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Sostanze sensibilizzanti nei tessuti.
Tra gli allergeni più frequentemente in causa nelle dermatiti da contatto da tessuti vanno annoverati i coloranti utilizzati per tingere le fibre tessili, le sostanze di finissaggio e, più raramente, quelle antifiamma, antiossidanti e fotoprotettrici . Una dermatite allergica da contatto da capi di abbigliamento, inoltre, può essere dovuta agli accessori in gomma o metallo degli indumenti nei pazienti sensibilizzati, rispettivamente, agli allergeni della gomma o al nichel.
Le resine di finissaggio impiegate per conferire particolari proprietà ai tessuti (sofficità, mantenimento delle piega, impermeabilità, rigidezza, resistenza al restringimento, solidità ai colori) possono essere ottenute o da derivati ciclici dell’urea o dalla condensazione di formaldeide con urea oppure melanina. In passato gran parte delle reazioni allergiche da resine di finissaggio era causata dalla formaldeide liberata dalle stesse in grande quantità. Attualmente, invece, in seguito alle modifiche tecnologiche apportate ai processi produttivi dei tessuti, va diminuendo l’incidenza delle risposte positive alla formaldeide e aumentando quella delle reazioni alle resine come tali. La prevalenza dell’allergia alle resine tessili è stata finora scarsamente indagata (1). Nei pazienti affetti da eczema sono state riportate frequenze di 1.2% e 2.4% di sensibilizzazione alle resine formaldeidiche. Raramente, anche le resine epossidiche, presenti nelle etichette, possono provocare allergia da contatto agli indumenti.
La maggior parte dei casi segnalati di dermatite da capi di vestiario è, tuttavia, da attribuire ai coloranti utilizzati per tingere le fibre tessili. Questi sono classificati in base al comportamento tintoriale e alle condizioni di applicazione (coloranti acidi al cromo, premetallizzati, diretti, allo zolfo, azoici a sviluppo su fibra) o in base alla composizione chimica (coloranti a pigmento speciali, a legante resinoso, a tino, basici, acidi, reattivi). A ciascun gruppo tintoriale appartengono classi diverse di composti chimici e viceversa. Gran parte dei coloranti per tessuto è compresa nel Color Index (riferimento enciclopedico edito dall’American Association of Textile Chemists e dalla British Society of Dyers and Colourists), che elenca circa 7-8000 sostanze utilizzate per tingere tessuti, carta, alimenti e cuoio.
I coloranti tessili più frequentemente sensibilizzanti appartengono al gruppo dei dispersi (disperso arancio 3, disperso blu 124, disperso blu 106, disperso giallo 3, disperso rosso 1). Sono costituiti da strutture cromogene prive di gruppi polari solubilizzanti, per cui in acqua si disperdono, ma non si sciolgono; formano legami poco stabili con le fibre sintetiche, sono liposolubili e facilmente assorbiti attraverso la cute.
La dermatite da coloranti per tessuto si osserva più di frequente nel sesso femminile: sono prevalentemente colpite donne di età superiore ai 40 anni, in sovrappeso e con iperidrosi ascellare. Il colorante viene trasferito dal tessuto alla cute, in genere per contatto diretto, soprattutto nelle aree di frizione, ma può talvolta passare attraverso un indumento sottostante. La sudorazione, la frizione e il sovrappeso costituiscono fattori favorenti la sensibilizzazione.
La diagnosi di dermatite da coloranti tessili comporta numerose difficoltà. L’indagine anamnestica è, infatti, di modesto aiuto, perché i pazienti non sono generalmente in grado di attribuire la dermatite all’uso di particolari capi di vestiario, anche se, in uno studio condotto su 100 soggetti sensibilizzati ai coloranti dispersi, il 53% segnalava reazioni di “intolleranza” agli indumenti (1). Il quadro clinico della dermatite può essere aspecifico o atipico. I casi occupazionali presentano lesioni eritematodesquamative ragadizzate o di tipo disidrosico, localizzate prevalentemente alla superficie dorsale delle mani e agli avambracci. Nelle forme extraprofessionali sono interessati i pilastri ascellari, le pieghe flessorie degli arti, i polsi, il collo e la superficie interna delle cosce. Le lesioni possono essere eritemato-papulose con desquamazione pitiriasica, a tipo eczem-prurigo, iperpigmentate o eritematoedematose a margine figurato.
Nonostante le segnalazioni di casi di sensibilizzazione ai coloranti tessili siano in aumento, non è nota la reale dimensione del problema. Test predittivi non vengono, infatti, eseguiti e nelle serie standard per patch test non sono stati finora testati i coloranti tessili, tranne che in Italia e in Portogallo.
A Modena, in particolare, i coloranti dispersi sono stati inclusi nella serie standard per patch test già dal 1988, consentendoci così di disporre di un’ampia casistica sull’argomento, basata sullo studio di circa 15500 pazienti.
Fra 2752 soggetti sottoposti a test epicutanei per sospetta dermatite allergica da contatto dal 1988 al 1990, abbiamo identificato 100 pazienti positivi ai dispersi, di cui 82 donne e 18 uomini, di età compresa tra 3 e 78 anni (2). Nei 36 soggetti esposti professionalmente ai tessuti le mani erano interessate nel 40% dei casi. Il 24% di tali pazienti risultava sensibilizzato solo ai dispersi e il 14% ad un unico colorante.
In un successivo studio su 6203 pazienti, testati consecutivamente nel periodo 1990-1995, abbiamo indagato le reazioni crociate tra 6 coloranti azoici inclusi nella nostra serie standard e la parafenilendiamina (3). Sono risultati sensibilizzati ad almeno uno dei coloranti impiegati 236 soggetti: 107 al disperso arancio 3, 104 al disperso blu 124, 76 al p-aminoazobenzene, 67 al disperso rosso 1, 42 al disperso giallo 3 e 31 al para-dimetilaminoazobenzene. Co-sensibilizzazioni alla parafenilendiamina erano presenti nella maggior parte dei pazienti positivi al disperso arancio 3 (66%) e al paminoazobenzene (75%) e solo nel 16% di quelli sensibilizzati al disperso blu 124.
Abbiamo individuato pertanto nella nostra popolazione due sottogruppi: soggetti sensibili al disperso arancio 3 e soggetti sensibili al disperso blu 124. Caratteristiche prevalenti nei primi sono il coinvolgimento delle mani, l’esposizione professionale e l’intolleranza alle tinture per capelli, la frequente cross-reattività con parafenilendiamina, p-aminoazobenzene e p-dimetilaminoazobenzene. Nella sottopopolazione dei sensibili al disperso blu 124 si osservano, invece, l’interessamento delle pieghe, la frequente rilevanza clinica dei risultati del patch test e un’anamnesi positiva per intolleranza ai tessuti. Le reazioni crociate tra i coloranti azoici e i p-aminocomposti possono essere parzialmente spiegate sulla base delle affinità strutturali.
Nel quinquennio 1996-2000 abbiamo osservato una frequenza di sensibilizzazione ai coloranti dispersi del 6.7% su 6478 soggetti con sospetta dermatite allergica da contatto sottoposti a patch test (4). Il disperso blu 106 (196 casi), il disperso blu 124 (193 casi) e il disperso arancio 3 (143 casi) hanno dato il maggior numero di risposte positive. Dei 437 pazienti sensibilizzati ai dispersi, 50 soggetti, soprattutto positivi ai coloranti blu, mostravano lesioni atipiche sia per l’aspetto clinico che per la localizzazione e 49 presentavano risposte positive solo ai coloranti tessili e non ad altri allergeni della serie standard.
A conferma di quanto precedentemente riportato, i nostri dati mostrano una frequente cross-reattività fra parafenilendiamina e disperso arancio 3, paminoazobenzene e p-dimetilaminoazobenzene nonchè una buona concordanza tra risposte positive al disperso blu 106 e disperso blu 124. Prendendo in considerazione, inoltre, la prevalenza di sensibilizzazione per singolo anno, abbiamo osservato un incremento significativo dell’allergia da contatto ai dispersi dal 1996 al 2000.
Alcuni casi di dermatite da coloranti tessili possono sfuggire alla diagnosi per la mancata disponibilità nelle serie standard di altri coloranti oltre ai dispersi. E’ stata riportata una percentuale di sensibilizzazione dello 0,88% in 1814 pazienti sottoposti a test epicutanei con 5 azocomposti non dispersi, utilizzati per la tintura di fibre naturali (5). Su una popolazione di 1813 soggetti con dermatite, testati con 12 coloranti reattivi per fibre naturali, abbiamo osservato reazioni positive in 18 casi (0,99%), di cui 5 di rilevanza accertata (6).
A complicare la diagnosi di allergia da contatto ai tessuti contribuiscono anche le scarse indicazioni bibliografiche e informazioni merceologiche sugli allergeni, oltre al fatto che i coloranti non siano tutti elencati nel Color Index o con formula chimica disponibile e possano avere più nomi commerciali. Risulta, inoltre, impegnativo verificare la rilevanza delle positività riscontrate ai patch test attraverso l’estrazione del colorante dal tessuto e la sua identificazione. Occorre anche considerare che i dispersi utilizzati per la testificazione spesso non sono puri ed è perciò difficile stabilire correlazioni conclusive con i risultati dei test epicutanei.
Per affrontare in modo più valido il problema della dermatite da coloranti tessili sono necessari collegamento e cooperazione con l’industria al fine di ottenere informazioni merceologiche più precise. Sarebbe, inoltre, utile un’etichettatura adeguata sui capi di abbigliamento, nonché avere accesso alle formule chimiche in casi clinici particolari ed eseguire test predittivi per il potere allergenico dei coloranti immessi sul mercato.
Bibliografia
1) Hatch KL, Maibach HI. Textile dermatitis: an update (I). Resins, additives and fibers. Contact Dermatitis 1995: 32: 319-326.
2) Seidenari S, Manzini BM, Danese P. Contact sensitization to textile dyes: description of 100 subjects. Contact Dermatitis 1991: 24: 253-258.
3) Seidenari S, Mantovani L, Manzini BM, Pignatti M. Cross-sensitizations between azo dyes and para-amino compound. Contact Dermatitis 1997: 36: 91-96.
4) Seidenari S, dati non pubblicati.
5) Seidenari S, Manzini BM, Schiavi ME, Motolese A. Prevalence of contact allergy to non-disperse azo dyes for natural fibers: a study in 1814 consecutive patients. Contact Dermatitis 1995: 33: 118-122.
6) Manzini BM, Motolese A, Conti A, Ferdani G, Seidenari S. Sensitization to reactive textile dyes in patients with contact dermatitis. Contact Dermatitis
1996: 34: 172-175.