Inventario
Esposizione per via cutanea negli ambienti di lavoro
1. Tessitori e salute
Ringrazio anzitutto per essere stato invitato ad intervenire in un Convegno tanto variegato nelle finalità quanto interessante. Da parte mia, prendo la libertà di introdurre il tema assegnatomi richiamando alla vostra attenzione le parole scritte nel 1700 da Bernardino Ramazzini a proposito: I. delle malattie dei tessitori e delle tessitrici; II. delle malattie dei cardatori di lino di canapa e di cascami di seta; III. delle malattie dei tintori.
“Quanto sia utile e necessaria l'arte della tessitura lo dimostra il fatto che non c'è uomo che non copra le sue nudità con qualche tessuto. Non abbiamo motivo di lamentarci con la natura, se ha concesso le penne agli uccelli e i peli ad altri animali ed invece ha lasciato nudo solo l'uomo; l'uomo infatti possiede l'ingegno e le mani per tessere i più diversi generi di indumenti, non solo per coprirsi, ma anche per suo ornamento ed abbellimento. La tessitura era un tempo occupazione per lo più femminile, tanto che anche le donne di elevata condizione sociale non disdegnavano questo lavoro. Penelope, per tutta l'assenza del marito, tessendo e disfacendo la tela, eludeva i Proci.”… “Questa attività ora è finita nelle sole mani di tessitrici e di tessitori del popolo”…”Questo lavoro è certamente molto faticoso perché impegna tutto il corpo, ambedue le mani, le braccia, i piedi, la schiena e quasi tutte le membra le impegna nello stesso momento”… “Tanto per gli uomini che per le donne la difesa contro queste malattie, causate da un lavoro così faticoso, sarebbe la moderazione. Quel detto popolare, ‘nulla di troppo’, mi piace particolarmente. (Ramazzini, 2000)
“I vestiti sono necessari quasi quanto il cibo. Questa necessità si è instaurata quando i nostri progenitori, perduto il manto della grazia, hanno sentito il bisogno di coprire la propria nudità. La natura ci ha fornito molti prodotti per riparare il nostro corpo dalle intemperie: la lana, il lino, la canapa, il cotone e a questi si può aggiungere anche la seta di cui potremmo certamente fare a meno, essendo stata inventata più per velare il corpo delle donne e degli uomini che per coprirli. Queste sono le materie con cui si fanno i vestiti e coloro che le preparano vanno incontro a molte malattie”.…I lavoratori addetti alla cardatura del lino e della canapa, operazione che precede la filatura e la tessitura, sono esposti ad una polvere acre e dannosa che si libera da questi materiali e, penetrando attraverso la bocca nella gola e nei polmoni, provoca una tosse continua e poi l'asma.…È possibile vederli sempre coperti di polvere di canapa, pallidi, tormentati dalla tosse, asmatici e con gli occhi infiammati. Essi lavorano per lo più d'inverno ed in ambienti chiusi per difendersi dal freddo; quindi non possono evitare, mentre pettinano la canapa ben unta di grassi, di respirare particelle dannose, di modo che, alterati gli spiriti vitali e ostruiti gli organi della respirazione, sono colpiti da gravi malattie. (Ramazzini, 2000)
“I tintori e i fabbricanti di panno, stando tra questi disgustosi odori di orina putrefatta e di olio, in un ambiente caldo e spesso seminudi, diventano quasi tutti cachettici, pallidi, afflitti dalla tosse e dal vomito. L'aria chiusa e impregnata di odori così cattivi raggiunge gli spiriti vitali; i polmoni vengono danneggiati ed ostruiti da quelle particelle grasse e fetide che inoltre raggiungono gli organi principali e tutto l'organismo, sino a quando si infetta anche la massa del sangue. A questo si deve aggiungere che i pori cutanei molto facilmente vengono ostruiti da quelle sostanze grasse. Ne deriva che questi lavoratori sono soggetti a tutte le malattie dovute alla mancanza di traspirazione della pelle”. (Ramazzini, 2000)
Le informazioni lasciateci da Bernardino Ramazzini nella sua opera fondamentale, “Le Malattie dei Lavoratori”, sul rapporto tra “tessile e salute” sono sicuramente pregnanti, esaurienti e quindi meritevoli di attenzione e, naturalmente, di un aggiornamento che dovrebbe tendente a mantenere almeno le stesse caratteristiche e alcune delle finalità che hanno ispirato quell’autore trecento anni or sono. Una modesta proposta che si può avanzare è che il biellese “Tessile e Salute” nelle prossime edizioni possa esaudire più direttamente, assieme ad altre, questo tipo di esigenza, tenere desta l’attenzione sulle condizioni più aggiornate di lavoro e di vita dei tessili di Biella ed ovviamente degli altri distretti industriali del tessile sparsi nel globo.
2. La via cutanea
Arrivo al tema assegnatomi, una rassegna sintetica (basata sulla rielaborazione degli schemi, i lucidi utilizzati per l’esposizione) sulla esposizione cutanea negli ambienti di lavoro, ricorrendo ancora alle parole di Ramazzini. Questo autore a proposito delle malattie dei minatori scrive:
“Dal momento che negli umori si diffondono i colori caratteristici del metallo, a meno che non siano rifluiti verso l'interno, come dice Galeno nel primo libro degli Aforismi, comm. 2, e questo lo si osserva in quasi tutte queste malattie, è comprensibile che i minatori mostrino sulla pelle un colore simile a quello del metallo che è penetrato nella massa sanguigna. Si può forse pensare che nei polmoni dei cavatori accada la stessa cosa che capita nei forni fusori dove, dalla fuliggine che sale in alto durante la fusione dei metalli, si formano ponfolice, cadmia ed altre concrezioni minerali”. (Ramazzini, 2000).
E’ una maniera certo antica, classica e complicata per prospettare le relazioni che ci devono pur essere tra le noxe presenti nell’ambiente esterno, i danni agli organi interni e quella speciale ed ampia “superficie di esposizione”, non una semplice barriera impermeabile, rappresentata dalla cute dei lavoratori. Alcune di queste relazione sono state meglio chiarite nel corso dei secoli successivi sulla base della così detta “esperienza industriale”; di seguito vengono elencate alcune situazioni, considerate ormai paradigmatiche:
· Intossicazioni da fenolo, per via cutanea, segnalate a partire dalla fine dell’Ottocento (Diechmann, 1949);
· Eccessivo assorbimento di piombo inorganico, per imbrattamento, segnalato tra i tipografi nel primo decennio del Novecento (Carozzi, 1912);
· Intossicazioni di piombo etilato, prevalentemente per via cutanea, segnalate a partire dagli anni ’20 del Novecento, (Hamilton et al., 1925);
· Riconoscimento che una quota importante dello assorbimento di nichel e cromo tra i lavoratori dell’industria galvanica avviene per via cutanea (Bavazzano et al., 1990);
· Intossicazione fatale da mercurio metilato in un ricercatore , per via cutanea, segnalata negli anni ’90 del Novecento, (Smith, 1997);
· Conferma, anche per via epidemiologica, di un fatto di già conosciuto, una quota importante dello assorbimento di benzene tra i lavoratori dell’industria calzaturiera avveniva per via cutanea (Seniori et al., in press).
I vari problemi correlati con la “stima del rischio cutaneneo in medicina del lavoro” (Sartorelli, 2000) hanno richiamato più di recente l’interesse di molti ricercatori. Nell’anno 2000 al tema sono stati dedicati dei numeri monografici da parte di due importanti riviste, l’International Journal of Occupational and Environmental Health (Dermal exposure to and dermal absorption of hazardous materials, A Tribute to Bernardino Ramazzini on the 300th annibersary of the publication of Diseases of Workers, 2, 2000) e l’Annals of Occupational Higiene (Dermal exposure, a decade of real progress, 7, 2000) i quali rendono conto delle iniziate scientifiche e riguardanti delle norme preventive assunte rispetto a questi problemi rispettivamente negli Stati Uniti ed in Europa Alcune di queste iniziate sono riassumibili negli schemi seguenti.
Negli Stati Uniti prevalgono le esperienze sugli effetti dell’assorbimento cutaneo e della via mani-bocca nell’ambito della medicina ambientale (intossicazioni infantili da piombo, da pesticidi, da rifiuti pericolosi, ecc.) con:
· una legge del Congresso del 1980 (CERCLA) che promuove la valutazione dei rischi chimici per la popolazione;
· un manuale dell’EPA che è dedicato alla valutazione dell’esposizione cutanea (USEPA, 1992);
· il Food Quality Protection Act del 1996 che impegna l’EPA a quantificare tutte le vie di assorbimento di pesticidi, compresa quella “aggiuntiva” cutanea;
· la costituzione presso il NIOSH (Morgantown, W.V.) di un nuovo laboratorio ed un “Dermal Interest Group” che riunisce ricercatori di vari enti.
In Europa sono da segnalare:
· un workshop sulla esposizione cutanea a Bruxelles nel 1992 sotto gli auspici della International Occupational Hygiene Association) (Marquart et al. 1994);
· il Dermal Exposure Network, varato in un meeting che ha riunito più di 60 ricercatori europei in rappresentanza di 34 strutture scientifiche, (Dost, 1995);
· nuove iniziativa nell’ambito della European 5th Framework Quality of Life Programme tendenti ad assegnare il ruolo spettante all’assorbimento cutaneo nel processo di valutazione del rischio occupazionale (Fenske, 2000).
Una indagine conoscitiva del 1998 delDermal Exposure Network segnala che sono da considerare come causa di maggiore rischio per esposizione cutanea i pesticidi, le amine aromatiche e gli idrocarburi policiclici aromatici mentre tra i settori lavorativi riconosciuti a maggior rischio per l’esposizione cutanea sono da segnalare la produzione e l’uso di vernici, l’agricoltura, i saloni per parrucchieri e l’industria della gomma.
3. Uno scenario aggiornato
Riorganizzando tutte le informazioni disponibili si delinea unoscenario nel quale è possibile discernere molte informazioni ed alcune novità.
Per quanto riguarda le informazioni, quelle che appaiono più immediatamente interessanti vengono elencate di seguito:
· è stato stimato che negli anni ’80 oltre 13 milioni di lavoratori negli Stati Uniti erano da considerarsi come potenzialmente esposti alle 95 sostanze alle quali l’OSHA aveva attribuito la “Skin notation” (nei “Permissible Exposure Limits”);
· nella revisione del 1989 della lista OSHA (revocata per azione giudiziaria) le sostanze con “Skin notation” risultavano essere 147;
· il NIOSH assegna 142 “Skin notation” nel proprio elenco di “Reccommended Exposure Limit”;
· l’ACGIH introducendo nella lista dei “Threshold Limit Values” (ad almeno 170 su di un totale di 650 sostanze), la “Skin notation” intende richiamare l’attenzione “al potenziale, importante contributo che può essere apportato alla esposizione complessiva dalla via cutanea, comprese le mucose e gli occhi, sia per contatto con i vapori sia, forse di più grande significato, direttamente per contatto cutaneo con la sostanza";
· proprietà quali "può provocare irritazione, dermatiti, e sensibilizzazione nei lavoratori" non vengono prese in considerazione quando viene assegnata la "Skin notation”;
· ricorrendo alla “Skin notation” si intende allertare il lettore sul fatto che i campionamenti di aria ambientale da soli sono insufficienti per quantificare in maniera accurata l’esposizione e quindi sul fatto che è necessario mettere in atto le più adeguate misure per evitare l’assorbimento cutaneo di quella determinata sostanza;
· considerando complessivamente tutte le liste di “Valori Limite” esistenti risultano 275 in totale le sostanze con la annotazione “Skin” e quindi identificate con il rischio di assorbimento cutaneo;
· si tratta comunque di una non piccola proporzione (circa il 20%) rispetto alle sostanze considerate nelle varie liste, ma molto piccola rispetto ai circa 30.000 composti presenti sul mercato;
· i criteri adottati per stabilire la “Skin notation” sono stati da più autori considerati inconsistenti e spesso scarsamente documentati. Scansetti e collaboratori esaminando la lista dell’ACGIH del 1986 hanno potuto constatare che soltanto per il 54% delle sostanze o prodotti corredati con la “Skin notation” erano disponibili soddisfacenti dati derivanti da esperimenti animali o dalla così detta “esperienza industriale” cioè di tossicologia umana.
· l’ACGIH ha fissato dei Biological Exposure Indices per 36 sostanze chimiche; di questi soltanto 15 si riferiscono a sostanze dotate di “Skin notation”.
Per quanto riguarda le novità che spiccano nello scenario generale esse possono essere così riassunte:
· si tende a realizzare un maggior controllo delle esposizioni per via inalatoria;
· si pone più attenzione alla valutazione della esposizione totale;
· si sono accresciute le conoscenze riguardanti i meccanismi e gli effetti dell’assorbimento cutaneo;
· gli studi effettuati e quelli in atto sull’esposizione cutanea hanno portato e porteranno a migliori conoscenze sulla anatomia e sulla fisiologia della cute e ad interpretazioni più precise ed utili anche nel campo delle sensibilizzazioni da contatto localizzate e generali e sulla variabilità della suscettibilità individuale;
· sono stati sperimentati metodi innovativi e più rigorosi per quanto riguarda il disegno degli studi per tenere in debito conto i molti fattori che entrano in gioco, anche mediante vasti studi epidemiologici (l’”Agricultural Health Study” americano che ha arruolato 70.000 individui);
· Il dibattito sui vari aspetti dell’assorbimento cutaneo richiama l’attenzione sulla necessità di applicare comunque, da subito, coerenti misure preventive;
· al riconoscimento delle vie di assorbimento (più spesso che in passato, almeno in alcune realtà produttive) fa seguito il controllo del rischio e la valutazione dei risultati preventivi.
4. L’esposizione cutanea
In riferimento agli effetti che possono derivare da una esposizione, il “rischio cutaneo” può essere classificato come irritazione primaria, sensibilizzazione allergica, fotosensibilizzazione, carcinogenesi cutanea e come assorbimento cutaneo (ad esempio per le sostanze con “skin notation”, ma non soltanto per queste). Come è noto, tre sono i principali meccanismi che stanno alla base della esposizione cutanea, il contatto diretto (come nel caso di spruzzi o di immersione), il contatto indiretto attraverso una superficie contaminata, e la deposizione sulla pelle di una sostanza originariamente sotto forma di vapore oppure di aerosol. Aerosol di diametro superiore ai 50 µm sono realizzati intenzionalmente (come nel caso della verniciatura a spruzzo) od incidentalmente (come nel caso dell’uso degli oli lubrorefrigeranti) e tendono a ricadere sul lavoratore seguendo movimenti browniani. Nel caso di alcune tipi di nebbie l’acqua o i solventi organici che fungono da veicoli tendono ad evaporare in breve tempo lasciando sulle superfici e quindi disponibili per il contatto cutaneo più piccoli ma maggiormente concentrati agglomerati di sostanze tossiche.
I metodi per il controllo delle esposizioni cutanee sono sostanzialmente distinguibili in metodi diretti ed in metodi indiretti:
· la sostituzione con una sostanza meno tossica è quasi sempre una buona opzione, purchè il prodotto sostitutivo non sia dotato di una maggiore volatilità;
· un impegno particolare deve essere sempre riservato nel ridisegnare il processo lavorativo e questo in particolare per evitare gli schizzi e l’immersione delle mani;
· le protezioni personali e quindi i guanti e gli abiti da lavoro devono essere considerati come l’ultima opzione o meglio come una opzione supplementare, tendente ad ottimizzare il controllo della esposizione cutanea messo in atto con altre misure tecniche ed impiantistiche.
Gli strumenti per quantificare l’esposizione cutanea, la sua importanza in relazione a quella aerea, e quindi l’efficacia delle misure preventive adottate risultano ancora limitati e comunque non possono essere considerate conclusive le metodologie oggi più usate e che possono essere ricondotte alle seguenti:
· Modello di esposizione dermica (Quantitative Structure-Activity Relationship) di tipo teorico (Fiserova-Bergerova, 1990)
· Modelli di esposizione (QSAR) basati anche su alcuni dati sperimentali (Guy e Potts, 1993; Barrat, 1994; Sartorelli et al., 1998)
· Modello multicompartimentaleper la misura della contaminazione cutanea (Schneider et al, 1999)
Sono stati proposti anche dei “Limiti di Esposizione Cutanea Professionale” (DOEL) ma appaiono ancora non superate alcune difficoltà soprattutto operative che si incontrano nelle fasi nelle quali si sviluppa il processo della loro definizione; esempi di tali difficoltà sono costituiti dalla necessità di individuare la superficie cutanea effettivamente “esposta”, dalla esigenza di standardizzare le tecniche per la misurazione della “contaminazione” cutanea, dalla ottimizzazione delle tecniche per la determinazione nell’uomo del “passaggio transcutaneo” delle singole sostanze e dei composti che le contengono, dalla variabilità della “permeabilità” delle diverse regioni cutanee del corpo ed infine, ma non meno importante, dalla variabilità interindividuale delle permeabilità delle varie regioni cutanee.
5. La scelta dei Dispositivi di Protezione Individuale per la cute
Il processo finalizzato alla selezione dei più appropriati Dispositivi di Protezione Individuale è tutt’altro che banale. Quelli che seguono sono alcuni dei fattori che debbono essere attentamente considerati per la selezione nel caso dei guanti:
· genere di sostanza o sostanze che devono essere manipolate o usate
· frequenza e durata del contatto
· tipo di contatto (immersione totale, spruzzi, nebbie, superficie contaminate)
· grado di concentrazione della sostanza
· temperatura
· condizioni della pelle in riferimento alla sua integrità ed ai pericoli per la sua integrità
· estensione della superficie cutanea che deve essere protetta (mani, avambracci, bracci)
· destrezza richiesta per quella data mansione
· tipo di contatto od impugnatura previsti (umido, secco, oleoso)
· caratteristiche dei guanti (bordo superiore, fodera, colore che evidenzi la contaminazione)
· protezione termica
· taglia ed altre condizioni di comfort
· costo
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