Inventario
Caratterizzazione di fibre per tessuti vascolari.
Introduzione
Uno dei settori più interessanti di impiego delle tecnofibre, per le applicazioni attuali, per gli sviluppi prevedibili e per la particolare valenza, è il settore biomedicale.
All’interno di questo settore, la fabbricazione di protesi vascolari (o cardiovascolari) rappresenta un’applicazione in cui determinate proprietà delle fibre, come ad esempio la leggerezza, la flessibilità, la stabilità chimica assumono un ruolo determinante.
Protesi vascolari
Per protesi cardiovascolari si intendono i sussidi terapeutici impiegati nel sistema cardiaco o nei vasi sanguigni umani. Per quanto riguarda la loro tipologia, possono essere suddivise essenzialmente in tre classi: le protesi vascolari, le valvole cardiache e il cuore artificiale. In particolare per protesi vascolari si intende la sostituzione di tratti, anche lunghi e di morfologia complessa, di vasi sanguigni, generalmente arteriosi, ma talvolta anche venosi.
Le fibre tessili utilizzate per la fabbricazione di protesi vascolari sono costituite da polimeri sintetici che presentano proprietà meccaniche e chimico-fisiche particolari.
Accanto ai requisiti di stabilità, resistenza meccanica, flessibilità ed elasticità, queste fibre devono possedere caratteristiche di biocompatibilità consistenti essenzialmente nel non innescare il meccanismo della coagulazione e non dar luogo a rilascio di sostanze nocive per l’organismo in cui la protesi viene impiantata.
In particolare, iltermine biocompatibilità indica che il materiale usato nel campo biomedico deve essere inerte nei confronti dell’ambiente fisiologico in cui viene introdotto. La stessa definizione indica che la biocompatibilità del materiale è strettamente legata al tipo di applicazione e di localizzazione del dispositivo biomedico.
Di fronte al contatto di un materiale estraneo con tessuti o fluidi corporei, questi danno una determinata risposta. Il tipo di risposta e la sua intensità dipendono dalla parte del corpo in cui avviene il contatto e danno luogo a un complesso ed integrato sistema di difesa. Le reazioni di difesa possono essere di tipo infiammatorio con l’intervento di leucociti e macrofagi che segregano mucopolisaccaridi e procollageno formando un tessuto fibroso che ricopre il corpo estraneo, oppure di tipo immunitario dovute all’attività antigenica del materiale stesso o di sostanze da esso rilasciate. Si possono verificare, inoltre, l’attivazione del sistema del complemento o fenomeni di cancerogenesi. Ma il fenomeno più importante, e il più pericoloso, é l’attivazione del sistema di coagulazione culminante nella formazione di trombi.
Per evitare o minimizzare l’attivazione di tutti questi fenomeni, il biomateriale deve possedere alcuni requisiti specifici.
Anzitutto, deve essere privo di tossicità dovuta sia al materiale (presenza di metalli pesanti provenienti dai catalizzatori della polimerizzazione) sia a possibili additivi o a prodotti di degradazione o secondari (presenza di dietilenglicole nelle fibre di poliestere), inoltre non deve indurre la formazione di tumori, non deve influenzare il sistema immunitario dell'ospite (non deve cioè indurre né risposte immunitarie né risposte di immuno-soppressione), deve mostrare elevata stabilità meccanica e funzionale per periodi di tempo anche molto lunghi, non deve danneggiare i costituenti corpuscolari o proteici del sangue né i tessuti adiacenti attraverso azioni traumatiche o cito-tossiche e infine non deve indurre la formazione di trombi.
Dall’inizio degli anni cinquanta ad oggi, sono state impiegate fibre poliammidiche, poliesteri, acriliche, modacriliche e fibre a base di politetrafluoroetilene. Attualmente, la chirurgia vascolare dispone di una vasta gamma di possibilità di scelta, ma le protesi in tessuto di fibra poliestere a base di polietilentereftalato sono le più comuni.
Fibre di polietilentereftalato
Il polietilentereftalato è un polimero molto versatile, che si presta ad una quantità di utilizzi in svariati settori; la prima messa a punto del polimero tessile risale al 1941, ad opera degli inglesi Whinfield e Dickson.
In sessant’anni le fibre di polietilentereftalato hanno raggiunto il primato della produzione mondiale, arrivando praticamente ad eguagliare la produzione di cotone (18,9 milioni di tonnellate di poliestere contro 19,2 milioni di tonnellate di cotone nel 2000); previsioni realistiche parlano di 28 milioni di tonnellate nel 2005 (dati Saurer, “The Fiber Year 2000).
Queste fibre sono commercializzate con svariati nomi a seconda del Paese e del fabbricante; i nomi più noti sono Dacron (USA), Terilene (GB), Terital (I), Trevira (D), Tergal (F).
Oggi i principali Paesi produttori sono Cina, Corea del Sud e Taiwan, che insieme forniscono oltre la metà delle fibre poliesteri prodotte nel mondo.
Le ragioni principali del successo di queste fibre, sono da ricercare nel basso costo dei monomeri, nella minore complessità impiantistica e di processo e nella varietà delle forme tessili ottenibili che le rendono adatte a molte applicazioni. Infatti, esse presentano:
- buone proprietà meccaniche (confrontabili con altri fili sintetici), modulabili in funzione dell’orientamento delle macromolecole, cioè dello stiro;
- proprietà elastiche praticamente identiche a secco e ad umido, in conseguenza della scarsissima idrofilia (0,4 % di ripresa);
- elevata resilienza (capacità di assorbire energia senza subire deformazioni permanenti) ed un’inerzia pressoché totale nei confronti di numerosi agenti chimici.
Per essere utilizzate nella fabbricazione di protesi vascolari devono però superare una serie di requisiti abbastanza restrittivi, sia rispetto alle proprietà strutturali, sia relativamente alla concentrazione di sostanze estraneepresenti in conseguenza dei processi di fabbricazione, con particolare riguardo per la presenza di metalli pesanti e di dietilenglicole.
La provenienza di tali sostanze nocive è da ricercare nella reazione di produzione del polietilentereftalato.
Il polietilentereftalato è, infatti, ottenuto dalla polimerizzazione dell’acido tereftalico e del glicole etilico; la reazione avviene in stadi successivi, prima con un’esterificazione catalizzata da acetato di manganese, poi con una successiva policondensazione catalizzata da triossido di antimonio, in cui si ottengono dimeri, oligomeri e polimeri a diverso peso molecolare, con formazione di glicole etilenico.
Quest’ultimo forma, per eterificazione, il dimero dietilenglicole, che è un impurezza piuttosto difficile da controllare in questa fase.
I monomeri, l’acido tereftalico e il glicole etilenico, sono ottenuti rispettivamente per ossidazione catalitica del para-xilene ricavato dalla frazione C8 del petrolio, e per ossidazione catalitica dell’etilene e successiva idratazione dell’ossido di etilene. I catalizzatori di questa reazione sono i sali di cobalto e manganese.
Esistono però in commercio fili di poliestere, prodotti per altre applicazioni, che superano i requisiti richiesti almeno per quanto riguarda la presenza di metalli pesanti: sono fili poco opacizzati e con basse quantità residue di catalizzatori.
Opportuni trattamenti di purificazione possono poi eliminare gli oligomeri presenti.
Parte sperimentale
Per quanto concerne il dietilenglicole, in una tesi di Ingegneria del Politecnico di Torino, svolta presso la Sezione di Biella dell’ISM, abbiamo caratterizzato fili di polietilentereftalato commerciali, studiando l’influenza dei processi di stiro sulla quantità residua di questo contaminante.
Lo scopo principale è stato quello di verificare l’eventuale possibilità di ridurne il quantitativo al di sotto della concentrazione ammessa, attraverso successivi trattamenti di stiro a caldo di fili reperiti in commercio.
Lo stiro è un processo che serve a conferire ai fili le proprietà meccaniche desiderate, agendo sulla struttura supermolecolare del polimero.
Il poliestere, che viene filato dalla massa polimerica allo stato fuso, tenderebbe a solidificare in forma amorfa se non fosse sottoposto, a caldo, ad un processo di orientamento delle macromolecole nella direzione dell’asse fibroso, che facilitano la cristallizzazione.
Una stima del grado di orientamento delle macromolecole si ottiene misurando l’anisotropia del polimero mediante i valori di birifrangenza. Impartendo livelli di stiro diversi si ottengono materiali con proprietà strutturali adatte ai diversi impieghi.
Nei moderni impianti lo stiro viene realizzato contemporaneamente alla filatura avvolgendo i fili a velocità altissime, ottenendo fili a grado di orientamento crescente, dai LOY (Low Oriented Yarn) a POY (Partially Oriented Yarn) e HOY (Highly Oriented Yarn), fino a superare 7.000 m/min per i fili completamente orientati (FOY, Fully Oriented Yarn).
I fili al massimo livello di cristallinità, completamente stirati (FDY, Fully Drawn Yarn), vengono però ottenuti normalmente con operazioni di stiro a caldo separate, successive alla filatura.
I risultati del nostro studio, sono riassunti nella tabella in cui vengono confrontati fili di polietilentereftalato commerciali, provenienti dallo stesso impianto di filatura, sottoposti a diversi livelli di stiro:
- fili altamente orientati,
- fili parzialmente orientati,
- fili super-orientati prodotti con un sistema ad altissima velocità di filatura, che sarà brevemente descritto,
- fili stirati in due tempi a partire da fili a basso orientamento (LOY)
- fili stiro-testurizzati.
Il confronto è stato fatto con un filo utilizzato nella fabbricazione di protesi.
Tabella: proprietà chimico-fisiche di fili di polietilentereftalato, sottoposti a diversi livelli di stiro
|
HOY |
POY | HSSDY | FDY | DTY |
Filo per protesi vascolari |
Titolo (dtex) |
78 |
290 |
51 |
82 |
183 |
50 |
Forza a rottura (cN) |
302,6 |
636,4 |
215,9 |
282,7 |
710,2 |
205,4 |
CV forza (%) |
1,5 |
4,22 |
2,07 |
2,77 |
8,49 |
2,9 |
Allungamento (%) |
44,3 |
130,3 |
23,5 |
28,5 |
27,3 |
31,3 |
CV allungamento (%) |
3,14 |
3,52 |
6,71 |
8,94 |
7,01 |
6,7 |
Tenacità (cN/tex) |
38,8 |
21,9 |
42,3 |
34,3 |
38,7 |
41,3 |
Modulo elastico (N/tex) |
605 |
222 |
833 |
694 |
264 |
764 |
Birifrangenza (%) |
0,16 |
0,11 |
0,20 |
0,15 |
- |
0,18 |
Viscosità intrinseca (dl/g) |
0,67 |
0,68 |
0,64 |
0,55 |
0,62 |
0,66 |
Dietilenglic. (moli/100 u.m.) |
2,82 |
- |
0,80 |
- |
- |
0,93 |
In laboratorio sono state misurate proprietà come il titolo, il carico di rottura e l’allungamento, la resistenza specifica o tenacità, il modulo, la birifrangenza come stima dell’orientamento, la viscosità intrinseca del polimero e il contenuto di dietilenglicole.
Come si può notare, rispetto ai valori di accettazione per l’impiego nella fabbricazione di tessuti vascolari:
- i fili parzialmente orientato (POY, Partially Oriented Yarn) e stiro-testurizzato (DTY, Draft Texturized Yarns) non superano i requisiti meccanici richiesti (tenacità e modulo);
- il filo completamente stirato (FDY, Fully Drawn Yarns) a nostra disposizione è stato probabilmente fabbricato con un polimero diverso dagli altri, come si vede dai dati di viscosità intrinseca, e perciò non è confrontabile con gli altri;
- il filo altamente orientato (HOY, Highly Oriented Yarn) non supera i requisiti rispetto al contenuto di dietilenglicole;
- il filo super-orientato (HSSDY High Spinning Super Drawn Yarn) supera ampiamente i requisiti richiesti.
Il processo di fabbricazione del filo HSSDY consiste nel sottoporre filamenti già completamente orientati ad un ulteriore stiro a caldo con surriscaldamento su rulli caldi durante l’avvolgimento.
Il calore fornito in questo modo supera la barriera di energia richiesta dalla rigidità strutturale delle macromolecole di polietilentereftalato, rigidità dovuta alla presenza di anelli aromatici, consentendo la flessibilità di catena necessaria ad orientare al massimo le macromolecole stesse nella direzione dell’asse fibroso. Questo super-orientamento, verificabile dalle misure di birifrangenza, porta ai valori di tenacità più elevati riscontrati nelle nostre prove.
Inoltre, e questo è fondamentale per la nostra applicazione, la permanenza del polimero a temperature elevate in fase di stiro (in aria), consente la riduzione del contenuto di dietilenglicole fino a valori ampiamente al di sotto del limite di accettabilità.
In conclusione, la possibilità di ottenere fibre idonee per la fabbricazione di protesi vascolari mediante post-trattamenti di materiali prodotti in impianti convenzionali, può essere un’alternativa utile ed anche economica nei casi di problemi legati all’approvvigionamento di fili che soddisfino i requisiti richiesti.
Conclusioni
Nel mercato delle fibre di polietilentereftalato, la fabbricazione di protesi vascolari può essere una nicchia di scarso interesse per i fabbricanti di fibre, dati i volumi di prodotto in gioco che rendono antieconomico produrre materiali rispondenti a requisiti così restrittivi nei grandi impianti di produzione.
La possibilità di ottenere fibre idonee per la fabbricazione di protesi vascolari mediante post-trattamenti di materiali prodotti in impianti convenzionali (almeno per quanto riguarda proprietà meccaniche e contenuto di dietilenglicole), può essere un’alternativa utile ed anche economica nei casi di problemi legati all’approvvigionamento di fili che soddisfino i requisiti richiesti.
Bibliografia
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