Inventario
Profilassi ambientale nel bambino con patologia allergica.
Negli ultimi trent'anni si è assistito ad un progressivo e diffuso aumento della prevalenza delle malattie allergiche: asma, rinocongiuntivite, eczema (1, 2). Si stima che circa 1/3 della popolazione dei Paesi sviluppati ne sia affetto. Parallelamente si è osservato un crescente interesse ad identificare le cause di tale fenomeno, così da realizzare, in un secondo tempo, strategie efficaci di prevenzione primaria, con l'obiettivo di prevenire nuove sensibilizzazioni e lo sviluppo di malattia (3). L'attenzione si è incentrata sui cambiamenti delle abitazioni e il maggior tempo speso al loro interno con prolungamento dell'esposizione a diversi allergeni e sui cambiamenti nella dieta, nell'uso di antibiotici e nello spettro di infezioni più comuni nell'infanzia. È molto probabile che tutto ciò abbia portato complessivamente ad una modificazione della reattività immunologica, per cui una porzione rilevante della popolazione occidentale presenta una risposta linfocitaria prevalentemente di tipo TH-2 cui si accompagna la produzione di IgE specifiche per aeroallergeni (4, 5). La patogenesi delle malattie allergiche è solo in minima parte nota e per il momento è possibile attuare prevalentemente programmi di prevenzione secondaria e terziaria volti, rispettivamente, a prevenire la comparsa dei sintomi, le riesacerbazioni e le complicanze e a migliorare la qualità di vita del paziente. Ciò è possibile agendo sui fattori di rischio noti quali l'esposizione agli allergeni, il fumo di sigaretta, una dieta inappropriata ed altri fattori tipici dello stile di vita di tipo occidentale.
In particolare, l'esposizione agli allergeni è il fattore più direttamente coinvolto sia nel processo di sensibilizzazione che nello scatenamento dei sintomi in soggetti già sensibilizzati (6, 7, 8).
Esposizione agli allergeni e sensibilizzazione.
Gli allergeni cui si associa il rischio maggiore di asma, variano da una regione geografica all'altra. Il rischio di asma cronico sembra però più strettamente associato agli allergeni domestici (9). Nelle regioni a clima temperato-umido, gli allergeni più comunemente in causa nell'asma sono quelli degli acari della polvere (3, 9, 11). Altre fonti importanti di allergeni domestici sono gli animali, le muffe e gli scarafaggi.
Fino ad oggi sono stati compiuti vari tentativi di definire, per i vari allergeni, i diversi livelli di concentrazione responsabili della sensibilizzazione o dello scatenamento dei sintomi in soggetti precedentemente sensibilizzati. Tuttavia, la suscettibilità alla sensibilizzazione varia da una persona all'altra e non esistono livelli di esposizione "sicuri", né per gli allergeni degli acari (12, 13-15), né per quelli del gatto (15).
Recentemente è stato messo in discussione il ruolo dell'esposizione al gatto nello sviluppo di sensibilizzazione e malattia allergica. Roost e collaboratori (16) e prima ancora altri autori (17), hanno evidenziato che il contatto con il gatto fin dai primi anni di vita si associa ad una ridotta prevalenza di sensibilizzazione e di rinite ed asma allergici nell’adulto. È pur vero tuttavia che gli stessi autori hanno evidenziato una correlazione positiva tra numero di famiglie nella comunità che possiedono l’animale in casa e prevalenza di sensibilizzazione, asma e malattie allergiche nella popolazione. Una spiegazione plausibile di tale osservazione è che il contatto stretto con l’animale induce tolleranza verso i suoi allergeni (18). Tale meccanismo sembra essere sostenuto da una prevalenza di cloni linfocitari TH-1, con un’elevata espressione di INF-g(19, 20) e dalla produzione di IgG, in particolare IgG4, non accompagnata dalla produzione di IgE (21). Tale profilo immuniatrio, più evidente per esposizione a concentrazioni di Fel d1 ³23mg/g di polvere, costituisce una risposta di tipo TH-2 modificata. L’ipotesi dello sviluppo di tolleranza può spiegare come i bambini cresciuti a contatto con il gatto nel primo anno di vita mostrino una frequenza ridotta di prick test positivi per l'allergene del gatto all'età di 12-13 anni (17). L’effetto protettivo dell’esposizione precoce al gatto parrebbe limitarsi ai primi sei anni di vita (32). Dopo tale periodo la prevalenza di sensibilizzazione aumenta nei soggetti esposti. Inoltre, l’effetto protettivo osservato nei primi anni di vita potrebbe essere collegato ad un errore di selezione del campione di popolazione considerato. Infatti, è stato documentato che le famiglie con anamnesi positiva per atopia tendono a non possedere animali domestici (23). In particolare è stato osservato che la probabilità che due genitori atopici tengano un gatto in casa è molto bassa, con una odd ratio di 0.46 rispetto ai soggetti non atopici (24). È quindi lecito chiedersi se la sensibilizzazione sia legata più a fattori genetici o ambientali e quanto i dati pubblicati sino ad ora siano inficiati da bias di selezione.
Natura degli allergeni e loro distribuzione nell'ambiente domestico
Gli allergeni degli acari, denominati Der p1-9 e Der f1-2-3-5-6, sono veicolati prevalentemente da particelle di diametro ³10mm. Una quota minore di tali allergeni (Der p2) è veicolata da particelle di diametro <5mm che possono penetrare in profondità lungo l'albero tracheobronchiale ed indurre infiammazione in soggetti allergici (25).
Gli allergeni del cane e del gatto (Can f1, Fel d1) sono prodotti a livello delle ghiandole sebacee, ma si trovano anche nella saliva e nell'urina dell'animale. Essi sono veicolati da particelle di diametro compreso tra 0.2mm e 5mm (26, 27) e possono rimanere sospesi in aria per giorni (28, 29).
Si tratta di particelle che aderiscono bene agli indumenti potendo essere trasportate da un luogo ad un altro con il semplice spostamento delle persone. Questo spiega come un soggetto allergico al cane o al gatto possa avere una reazione anche in un ambiente privo dell'animale in causa e come la sensibilizzazione possa avvenire anche in assenza dell'animale in casa (30, 31-34).
Gli allergeni degli scarafaggi sono associati a particelle di diametro >10mm che si trovano sospesi in aria solo dopo aerodispersione vigorosa della polvere (37). L'allergia a questi insetti si associa ad un rischio importante di asma in molte popolazioni urbane soprattutto non europee (38-42).
All’interno delle abitazioni, le sedi che contengono il maggior numero di acari e le maggiori concentrazioni dei loro allergeni, sono:
- materassi;
- cuscini;
- tappeti;
- mobili imbottiti (43, 44);
- giocattoli di pezza o peluche;
- indumenti.
Ricordiamo che l'allergene si trova anche in luoghi non colonizzati da acari vivi.
Tra i fattori cui si associano le maggiori concentrazioni di acari vi sono:
- l'umidità elevata dell'aria (45-47);
- il piano dell'abitazione, con le concentrazioni maggiori riscontrate ai piani più bassi (48, 49);
- la scarsa ventilazione dell'ambiente (45, 46, 49);
- la presenza di muffe (48);
- l'uso di tappeti e moquettes piuttosto che di pavimenti lisci (46, 50);
- la densità degli occupanti l'abitazione (46, 51).
- la presenza di animali domestici (51).
Tabella 1: suggerimenti per ridurre l'esposizione agli allergeni degli acari della polvere
- usare coprimaterassi e copricuscini in materiale impermeabile agli allergeni ma permeabile al vapore (per maggiori informazioni vedi www.envicon.it); - lavare le lenzuola a 60°C; - coprimaterasso e copricuscino devono essere lavati ogni 2-3 mesi a 55-60°C; - è preferibile rifare il letto nel pomeriggio piuttosto che al mattino per consentire una maggiore ventilazione di letto e lenzuola; - eliminare o ridurre il più possibile peluche, libri e altri piccoli oggetti che possono raccogliere polvere e se possibile tenerli nell'armadio; - conservare gli abiti negli armadi in appositi sacchi di plastica; - ridurre il più possibile l'umidità in casa anche con l'ausilio di condizionatori o deumidificatori o migliorando la ventilazione dell'ambiente. Mantenere la temperatura dell'ambiente in cui si vive non superiore ai 18-20°C; - dotare la cucina di una cappa aspirante. Areare bene la stanza da bagno o usare una ventola dopo la doccia o altra attività domestica che produce vapore; - eliminare tappeti e moquette, ai quali vanno preferiti pavimenti in ceramica, marmo o legno. In alternativa i tappeti devono essere puliti almeno una volta alla settimana con vapore ad alte temperature ed aspirapolveri dotate di filtri ad alta efficienza; - preferire mobili in legno o altri materiali a quelli imbottiti; - usare tende leggere e lavarle frequentemente; - nelle abitazioni a più piani preferire gli appartamenti ai piani superiori in quanto meno umidi.
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Ruolo della profilassi ambientale
L'interesse per la profilassi ambientale nasce dall'evidenza di una stretta correlazione tra esposizione all'allergene, specie per quanto riguarda gli acari della polvere ed accentuazione di asma o altre malattie allergiche nei soggetti sensibili. Attualmente la profilassi ambientale può intendersi finalizzata ai tre tipi di prevenzione: primaria, secondaria e terziaria.
Prevenzione primaria
Mira a prevenire l'insorgenza della sensibilizzazione e conseguentemente della malattia allergica. Due studi longitudinali, l’uno svoltosi sull’Isola di Wight (55) e l’altro in Canada (56), hanno già dato risultati significativi sull’efficacia della profilassi ambientale, attuata nei primissimi anni di vita, nel ridurre la prevalenza di sensibilizzazione e di asma in età successive. In entrambi gli studi, numerosi bambini con familiarità per atopia e, quindi, particolarmente a rischio di sviluppo di allergia ed asma, sono stati, sin dalla nascita, suddivisi in gruppi di controllo e in gruppi sottoposti a programmi di allontanamento dai principali allergeni alimentari e dagli acari.
Il confronto tra i due gruppi ad età successive - fino ad otto anni nello studio inglese (57) - ha evidenziato una minore prevalenza di sensibilizzazione agli acari e ad altri allergeni, di asma e di altre malattie allergiche nei gruppi sottoposti a programmi di profilassi rispetto ai gruppi di controllo.
Lo studio inglese ha dimostrato una riduzione assoluta della prevalenza di asma dell’11% e lo studio canadese del 5%.
C'è dibattito anche su quale sia l'epoca cruciale per lo sviluppo di sensibilizzazione. Secondo alcuni, essa si instaura già durante la vita intrauterina (58, 59), secondo altri solo dopo la nascita (60).
A tal riguardo, Custovic e collaboratori hanno condotto uno studio prospettico sull’efficacia della profilassi ambientale attuata dalle famiglie durante la gravidanza e, successivamente, nel primo anno di vita del bambino come programma di prevenzione primaria (61).
Gli autori (62) hanno assegnato le oltre 600 coppie aderenti al progetto a diversi gruppi in base a:
- presenza di allergia in nessuno, uno o entrambi i partner;
- possesso di cani o gatti
- attuazione o meno di norme di profilassi ambientale.
A dodici mesi di distanza dalla nascita dei bambini, gli autori hanno riscontrato un’incidenza significativamente minore di sintomi respiratori e di sensibilizzazione al gatto ed agli acari nei soggetti appartenenti ai gruppi attivi (sottoposti ad allontanamento dagli allergeni), rispetto ai controlli con un rischio relativo per respiro sibilante grave di 0.44.
I dati raccolti dimostrano, inoltre, una relazione di tipo dose-risposta tra esposizione al gatto e sensibilizzazione ad esso, almeno per quanto riguarda il primo anno di vita
Prevenzione secondaria
Mira a prevenire la comparsa dei sintomi nei soggetti sensibili basandosi sul presupposto che l'esposizione all'allergene ha un ruolo fondamentale sia nella induzione, sia nella cronicizzazione della malattia (63). Ne è una prova l'esposizione continua agli allergeni occupazionali nell'ambiente di lavoro e l'aumentato rischio di asma persistente cui essa si associa (64).
Per quanto riguarda l'età pediatrica è stato dimostrato che l'attuazione di misure di profilassi ambientale antiacari (coprimaterasso, copricuscino, copricoperta) in bambini con dermatite atopica e sensibili ad allergeni alimentari (e quindi ad alto rischio di sviluppare sensibilità agli acari ed asma), riduce la prevalenza di sensibilizzazione agli acari e di asma nei soggetti trattati rispetto al gruppo di controllo (65).
Per di più una profilassi condotta efficacemente ed in epoca precoce si può determinare la riduzione-scomparsa della sensibilizzazione agli acari (63).
Prevenzione terziaria
Mira a prevenire le complicazioni a distanza della cronicizzazione della malattia e a migliorare la qualità di vita dei pazienti.
È stato provato che l'attuazione di programmi di profilassi ambientale porta ad un'effettiva riduzione dell'iperreattività bronchiale (66, 67), delle fluttuazioni del PEF (68), del danno a carico dell'epitelio bronchiale (69) e ad un potenziamento dell'efficacia dell'immunoterapia (70).
Essa consente, inoltre, di ottenere una riduzione del fabbisogno di farmaci per il controllo dell'asma, un miglioramento della funzionalità respiratoria ed una riduzione del livello di IgE sieriche (71) .
In conclusione non vi sono dubbi sull'importanza della profilassi ambientale nei soggetti sensibili sintomatici per cui essa deve essere considerata una terapia anti-infiammatoria di primaria importanza (6, 7, 11, 72, 73).
Come ridurre l'esposizione agli allergeni degli acari
I tessuti barriera
Di diversa natura, presentano una trama più o meno fitta da cui dipendono:
a) la capacità di trattenere le particelle che veicolano l'allergene;
b) il grado di permeabilità ad aria e vapore che li rendono più confortevoli ed igienici (74). In particolare i tessuti semipermeabili differiscono tra di loro per il diametro dei loro micropori: un diametro compreso tra 6 e 10mm previene il passaggio degli allergeni degli acari mentre un diametro <6mm è efficace nel bloccare il passaggio dell'allergene del gatto.
Il bucato
Gli allergeni degli acari e del gatto sono solubili in acqua (75, 76). La semplice azione del lavaggio asporta la maggior parte della polvere e dell'allergene (77). I risultati migliori si hanno con temperature superiori ai 55-60°C. L'alta temperatura ha infatti un potere acaricida superiore a quello attribuibile a detergenti e ad acaricidi (77). L'asciugatura dei panni dovrebbe avvenire preferibilmente all'aria aperta, al sole o in asciugatrice.
Gli aspirapolvere
Il problema connesso all'uso dell'aspirapolvere è l'aerodispersione degli allergeni dovuta sia all'azione meccanica delle spazzole usate, sia alla quota di particelle che sfugge al filtro di aspirazione. Il fenomeno è controllabile con l'uso di aspirapolvere dotati di filtro ad acqua e/o di filtri ad alta efficienza (78-80). Neanche i migliori aspirapolvere possono però rimuovere gli acari vivi, né prevenire l'accumularsi di detriti (81). Per tale motivo può risultare utile l'uso combinato della pulizia con vapore e dell'aspirapolvere (79, 82). Gli aspirapolvere ad alta efficienza possono, comunque, ridurre la concentrazione degli allergeni del gatto e migliorare la funzionalità respiratoria e l'iperreattività bronchiale nei soggetti sensibili (83).
Come ridurre l'esposizione agli allergeni degli animali domestici
Se non si vuole rinunciare alla loro compagnia occorre adottare alcuni accorgimenti. Lavando cani e gatti con acqua è possibile ridurre la loro carica allergenica, anche in maniera significativa, ma solo per alcuni giorni (84, 85). Per questo bisognerebbe lavarli due volte alla settimana (84). Molto utile è anche l’impiego di tessuti barriera nella camera da letto di chi è sensibile al gatto e ne possiede uno (86).
Tabella 2: suggerimenti per ridurre l'esposizione agli allergeni degli animali domestici
- quando non è possibile allontanare l'animale dall'abitazione è opportuno non farlo entrare nella camera da letto del soggetto allergico; - lavare frequentemente gli indumenti; - usare appositi tessuti, impermeabili agli allergeni ma permeabili al vapore per ricoprire materassi, cuscini e piumoni; - con lo stesso materiale usato come coprimaterasso è utile rivestire anche il divano e le poltrone imbottite. In alternativa sono preferibili divano e poltrone in pelle; - lavare frequentemente gli indumenti in quanto veicolo e serbatoio per gli allergeni; - usare aspirapolvere dotati di filtri ad alta efficienza; - rispettare le norme generali già suggerite riguardo la riduzione dell'esposizione agli acari; - eliminare tappeti e tappezzeria pesante.
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Come ridurre l'esposizione agli allergeni degli scarafaggi
Gli allergeni degli scarafaggi si accumulano ovunque in casa - dove possono persistere anche per anni dopo che gli insetti sono stati eliminati (87). Gli scarafaggi riescono ad annidarsi molto bene nei posti più nascosti e per questo sono difficilmente raggiungibili dagli insetticidi. Inoltre, gli stessi spray insetticidi possono essere particolarmente irritanti per un soggetto asmatico, per cui andrebbero evitati.
Come ridurre l’esposizione alle muffe
La presenza di muffe in casa è strettamente correlata al grado di umidità e ventilazione presenti. Risultati soddisfacenti si ottengono con l'uso di deumidificatori e depuratori d'aria. I primi dovrebbero assicurare un'umidità pari o inferiore al 50%; i secondi possono essere efficaci nel rimuovere le spore delle muffe.
Tabella 3: suggerimenti per ridurre l'esposizione alle muffe
- ridurre il più possibile l'umidità dell'ambiente in cui si vive. Assicurare una buona ventilazione dell'abitazione. Non usare umidificatori. Se necessario usare condizionatori e deumidificatori; - eliminare le infiltrazioni d'acqua; - è utile ridurre il numero di piante in casa anche se fonte minore di umidità; - dotare la cucina di una cappa aspirante con apertura verso l'esterno; - una lampadina o prodotti chimici che rimuovono le muffe possono prevenire la crescita delle stesse negli armadi a muro; - il soggetto allergico deve evitare di tagliare l'erba o di rastrellare le foglie cadute in giardino; - evitare i luoghi particolarmente umidi (boschi, serre, saune, ecc.) in quanto a rischio di aumentata esposizione alle muffe.
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Conclusioni
La bonifica ambientale permette un reale e, talora, cospicuo miglioramento dei sintomi in pazienti allergici, siano essi affetti da asma, rinite o dermatite atopica. Tuttavia, se risulta facilmente evidente la relazione tra la malattia e l'esposizione ad alcuni allergeni, specie alimentari o veleno di insetti, la relazione tra esposizione cronica agli allergeni, in particolare quelli domestici e malattia può risultare meno ovvia. Per questo occorre rendere i soggetti allergici ed i loro familiari sempre più coscienti delle potenzialità della profilassi ambientale.
Spiegando loro quali sono gli allergeni cui si è maggiormente esposti in casa, il ruolo che tale esposizione ha nella eziopatogenesi della malattia allergica e nella sua cronicizzazione e la distribuzione degli allergeni stessi, si otterrà facilmente l'adesione a programmi di bonifica ambientale. Se correttamente informati, i pazienti allergici sono in genere disposti ad applicare attentamente le norme per la bonifica ambientale, soddisfatti di poter avere un ruolo attivo nella gestione della propria malattia senza sottovalutare i benefici che tale atteggiamento può apportare al modo di accettare la patologia stessa .
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