Inventario
L’importanza della qualità dell’aria negli ambienti di lavoro.
Parafrasando Ludwig Feuerbach(1) (1804-1872) “Der Mensch ist, was er ißt” si può affermare che l’uomo non è solo ciò che mangia, ma anche ciò che respira (ciò che incontra e che manipola).
L’uomo respira sempre, mentre si alimenta solo al bisogno, pertanto la qualità dell’aria è un requisito fondamentale sia nell’ambiente di vita sia in quello lavorativo, pur nell’evidenza che il tempo trascorso al lavoro rappresenta solo un sesto della vita.
Gli effetti dannosi per la salute sono il risultato dell’interazione tra l’aria degli ambienti di lavoro e il lavoratore.
La qualità dell’aria negli ambienti di lavoro risulta quindi condizionata da questi parametri:
- la presenza di inquinanti chimici aerodispersi,
- gli operatori presenti,
- la possibile presenza di sostanze sensibilizzanti tra gli inquinanti chimici aerodispersi.
Esaminando nel dettaglio questi parametri emerge che la composizione normale dell’aria negli ambienti di lavoro può essere alterata dalla presenza di sostanze diverse (polveri, gas, vapori). Queste sostanze sono comunemente chiamate “inquinanti chimici”. La qualità dell’aria degli ambienti di lavoro viene considerata accettabile quando in essa sono presenti inquinanti in concentrazioni inferiori ai valori limite di esposizione professionale.
Il D.Lgs.n°25/2002(2) definisce il valore limite di esposizione professionale come il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento.
I valori limite di esposizione professionale (Threshold Limit Value: TLV)(3) sono le concentrazioni ambientali delle sostanze chimiche alle quali pressoché tutti i lavoratori possono essere ripetutamente esposti senza effetti dannosi per la loro salute. Tuttavia, a causa delle differenze nella suscettibilità individuale, una piccola percentuale di lavoratori può provare disagio per alcune sostanze a concentrazioni pari o inferiori ai TLV. In una piccola percentuale di soggetti si possono poi verificare danni più seri per l’aggravamento di patologie preesistenti o per lo sviluppo di una malattia professionale. Inoltre alcuni individui possono essere ipersuscettibili o insolitamente responsivi ad alcune sostanze chimiche di uso industriale a causa di fattori genetici, età, abitudini di vita, farmaci o per esposizioni pregresse.
I TLV costituiscono quindi una guida essenziale per il controllo efficiente dei rischi chimici negli ambienti di lavoro, si applicano all'esposizione a sostanze chimiche nonché a miscele stabili, ma rappresentano una protezione di tipo statistico, non assoluto. L'obiettivo vero di questo parametro preventivo deve pertanto essere il mantenimento delle concentrazioni degli inquinanti chimici al più basso livello possibile.
I soggetti presenti negli ambienti di lavoro respirano quindi un’aria in cui possono essere presenti degli inquinanti chimici. Gli interscambi tra aria atmosferica e organismi viventi avvengono attraverso vari organi e apparati, fra questi l'apparato respiratorio rappresenta il principale sistema di contatto con l'atmosfera e tutto ciò che in essa è presente.
Un individuo adulto respira(4):
- in condizioni di riposo: dai 6 ai 9 litri di aria al minuto (circa 9-13 metri cubi al giorno);
- durante un’attività fisica moderata: 60 litri al minuto (circa 30m3/turno);
- durante un’attività fisica intensa: 130 litri al minuto (circa 60m3/turno).
Questi volumi d'aria vengono a contatto con una superficie respiratoria che si sviluppa per un’estensione complessiva di ben 130-150 metri quadrati.
Risulta quindi evidente che il semplice rispetto del TLV non rappresenta quindi una misura di prevenzione soddisfacente, poiché non tiene sufficientemente conto della variabilità dei volumi polmonari in relazione all’attività fisica, nonché dell’incertezza delle misure, della variabilità del ciclo lavorativo e della risposta individuale.
È stato quindi introdotto, in Igiene Industriale, il concetto di “livello di azione”(3). In genere esso corrisponde al 50% del TLV-TWA, in analogia con quanto previsto per i PEL OSHA. Esso indica la frazione del TLV al di sopra della quale appare comunque necessario, da parte del datore di lavoro, un intervento migliorativo dell’ambiente occupazionale al fine di rendere più salubre l’aria, onde evitare un’esposizione a rischio per i soggetti. Occorre inoltre considerare che alcuni inquinanti chimici presenti nell’aria possono avere potere sensibilizzante. Vengono definite sensibilizzanti le sostanze ed i preparati che, per inalazione o per contatto/assorbimento cutaneo, possono dar luogo ad una reazione da ipersensibilità per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce reazioni avverse caratteristiche. Queste reazioni si verificano solo in una minoranza degli esposti e, per molte sostanze, non dimostrano una correlazione con la dose.
Negli ultimi anni (1997) l’Associazione degli Igienisti Industriali Americana (AGCIH) ha introdotto l’annotazione SEN (Sensitizer Notation) alle sostanze con dimostrato potere sensibilizzante(3). I TLV indicati per tali sostanze proteggono i lavoratori dall’induzione della sensibilizzazione (primo contatto) ma non i soggetti già precedentemente sensibilizzati.
Si ricorda che la sensibilizzazione polmonare è il risultato dell’interazione di fattori ambientali primari e adiuvanti. Appartengono ai primi la potenza sensibilizzante della sostanza, i livelli di esposizione e la modalità di esposizione, mentre la contemporanea presenza di agenti irritanti costituisce un esempio di fattore adiuvante.
Il potere sensibilizzante varia da sostanza a sostanza, in quanto è legato alla struttura chimica e alle proprietà fisiche, inoltre la stessa sostanza può dare effetti diversi a seconda della specie (animali di laboratorio, uomo).
I livelli di esposizione sono importanti poiché per molti asmogeni è stata dimostrata una relazione dose/effetto e poiché pare essere maggiormente rilevante, per lo sviluppo della sensibilizzazione, l’intensità di esposizione piuttosto che la durata. Inoltre occorre fare una distinzione tra dose sensibilizzante e dose scatenante, in quanto, una volta avvenuta la sensibilizzazione, è sufficiente una dose molto modesta per scatenare la manifestazione acuta, sicuramente inferiore a quella del primo contatto.
Per valutare il potere sensibilizzante intrinseco di una sostanza sono certamente utili le informazioni reperibili sulle schede tecniche e di sicurezza (la frase di rischio R42 – può provocare sensibilizzazione per inalazione- al punto 15 “informazioni sulla regolamentazione”, ma anche al punto 2 “composizione – informazioni sui componenti”), ma spesso non sono esaustive. Occorre quindi avvalersi anche dei dati di letteratura e delle informazioni tossicologiche presenti nella scheda.
Quando si valutano i livelli di esposizione occorre tenere presente che i TLV delle sostanze con l’annotazione SEN proteggono dalla sensibilizzazione, ma non dallo scatenamento e non sono in grado di proteggere i soggetti ipersuscettibili.
Quando si parla in modo generico di qualità dell’aria negli ambienti di lavoro non possiamo dimenticare la qualità dell’aria negli ambienti di vita: è interessante mettere a confronto alcuni inquinanti chimici, le cui concentrazioni sono normate dalla legislazione per la qualità dell’aria ambiente, con i valori limite di esposizione professionale (2,3,5,6,7,8,9,X)
Tabella 1
Sostanza |
Ambiente di lavoro |
Ambiente urbano |
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Valore limite (TWA: 8 ore/giorno) |
Valori limite |
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ACGIH 2002 (3) |
CE |
Lgs.italiana |
Lgs.italiana |
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Benzene |
1590 mg/m3 |
3250 mg/m3 |
3250 mg/m3 (8) D.Lgs. n.66/00 |
10mg/m3 (6) |
Benzo(a)pirene |
A1 |
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1 nanog/m3 (6) |
Particelle |
10000 mg/m3 inalabile <100mm |
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40mg/m3 PM10 (6) |
3000 mg/m3 respirabile <5mm |
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Piombo Pb |
50 mg/m3 |
150 mg/m3(9) |
150 mg/m3 (2) D.Lgs. n.25/02 |
0,5 mg/m3 annuale (7) |
Biossido di azoto NO2 |
5630 mg/m3 |
400 mg/m3 |
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40 mg/m3 annuale (7) |
Ossidi di azoto NOx |
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30 mg/m3 annuale (7) |
Biossido di zolfo SO2 |
5235 mg/m3 |
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125 mg/m3 (7) |
Monossido di carbonio CO |
28,6 mg/m3 |
23 mg/m3 |
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10mg/m3 (7) |
Ozono O3 |
98 mg/m3 lav.intenso |
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120 mg/m3 (5) |
157 mg/m3 lav.moderato |
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196 mg/m3 lav.leggero |
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Le differenze riscontrate in questi due diversi ambienti, di vita e di lavoro, sono parzialmente giustificate se si considera la diversa filosofia che ha portato ad esprimere i valori limite di esposizione professionale e i valori limite per la protezione della salute umana.
I valori limite di esposizione professionale hanno, infatti, come obiettivo la tutela della salute dell’uomo al lavoro. Essi si riferiscono al lavoratore sano e alla durata del turno di lavoro, cioè 8 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana, per l’intera durata della vita lavorativa. Sono possibili esclusi i non sani, i sensibili e una piccola frazione statisticamente valutabile della popolazione esposta.
I valori limite per l’ambiente urbano, invece, devono essere inferiori, poiché riguardano l’intera popolazione, compresi i bambini, i vecchi, i malati e le donne gravide. Inoltre essi si applicano alle 24 ore giornaliere, 365 giorni all’anno, per l’intera durata della vita.
Come evidenzia la tabella, quando si confrontano i valori in ambiente di lavoro con i valori dell’aria urbana ci si accorge delle notevoli differenze. Uno dei parametri con maggiore diversità sono le polveri. Se si considera la quantità di aria che viene quotidianamente respirata da un individuo, ci si può meglio rendere conto della sua importanza ai fini della salute a dei rischi collegati alla respirazione di aria inquinata.
Sulla base degli studi epidemiologici risultano particolarmente suscettibili agli effetti del particolato i soggetti anziani e quelli affetti da patologie a carico dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. Anche i neonati e i bambini risultano essere popolazioni potenzialmente suscettibili.
Interessante è valutare il discorso delle polveri e delle rispettive granulometrie e il fatto che le dimensioni delle particelle in sospensione rappresentano il parametro principale che caratterizza il comportamento di un aerosol, considerato che l'apparato respiratorio è come un canale che si ramifica dal punto di inalazione (naso o bocca) sino agli alveoli con diametro sempre decrescente.
Il rischio determinato dalle particelle è dovuto alla deposizione che avviene lungo tutto l'apparato respiratorio, dal naso agli alveoli.
L'impatto si ha quando la velocità delle particelle si annulla per effetto delle forze di resistenza inerziale alla velocità di trascinamento dell'aria, che decresce dal naso sino agli alveoli.
Questo significa che man mano che si procede dal naso o dalla bocca attraverso il tratto tracheo-bronchiale sino agli alveoli, diminuisce il diametro delle particelle che penetrano e si depositano (Figura 1).
Approssimativamente la parte delle particelle totali sospese (PTS) con diametro intorno e inferiore ai 10 mm (PM10) interessano il tratto tracheo-bronchiale e le particelle con diametro intorno e inferiore ai 2,5 mm (PM2,5) si depositano negli alveoli.
Figura 1
Conclusioni
E’ evidente che in ambito industriale lo sviluppo tecnologico ha portato a contenere gli inquinanti chimici aerodispersi. Le indagini ambientali effettuate negli ultimi anni in ambito industriale, medie e grandi aziende, evidenzia una complessiva riduzione degli inquinanti chimici con valori che si collocano molto spesso al 20% del valore limite di esposizione.
Questo vuol dire da un lato che l’introduzione di tecnologie sempre più sofisticate ha portato nel tempo gli ambienti di lavoro ad avvicinarsi agli ambienti urbani e che nello stesso tempo è necessario che venga sempre attivata una sorveglianza sulla qualità dell’aria come previsto dal D.Lgs. n.626/94(10).
A questo proposito è opportuno segnalare che in ambito industriale, per la qualità dell’aria, si possono verificare anche episodi che hanno riflessi gravi. La qualità dell’aria ambiente in ambito industriale è, infatti, importante non solo ai fini preventivi per la salute degli operatori, ma anche ai fini preventivi della sicurezza sul lavoro, soprattutto quando si parla di polveri di natura organica.
A tale proposito si richiamano gli episodi capitati nell’industria tessile nell’anno 2001, legati alle esplosioni di polvere di lana(11, 12).
Nel caso specifico vorremmo ricordare che l’esplosione delle polveri organiche aerodisperse è un fenomeno non nuovo. Già nel 1785 il Conte Carlo Ludovico Morozzo di Bianzè(13) (1743-1804) riporta, per la prima volta in letteratura, la notizia di un’esplosione provocata dalla farina di grano, una polvere organica.
Bibliografia
1 Ludwig Feuerbach “Lehre der Nahrungmittel für das Wolk” (Erlangen, 1850)
2 D.Lgs. 02 febbraio 2002, n.25 “Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro.”
3 ACGIH “TLVs and BEIs – Threshold Limit Values for Chemical Substances and Physical Agent and Biological Exposure Indices” (2002)
4 Gledhill N., Froese A.B., Dempsey J.A. “Ventilation to perfusion during exercise in health”, In: Dempsey J.A., Reed C.E.: Muscolar exercise and the lung. The University of Wisconsin Press, 1976: 325-343.
5 CE Direttiva Parlamento Europeo e Consiglio 12 febbraio 2002, n.2002/3/CE “Relativa all’ozono nell’aria”
6 D.M. 25 novembre 1994, n.159 “Aggiornamento delle norme tecniche in materia di limiti di concentrazione e di livelli di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti di cui al decreto ministeriale 15 aprile 1994”
7 D.M. 2 aprile 2002, n.60 “Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio”
8 D.Lgs. 25 febbraio 2000, n.66 “Attuazione delle direttive 97/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro”
9 Direttiva 98/24/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CE)
10 D.Lgs. 19 settembre 1994, n.626 “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42, 98/24 e 99/38 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”
11 La Repubblica– Cronaca – Biella (09 gennaio 2001)
12 La Nazione– Biella (09 gennaio 2001)
a. ICH MAC Magazine “Pagine di storia”, la chimica e l’industria 81, ottobre 1999, pag. 1044