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I tessuti elastocompressivi nella patologia venosa degli arti inferiori.
L’Elastocompressione è un presidio essenziale nel trattamento dell’IVC (insufficienza venosa cronica) degli arti inferiori che però, pur essendo di utilizzo semplice ed economico, è ancora troppo poco conosciuto ed usato. Malgrado le molteplici possibilità terapeutiche che ci può fornire, l’elastocompressione non è, purtroppo, conosciuta e considerata adeguatamente dalla gran parte dei medici, per cui viene consigliata spesso senza convinzione e non sempre prescritta correttamente. L’utenza, in particolar modo quella femminile, ne valuta l’aspetto negativo di presidio inelegante e per questo non lo tollera nella sua funzione essenziale di prevenzione.
In realtà l’applicazione di una corretta terapia elastocompressiva è regolata da variabili essenziali sia nella modalità di applicazione sia per la durata dell’uso e la scelta del tutore compressivo deve essere modellata alle necessità del singolo paziente e all’entità dell’I.V.C.
L’I.V.C è una patologia molto diffusa nella popolazione dei Paesi industrializzati con un’incidenza del 40-50% nei maschi e del 50-55% nelle femmine adulte. La malattia varicosa è presente, clinicamente manifesta, nel 10-30% delle donne e nel 10-20% dei maschi adulti. Con l’età le percentuali aumentano e diminuisce sensibilmente il divario tra i sessi (quest’ultimo dato non viene preso in considerazione dai medici e dalle Aziende produttrici di calze elastiche che continuano propagandare la prevenzione solo per le donne, mentre anche negli uomini sarebbe importante attuarla dopo i quaranta anni). L’I.V.C nelle sue forme più gravi è una patologia altamente invalidante con importanti ripercussioni socio-economiche sia per il costo del suo trattamento che per le ore di lavoro perse.
Tabella 1: Costi annuali per la gestione della I.V.C. |
· 290 milioni di sterline in UK |
· 14,7 miliardi di Franchi francesi in FR |
· 2,420 milioni di marchi in D |
· 1638 miliardi di lire in I |
· 17240 milioni di pesetas in ES |
(Wienert 1993- Lafuma 1994-Abenhaim 1997) |
Tabella 2 : COSTI DELLA I.V.C. |
· 500.000 ore lavorative perse ogni anno in UK |
· 2.000.000 ore lavorative perse negli USA |
· 14° tra le 50 malattie causa di assenteismo dal lavoro |
· 32° causa di inabilità permanente in Brasile |
(De Castro Silva 1991) |
L’uso del bendaggio era conosciuto già dagli antichi egizi ed è stato usato in medicina nei secoli con bende di vari tessuti, ma la vera applicazione di tessuti elastocompressivi nasce solo nella seconda metà dell’’800 con la fabbricazione di tessuti elastici usati come bendaggio e solo molto più tardi per la confezione di calze elastiche. Nel 1848 William Brown brevettò un processo che permetteva la tessitura a mano di fili elastici producendo la sua "elastic stoking”, dopo che Goodyear aveva scoperto la possibilità di trattare il cacciù. Il procedimento fu modificato da J. Sparks ricoprendo le fibre di gomma (guippaggio) con cotone e seta, migliorando il tessuto per funzionalità e traspirazione. Nell’ultimo quarto di secolo la produzione si sviluppò particolarmente in Germania che divenne ben presto punto di riferimento mondiale nel settore. E’ del 1920 il brevetto della calza senza cuciture, tessuta circolarmente, a doppia elasticità ma occorre attendere la fine degli anni 50 per la produzione in serie su macchine circolari. Nel 1940 viene sintetizzato il polyamide. Nel 1960 nascono gli elastomeri sintetici mentre è del 1970 la messa a punto del polyamide microfibra. Nel secondo dopoguerra, grazie alle nuove tecniche di confezionamento e alla creazione di questi nuovi materiali, l'elastocompressione si diffonde e raggiunge a pieno il riconoscimento di presidio terapeutico. Da soli trent’anni sono state formalizzate le normative di sicurezza della qualità che le varie Nazioni hanno imposto per la messa in commercio di prodotti testati, in particolar modo per le calze elastiche.
Nel 1955 è nata in Germania “l’Associazione per il Marchio di Qualità delle calze terapeutiche (GGG)” costituita dalle Imprese produttrici, dall’Associazione Tedesca di Flebologia e dall’Istituto di Ricerche Hohenstein che porterà nel 1968 alla normativa sulla sicurezza della qualità RAL-GZ 387. In Europa si sta mettendo a punto attualmente una normativa unica (EN12718) che uniformii criteri di valutazione per le calze terapeutiche oggi in uso nei vari Stati.
Nell’I.V.C. la presenza di patologie del sistema venoso superficiale e/o profondo degli arti inferiori determinano aumento della pressione venosa distrettuale. Queste patologie alterano il meccanismo fisiologico di ritorno del sangue verso il cuore che la conquista della stazione eretta ha imposto e che è regolato e coordinato da molteplici fattori che fanno perno su due elementi fondamentali: le pompe muscolari ed i sistemi valvolari che frazionano le colonne di pressione.
La presenza di ostacoli al deflusso venoso o l'incontinenza degli apparati valvolari determinano uno scompenso del sistema di scarico azionato dalle pompe muscolari producendo un aumento della pressione venosa di deambulazione.
Nell'uomo in posizione ortostatica ed immobile la pressione misurata alla caviglia è di circa 90 mmHg e corrisponde al peso della colonna sanguigna (pressione idrostatica) sia nel paziente sano che in quello con patologia venosa, poichè in quella posizione le valvole sono aperte . Quando il paziente inizia a camminare, per l'azione delle pompe muscolari ed il gioco di chiusura ed apertura degli apparati valvolari, la pressione si riduce nel soggetto normale fino a valori di circa 20 mmHg mentre nel soggetto patologico la pressione rimane elevata in relazione all’entità dell'insufficienza venosa. Un aumento della pressione di deambulazione si ripercuote in periferia nel microcircolo determinando la microangiopatia ipertensiva.
A livello microcircolatorio l'aumento della pressione venosa altera gli scambi microcircolatori tra il distretto extravascolare ed il distretto intravascolare variando la pressione transmurale (Pt):
( Pt = Pi pressione intravascolare - Pe pressione extravascolare).
Un aumento della pressione transmurale determina l'edema , cioè il sequestro di liquido nell'interstizio, con disordini metabolici che possono compromettere la stessa vita cellulare fino alla necrosi tissutale e la comparsa dell’ulcera venosa.
Questi brevi cenni di fisiopatologia sono utili per comprendere come i tessuti elastocompressivi possano aiutarci nel compensare le alterazioni indotte dall' I. V. C.
I tutori elastocompressivi sono spesso ed erroneamente considerati come dei presidi la cui funzione e quella di stringere e comprimere al massimo un arto per ridurne l'edema. In realtà questa funzione non è così semplicistica ma la loro azione è regolata da leggi fisiche e la loro efficacia è determinata dal sinergismo tra proprietà del manufatto ed attività dell’arto.
Erroneamente si parla di contenzione e di compressione elastica in senso lato in realtà sono due entità diverse che insieme interagiscono.
Lacontenzione è l’effetto che produce un tutore anelastico che ricopre l’arto quando agisce in maniera “passiva” attivando una pressione sull’arto solo durante la contrazione muscolare (pressione di lavoro con la deambulazione). E’ l’azione peculiare del bendaggio anelastico che, come la fascia muscolare si oppone alle modificazioni di volume delle masse muscolari durante la deambulazione aumentando l’energia cinetica che si sviluppa all’interno delle logge muscolari potenziandone così l’azione di pompa.
La compressione è la forza esercitata, per le caratteristiche intrinseche del tessuto, da un tutore elastico “attivamente” e direttamente sull’arto sia a riposo che durante la contrazione muscolare (pressione continua a riposo). E’ l’azione delle bende elastiche e delle calze elastiche, che sviluppano anche esse un’azione di tipo contenitivo, anche se minore, secondo la loro elasticità, per le variazioni di volume delle masse muscolari secondo la legge di Laplace.
Le pressioni che vengono esercitate sull’arto sia passivamente che attivamente si sviluppano secondo questo principio di fisca : P = T/ R
La pressione continua a riposo determina un’abbassamento della Pt ed una riduzione di calibro delle vene superficiali, migliorando il drenaggio tissutale con il passaggio dei liquidi e dei metaboliti verso la corrente venosa. La pressione di lavoro con la deambulazione, potenziando le pompe muscolari, agisce più incisivamente anche sul circolo profondo.
Quindi l'elastocompressione va vista in senso dinamico : contenzione - compressione -deambulazione-potenziamento delle pompe muscolari.
TUTORI ELASTOCOMPRESSIVI
I tutori elastocompressivi sono rappresentati dalle bende e dalle calze elastiche.
- BENDE
Le bende, utilizzate sempre a scopo terapeutico, sono di due tipi : anelastiche o elastiche.
Le prime possono essere semplici bende di cotone, orlate o non, oppure bende imbevute di colla di zinco. Le bende elastiche sono costituite da fibre elastiche, naturali o sintetiche, intessute con fibre anelastiche naturali o sintetiche in varie percentuali; si realizzano pertanto bende ad allungamento breve (<70%), medio (tra 70% e 140%) e lungo (oltre il 140%). Nella pratica clinica sono utilizzati solo i primi due tipi. Vi sono in commercio anche bende adesive che aderiscono in varie maniere, quando sovrapposte, per meglio confezionare il bendaggio
Le bende possono essere estensibili secondo la direzione della lunghezza (monoestensibili) o nei due sensi (biestensive).
Con le bende anelastiche e con quelle a corto allungamento si possono confezionare bendaggi rigidi fissi o amovibili che hanno più la funzione di contenzione che di compressione e che esercitano una maggiore pressione di lavoro con la deambulazione e minore o nulla pressione continua a riposo. Le bende bielastiche a medio allungamento esercitano una minore pressione di lavoro con la deambulazione ed una maggiore pressione continua a riposo.
Le metodiche d’applicazione dei bendaggi sono molteplici ed il loro utilizzo è perla maggior parte riservato agli specialisti. L’uso della calza elastica è invece di impiego molto più ampio ed il suo giusto utilizzo deve essere conosciuto da tutti i medici ed anche dall'utenza, come presidio da utilizzare con il concetto di " automedicazione ".
- CALZE ELASTICHE
Le calze elastiche sono tutori elastocompressivi bielastici ad allungamento lungo, con misure pre-definite e gradiente di compressione decrescente in direzione disto-prossimale. La compressione definita e graduata si riduce, infatti, dal basso verso l’alto , dovendo essere il 100% alla caviglia, il 70% al polpaccio e il 40% alla coscia.
Le calze elastiche si dividono in calze elastiche terapeutiche e calze elastiche preventive o riposanti in base alla pressione in mmHg ( millimetri di mercurio) esercitata alla caviglia.
Nella tabella n° 3 è evidenziata la percentuale di calze elastiche prodotte nel mondo a confronto con le calze di moda ( le calze terapeutiche sono considerate a partire da 14 mmHg secondo la normativa francese).
E’ evidente la sproporzione tra l’esiguo numero di calze elastiche commercializzate ed l’alto numero di soggetti affetti da I.V.C., segno evidente del basso utilizzo di questo presidio che pur è essenziale nella prevenzione e nella terapia di tale patologia.
In Europa la Germania è la più importante produttrice di calze terapeutiche mentre l’Italia è la maggior produttrice di calze di moda e preventive.
Tabella 3: Percentuale del volume di produzione mondiale di calze e collants
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Quando la pressione supera i 18 mmHg il tutore è detto terapeutico.
I tutori terapeutici vengono raggruppati in 4 CLASSI sulla base della compressione esercitata alla caviglia ed espressa in mmHg. L’appartenenza all’una o l’altra classe varia a secondo che si consideri la normativa tedesca ( RAL GZ 387 ) , alla quale si allineano quella italiana e quella svizzera, o quella francese ( NFG 30-102B ).
Tab. n° 4 :Calze terapeutiche: valori della pressione alla caviglia nei Paesi CEE (in mmHg)
Classe |
UE |
UK |
F |
CH – I |
D |
I |
15-21 |
14-17 |
10-15 |
18-21 |
18,37-21 |
II |
23-32 |
18-24 |
15-20 |
26,25-33,75 |
25,12-32,25 |
III |
34-46 |
25-35 |
20-36 |
36,75-48,75 |
36,37-46,5 |
IV |
Sup. a 49 |
Sup. a 35 |
Sup. a 36 |
Sup. a 54 |
Sup. a 58,7 |
C.Gardon-Mollard; La contention medicale 1999 (modificato)
Le differenze evidenti sono giustificate dai colleghi francesi con l’affermazione che "è meglio una calza a compressione minore, ma che venga indossata, che una a compressione maggiore che rimanga dentro il cassetto". Al contrario i sostenitori di maggiori valori di pressione sostengono, d'altra parte, la scarsa efficacia di bassi valori pressori. Una cosa importante da sottolineare è che sia in Francia che in Germania il Sistema Sanitario Nazionale rimborsa le calze terapeutiche di tutte le classi ed in Svizzera dalla seconda classe. In Italia, salvo alcune Regioni, la terapia elastocompressiva è tutta a carico dei pazienti e questa è una grave manchevolezza giacchè l’utilizzo dei tutori elastici è indispensabile in questa patologia che nelle sue forme gravi è altamente invalidante in particolar modo negli anziani.
Le norme per la fabbricazione delle calze elastiche sono rigide nel controllo della qualità del prodotto. In Francia tale onere è affidato a l’"Institut textile de France "
La normativa tedesca affida a due Istituti autorizzati, uno in Germania ed uno in Svizzera, il test preliminare (Sistema HOSY) che certifica la corrispondenza del tutore alla caratteristiche tecniche:
- conformità delle materie prime e dei processi industriali di fabbricazione
- controllo visivo
- prove d’elasticità trasversale e longitudinale
- test di rilevamento delle compressioni e del loro andamento decrescente dal basso verso l’alto
Questa normativa, molto severa e restrittiva, è stata proposta come modello per l’elaborazione di una regolamentazione a livello dell’Unione Europea.
Per le calze preventive non vi sono criteri uniformi di produzione e norme ufficiali di valutazione del prodotto nè indicazioni certe delle pressioni effettive nelle confezioni, con qualità che varia tra azienda ed azienda. Il valore della compressione è spesso espresso solo in “denier” o “decitex” che rappresentano il peso del filo utilizzato e quindi lo spessore e la finezza del tessuto. Questo determina confusione per gli operatori e grave pregiudizio per l’utenza.
E' fondamentale che si attui una più rigorosa politica di controllo delle compressioni e dei materiali in questa classe di prodotto che in studi clinici in doppio cieco versus placebo ha dimostrato efficacia sulla sintomatologia funzionale dell’I.V.C..
Le caratteristiche indispensabili per una calza preventiva di qualità sono:
- compressione alla caviglia tra 6-14 mmHg “dichiarata”
- compressione graduata dalla caviglia alla coscia
- tallone rinforzato e tessuto
- filati di qualità
- ottime rifiniture
- buona disponibilità di taglie e colori
- eventuali trattamenti anti-batterici e fungini
E’ necessario, perciò, uno sforzo congiunto da parte delle Società Scientifiche e delle Aziende produttrici per diffondere un corretto uso dei presidi elastocompressivi sia tra gli operatori sanitari che presso l’utenza.
E’ indispensabile che si uniformino i criteri di valutazione e di controllo del prodotto.
E’ necessario che, con l’uso di nuove fibre sempre più confortevoli e tollerabili e con confezioni più fini ed eleganti, le Aziende vengano incontro alle esigenze estetiche del consumatore, con particolare riguardo per i prodotti preventivi che devono diventare più accettabili nell’uso quotidiano.
BIBLIOGRAFIA
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