini del Triverese. Non più solo “Dopolavoro”, ma il vero “Centro Assistenziale Zegna”. Ma questa è un’altra storia.
- Descrizione:
- Il welfare Zegna: comunità, socialità e sanità dal 1933 [seconda parte]
Avviato il dopolavoro aziendale nell’autunno del 1933, il Lanificio Zegna di Trivero aveva appena cominciato a rispondere alle necessità della sua comunità. Il mondo stava cambiando rapidamente e nuove sfide si presentavano ogni giorno: le distanze si accorciavano, i tempi si riducevano e, sempre di più, le cause locali producevano effetti globali.
Di fronte alle conseguenze della crisi americana del ’29, ogni imprenditore, anche in Italia, doveva attrezzarsi con un suo New Deal rooseveltiano, e la tutela della forza lavoro era un elemento imprescindibile di quel “nuovo corso”.
Il regime che governava l’Italia adottava e volentieri “marchiava” tutte le iniziative di carattere sociale, ma dietro le quinte della scenografia in orbace, gli uomini come Ermenegildo Zegna erano soli.
Soli, e con la responsabilità di centinaia di donne e di uomini, e di altrettante famiglie, che non avevano alternative, se non a costo di gravi sacrifici e senza effettive garanzie.
Come in altre realtà, il Lanificio Zegna rappresentava non solo l’unica possibilità di sostentamento (diretto o indotto), ma anche l’unico punto di riferimento sociale in un contesto in cui molte delle istituzioni tradizionali stavano perdendo capacità di attrazione e di coesione.
Una fabbrica, e quella di Ermenegildo Zegna non faceva eccezione, aveva bisogno di braccia e di braccia che fossero il più possibile robuste, ma anche consapevoli. In altre parole, era fondamentale conservare e incrementare la quantità delle maestranze rafforzando la natalità.
Ed era altrettanto fondamentale migliorare la qualità della vita di quelle stesse maestranze facendo sì che avessero a disposizione occasioni di divertimento e di riposo, ma anche di cure mediche e di istruzione. Quando fu inaugurato il dopolavoro non si tagliava un traguardo. Al contrario, si era appena oltre la linea di partenza.
Le “Opere Assistenziali” Zegna, nel giro di un lustro, si svilupparono sia dal punto di vista edilizio e volumetrico, sia in senso funzionale strutturandosi per accogliere le donne dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. E poi un presidio sanitario poliambulatoriale via via più ricco di dotazioni (incluso il prezioso reparto ostetrico). Ancora prima, la piscina coperta (la prima nel Biellese) che, dal 1937, completava un sistema di opportunità sportive all’epoca invidiabile.
Il 25 settembre del 1939 il “Centro Zegna”, secondo “Il Popolo Biellese”, appariva così:
“Nel villaggio, a partire dalla piscina coperta, si allineano numerosi negozi che possono offrire alle maestranze ogni genere alimentare, di abbigliamento e di prima necessità. Nè trascurata è la parte sanitaria, giacché sono stati realizzati pure ambulatori per inalazioni, cure salsoiodiche, radioscopie, radiografie.
Completa i poderosi impianti la nuova Casa della Madre e del Fanciullo, che sarà dotata di ogni più perfetto conforto per l’assistenza alle madri ed ai bambini”.
La somma delle parti conferiva all’insieme un aspetto quasi urbano capace di fornire, in quell’angolo di Trivero, una credibile versione montana di un ambiente cittadino, soprattutto con quella piccola galleria e i suoi esercizi commerciali. Il “Centro Zegna” era talmente efficiente ed elegante da poter orgogliosamente ospitare la Principessa di Piemonte, la très charmante Maria Josè del Belgio, l’11 settembre del 1940.
Ecco qualche spunto dalla cronaca di quella giornata pubblicata l’indomani su “Il Popolo Biellese”. Trivero “ha accolto con affettuoso entusiasmo l’Altezza Reale la Principessa di Piemonte che volle onorare di Sua visita il moderno opificio e le importanti Opere Assistenziali della Ditta Fratelli Zegna”.
In particolare, “l’Altezza Reale si sofferma nell’elegante negozio S.A.D.A.N. esaminando alcuni dei più fini prodotti del Lanificio Zegna; entra poi nel Padiglione della Maternità ove s’intrattiene lungamente e con un’affabilità regale che scende diretta al cuore, con le numerose gestanti, ed in modo particolare presso un candido lettino che accoglie due vispi neonati gemelli.
L’ordine, la perfezione dei servizi, la modernità dell’attrezzatura e la intimità dell’ambiente, suscitano nell’Augusta Madre un sincero compiacimento ch’Ella volle manifestare sia al Conte Zegna, fondatore, che al Prof. Vittorio Olearis, direttore”.
Il primo bambino era nato al “Centro Zegna” il 3 febbraio 1940 e con un notevole sforzo di fantasia era stato chiamato Ermenegildo…
Maria José era poi passata “nella grandiosa piscina, dove fu salutata dal grido «Savoia» lanciato con voce potente dai giovani dopolavoristi che si tuffarono simultaneamente nell’invitante acqua azzurrina. Anche qui la Principessa dimostrò vivo interesse e sostò a lungo”. Forse, se fosse stata un po’ meno augusta, un paio di bracciate le avrebbe fatte volentieri anche lei…
Il welfare Zegna costituiva senza dubbio il tipico esempio di “circolo chiuso” nel rapporto tra capitale e lavoro nella visione ideologica otto-novecentesca. Ma si trattava di un circolo virtuoso.
Per quanto di stampo padronale, l’iniziativa di Ermenegildo Zegna aveva davvero dato un impulso positivo alla comunità triverese e ne aveva consolidato le basi radicandola al territorio. Il “Centro Zegna” era una possibilità concreta e inclusiva, che Ermenegildo Zegna si sentiva in dovere di offrire alla sua gente.
Quel gesto, per quanto compiuto in quell’epoca particolare e in condizioni particolari, non ha smesso di avere ripercussioni ideali sulle buone pratiche assunte e perpetuate dal Gruppo Zegna anche molto tempo dopo e lontano da Trivero.
- Note di lavoro
- Il rilevamento fotografico è stato effettuato da Luciana Bastone, Neviano Dalvici, Mario Rossati e Vito Gaggione del "Fotogruppo Noveis" nel 2021 nell'ambito del progetto "Fotofabbrica".
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