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Effetti sull’uomo della permanenza in luoghi chiusi insalubri.
Lo scopo principale dell’igiene applicata all’ambiente, sia esterno sia confinato, in cui l’uomo vive le varie fasi della sua esistenza, è quello di realizzare condizioni nelle quali si possa raggiungere e mantenere lo stato di salute ottimale, definito dall’OMS come “completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia”.
Lo sviluppo della civiltà industriale ha messo in risalto, in quest'ultimo trentennio, i gravi problemi legati agli inquinamenti "outdoor" anche se gli effetti sulla salute umana degli inquinamenti atmosferici non sono stati così drammatici come inizialmente si poteva immaginare; ciò probabilmente anche in considerazione del fatto che gli abitanti delle città trascorrono mediamente il 90% del loro tempo in ambienti confinati (luoghi di lavoro, abitazioni, mezzi di trasporto e luoghi di svago) (11).
Per tale motivo si comprende come il problema della qualità dell'aria indoor stia assumendo sempre maggior importanza in modo particolare in quelle zone in cui le caratteristiche climatiche (molto fredde o eccessivamente calde) indicono la maggior parte della popolazione ad evitare per quanto possibile l'ambiente esterno. E’ importante ricordare inoltre che la definizione di “indoor” è riferita agli ambienti confinati di vita e di lavoro non industriali quali abitazioni, uffici pubblici e privati, strutture comunitarie, locali destinati ad attività ricreative e mezzi di trasporto pubblici e privati.
Il fatto che l’ambiente confinato potesse rappresentare una possibile fonte di rischio per la trasmissione di malattie infettive era molto sentito in Italia già nel XIX secolo quando, dovendosi adottare i primi regolamenti comunali di igiene; erano state allora previste norme per garantire agli occupanti il maggiore livello di sicurezza e comfort: esse si occupavano dei tradizionali aspetti igienico-sanitari degli ambienti indoor quali valori termoigrometrici, illuminazione, soleggiamento, controllo dell’umidità, approvvigionamento idrico, allontanamento dei rifiuti e ricambi d’aria, ecc.. Il problema dell'inquinamento indoor è balzato all’attenzione dopo la prima crisi energetica degli anni '70, quando per ridurre le dispersioni termiche sono state adottate particolari scelte progettuali, nuovi materiali e procedimenti costruttivi che come conseguenza hanno trasformato l’abitazione in un contenitore a tenuta stagna, compromettendo così il livello ottimale di ventilazione naturale.
Al giorno d’oggi, infatti, gli infissi sono spesso dotati di doppi vetri e battenti con guarnizioni a tenuta stagna, le strutture murarie sono quasi tutte dotate di isolanti o sono costituite da materiali che non ne consentono la traspirabilità, e l’altezza libera di vano si è ridotta al minimo consentito (2,70 metri o anche meno in talune circostanze), con conseguente diminuzione delle cubature d’aria. Inoltre studi approfonditi su alcuni materiali e su alcune particolari sostanze chimiche emesse in ambienti confinati hanno fatto emergere dati epidemiologici preoccupanti sugli effetti sanitari di determinati inquinanti.
A tal proposito il Ministero dell’Ambiente Italiano ha definito gli ambienti indoor inquinati o viziati gli ambienti in cui si riscontra la presenza di contaminanti chimici, fisici o biologici non presenti naturalmente nell’aria esterna di sistemi ecologici di elevata qualità.
Solo di recente per risolvere le problematiche legate ad una cattiva aria indoor vengono incentivati i ricambi d’aria naturali e si stanno facendo ricerche e proposte per ritornare ad un uso appropriato dei materiali da costruzione e dei procedimenti costruttivi al fine di ottenere un miglior benessere indoor ed una conseguente miglior qualità della vita.
Una corretta ventilazione negli spazi abitati infatti è indispensabile per garantire un costante rinnovo dell’aria interna con aria esterna più pulita; d’altra parte, vivendo in città, l’aria esterna presenta delle concentrazioni di inquinamento in alcuni casi assai elevate. E’ però importante considerare che in un ambiente chiuso, e privo di ricambi, l’aria stessa, nel giro di poche ore, può raggiungere livelli di inquinamento ben più alti in quanto alle concentrazioni esterne si vanno a sommare gli inquinanti prodotti all’interno dell’ambiente confinato.
L’inquinamento dell’ambiente domestico è dovuto a diversi fattori, alcuni direttamente imputabili alla presenza di esseri viventi - uomini o animali - altri causati dai materiali e dai sistemi impiantistici. I primi riguardano sia la respirazione, che gradualmente impoverisce l’aria di ossigeno arricchendola di anidride carbonica e vapore acqueo (sino a concentrazioni che possono provocare malessere), sia l’attività metabolica, che aumenta la temperatura e l’umidità dell’aria. I materiali da costruzione e d’arredo, invece, possono rilasciare particelle inorganiche, fibre, formaldeide fino al pericoloso radon, contribuendo alla viziatura dell’aria, mentre i sistemi impiantistici possono immettere nell’aria monossido di carbonio (residuo della combustione incompleta del carbonio) e altre sostanze chimiche pericolose.
A differenza di determinate attività lavorative in cui esiste una correlazione ben precisa tra la fonte di emissione di inquinamenti chimici e la rispettiva concentrazione nell'aria, più complesso risulta determinare le fonti di inquinamento e la loro pericolosità nel caso di uffici, luoghi pubblici di ritrovo, strutture socio-sanitarie e case da abitazione. La difficoltà di collegare sintomi che colpiscono gli occupanti di determinati ambienti confinati con le relative cause ha portato anche alla definizione della “Sick Building Syndrome” e delle “Building Related Illnesses”.
Le malattie associate agli edifici o Building Related Illnesses (BRI) comprendono una serie di malattie associate o attribuite con certezza alla permanenza in ambienti confinati. Gli esempi più noti sono la polmonite causata dalla Legionella pneumophyla (detta anche Legionellosi o malattia dei legionari), la febbre da umidificatori causata da due batteri (Micropolispora faeni o Thermoactinomyces) la Pontiac fever, l’alveolite allergica associata ad actinomiceti, e la rinite o la sinusite atopica causate ad esposizioni ad allergeni presenti nell’aria di ambienti confinati. I batteri responsabili di queste patologie si trovano spesso annidati nei filtri degli impianti di climatizzazione e/o umidificazione ma possono anche annidarsi nelle stoffe, nelle moquette e in generale negli ambienti confinati dove ristagna polvere. Infatti l’arredamento tessile più che essere nocivo per la propria composizione chimica lo è per la propria capacità intrinseca di assorbire sostanze inquinanti chimiche, fisiche o biologiche che poi vengono rilasciate in tempi e modalità variabili.
Le Building Related Illnesses hanno sempre un quadro clinico ben definito ed uno specifico agente causale a differenza della Sick Building Syndrome che rappresenta la definizione data ad una serie di sintomi (irritazione di occhi, naso e gola, sensazione di torace chiuso, difficoltà respiratoria, cefalea) che alterano lo stato di salute ed occorrono in determinati ambienti confinati definiti "malati”. Secondo recenti dati forniti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tra il 20% e il 30% degli edifici - la maggior parte dei quali situata nelle grandi città dei paesi occidentali - potrebbe essere afflitto da problemi correlati con la Sick Building Sindrome.
Nonostante la sintomatologia possa essere assai varia e poco specifica, sono state recentemente identificati alcuni sintomi normalmente riscontrati - singolarmente o associati tra loro - in persone affette dalla Sick Building Sindrome; tali sintomi sono:
- Nasali: sensazione di "naso chiuso";
- Oculari: secchezza e bruciore degli occhi;
- Oro-faringee: secchezza della gola;
- Cutanee: sensazione di secchezza cutanea;
- Respiratorie: sensazione di torace chiuso con difficoltà ad effettuare respiri profondi;
- Cefalea ed eccessivo affaticamento.
Infine bisogna sottolineare come alcune malattie già presenti come tali in alcuni individui (eczema, sinusite) possano aggravarsi vivendo in alcuni edifici.
Tutti questi sintomi sono presenti maggiormente nelle ore trascorse nell'edificio malato, si attenuano lasciando l'edificio e scompaiono completamente nei periodi di vacanza. Come si può notare si tratta di sintomi aspecifici, non molto gravi, ma sufficienti per infastidire una persona diminuendone la concentrazione, la produttività e lo stato di benessere in generale.
I materiali tessili possono influire negativamente sullo stato di salute negli ambienti confinati in vari modi: innanzitutto quasi tutti questi materiali utilizzati sia nell’arredo sia come rivestimenti, hanno la capacità di assorbire e trattenere sostanze inquinanti di vario genere che poi rilasciano secondo tempi e modalità differenti (9). Le sostanze trattenute sono numerosissime e possono essere di natura chimica, fisica o biologica. Per tale motivo i tessuti naturali possono favorire l’insorgenza di malattie specifiche causate da agenti eziologici (virus, batteri, funghi…) trattenuti all’interno delle fibre stesse del rivestimento tessile o dell’arredo ovvero possono determinare reazioni allergiche o sintomatologie aspecifiche, solitamente legate all’irritazione delle vie respiratorie o alla diminuzione della funzione polmonare, a causa dall’alta concentrazione di polveri sospese (PM10, PM2,5…) e di materiale corpuscolato organico e non (fibre minerali, piombo, polveri, peli di animali).
Inoltre alcuni materiali tessili come moquette di fibra naturale o rivestimenti murali in tessuto, se trattati con biocidi, possono nel tempo rilasciare Composti Organici Volatili (COV) responsabili di irritazioni agli occhi, alle alte vie respiratorie e in alcuni casi di mal di testa e sonnolenza (7). Tra i COV ricordiamo in particolare la formaldeide che la IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato tra i “possibili cancerogeni” (Tab 1). Recentemente l'OMS ha introdotto per tale sostanza una concentrazione limite di 0,1 mg/m3 per l'aria indoor anche se pare che sintomi di irritazione inizino a concentrazione tre volte superiori.
I COV sono contenuti anche in alcuni adesivi a base di resine acriliche utilizzati per la posa, ed in alcuni prodotti utilizzati per la pulizia di tali materiali; per tale motivo, ai fini dell’inquinamento indoor, risulta molto importante prestare particolare attenzione alle modalità con cui tali materiali sono stati trattati.
Per ovviare a queste tipologie di problemi risulta comunque di fondamentale importanza ventilare frequentemente i locali sia per una migliore qualità dell’aria indoor che per ridurre la formazione di muffe e microrganismi. Inoltre è importante notare come alcuni fattori fisici quali temperatura ed umidità, se elevati, possano influenzare il rilascio di Composti Organici Volatili nell’aria sia da parte dei materiali tessili che da altri materiali di costruzione, arredamenti, prodotti per la casa, prodotti per l'igiene personale, resine, o apparecchi per ufficio.
Le sostanze chimiche sono troppo numerose per essere considerate singolarmente. Negli ambienti di lavoro esistono soglie di tollerabilità alle varie sostanze, tuttavia le dosi sufficienti per causare la Sick Building Syndrome sono solitamente molto inferiori a questi limiti e ciò per due ragioni:
a) la presenza di più sostanze crea un certo sinergismo tra loro e quindi un potenziamento dell'effetto tossico;
b) i limiti per i lavoratori sono basati sul presupposto di una permanenza media di 40 ore settimanali mentre, soprattutto nel caso di anziani e bambini, le persone trascorrono spesso una quantità di tempo maggiore in ambienti confinati.
Conclusioni
L'evoluzione della società ha sempre portato a delle novità in tema di malattie. Se un tempo proprio la medicina del lavoro si curava della concentrazione degli inquinanti nocivi all'interno degli ambienti di lavoro, oggi che buona parte delle sostanze pericolose o sospette tali sono state identificate, nuovi problemi giungono all'osservazione. Si tratta ad esempio della Sick Building Syndrome, o Sindrome dell'edificio malato, che pur non generando danni irreparabili alla salute dell'uomo ne può condizionare anche fortemente la produttività, e delle Building Related Illnesses.
Proprio dall'epidemiologia giunge il messaggio che non sempre la lotta ai fattori di rischio più eclatanti è la giusta via da perseguire; a volte può apportare contributi più importanti alla Sanità pubblica la rimozione di fattori di rischio meno importanti che inducono condizioni apparentemente meno gravi ma più frequenti che, a lungo termine, provocano danni maggiori soprattutto sulla qualità della vita e sulla produttività nei luoghi di lavoro. In quest'ottica sentiremo negli anni futuri parlare sempre di più della Sick Building Syndrome e dovremo divenire più abili non solo nell'identificarne le cause ma anche nel prevenirne lo sviluppo in fase di progettazione, manutenzione, gestione e restauro degli edifici.
BIBLIOGRAFIA
1. Baglioni A, Piardi S. Costruzioni e salute. Franco Angeli, Milano, 1990.
2. Carreri V, Maroni M, Blanco G, Ronchin M (a cura di). Salute ed ambiente in Lombardia (quinto rapporto). Regione Lombardia, ottobre 2002.
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4. Chiesa G, Dall'O G. Risparmio energetico in edilizia. Masson, Milano, 1996.
5. Commissione tecnico scientifica per l'elaborazione di proposte di intervento in materia di inquinamento indoor (D.M. del 8/4/98). Linee di indirizzo per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati. Ministero della sanità, Roma, 2001.
6. De Santoli L, Fracastoro G. La qualità dell'aria negli ambienti interni. Collana AICARR, Milano, 1998.
7. Maroni M. Habitat costruito, inquinamento e salute. Franco Angeli, Milano, 1993.
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10. Signorelli C. Igiene Edilizia ed Ambientale. Società Editrice Universo, Roma, 2001.
11. Signorelli C, Capolongo S, Damiani MS. Tempi di permanenza in diversi ambienti indoor ed outdoor: risultati di un’indagine su un campione di 101 milanesi. Atti 40° Congresso Nazionale Siti, Cernobbio 8-11, settembre 2002, vol. 2, pag. 47.