Inventario
Dalle esigenza degli atleti input per un abbigliamento Hi-Tech.
Negli ultimi anni lo sport ha cercato sempre più di connotarsi come spettacolo e molto spesso ha cercato di farlo attraverso il miglioramento della prestazione. Un record del mondo, una prestazione “estrema”, rappresentano al tempo stesso il traguardo per l’atleta, per i media una notizia interessante, per le aziende un veicolo di promozione e per i “tecnici dietro le quinte” la conclusione di una sfida stimolante. L’innovazione tecnologica applicata allo sport nasce dalle esigenze di proteggere l’uomo dagli incidenti (i materiali e le soluzioni progettuali negli sport motoristici), dagli insulti ambientali (l’abbigliamento per l’alpinismo e le attività acquatiche-subacquee) e dalle patologie da sovraccarico funzionale (la progettazione delle attrezzature e delle superfici dei campi da gioco). In non rari casi tale innovazione tecnologica ha portato addirittura ad una modifica della tecnica negli sport tradizionali e talvolta hanno preso vita alcune discipline impensabili senza i “nuovi materiali” (parapendio, snowboard). La straordinaria sensibilità dei campioni nell’individuare i “fattori limitanti”, insieme alle innovazioni che la ricerca tecnologica è stata in grado di proporre a ritmo serrato, ha generato un circolo virtuoso che ha fornito alle aziende occasione di crescita e nuovi mercati. Non è per caso che moltissime delle aziende di “abbigliamento tecnologico” siano state fondate da campioni, esperti ed appassionati che non trovavano sul mercato risposte adeguate alle loro esigenze. Ed è su queste basi che la tecnologia ha assunto un ruolo da protagonista nella storia recente dello sport d’èlite, dove la ricerca della miglior prestazione è una sfida quotidiana ed i minimi particolari diventano fattori non trascurabili per ottenere il massimo risultato. Il ruolo del tessile tecnologico è stato fondamentale non solo per i contributi nell’abbigliamento, ma anche per i materiali utilizzati nella costruzione di attrezzi sempre più performanti, come, per esempio, le fibre di carbonio per sci e racchette da tennis. Limitando la nostra attenzione sui tessili per l’abbigliamento non si può non ricordare che, proprio per il ruolo di interfaccia uomo-ambiente il capo d’abbigliamento ha assunto un ruolo sempre più importante ai fini prestativi. Nel salto con gli sci si usano tute in grado di consentire una fase di planata più lunga, nel MotoMondiale le strutture inizialmente concepite per la protezione dei piloti sono diventate soluzioni aerodinamiche. Addirittura nel nuoto, creando un certo stupore tra gli appassionati e qualche problema ai regolamenti, il tessile tecnologico ha saputo fornire un prodotto in grado di migliorare la prestazione degli atleti. L’esperienza di Diana Sport con Luca Sacchi, che per primo nel 1992 indossò in gara un costume “bermuda”, è sotto alcuni punti di vista esemplare: “sono sempre stato interessato alle novità ed una volta provato il nuovo costume ho avuto la sensazione che i movimenti fossero facilitati” ha detto il Campione Europeo, “ed anche se molti dicono che potrebbe esserci un effetto placebo io ho sempre avuto la sensazione di nuotare con un assetto migliore”. Bechis, di Diana Sport, enfatizza il ruolo della verifica sperimentale quasi in contrapposizione con le sensazioni degli atleti e con le strategie di marketing che spesso vanno oltre alle reali caratteristiche del prodotto. “Abbiamo sviluppato un tessuto la cui bagnabilità è molto buona, ed abbiamo verificato che ciò potesse essere utile alla prestazione attraverso una serie di prove sperimentali svolte presso l’Università Europea dello Sport di Lione; i risultati hanno mostrato un miglioramento della prestazione del nostro costume che varia dal 3.5 al 5% in funzione dell’acqua e dello stile di nuoto”. La ricerca sull’abbigliamento ha voluto perciò integrare i tradizionali criteri progettuali con una serie di vincoli funzionali legati in modo molto specifico alla disciplina sportiva e non è da escludere che il prossimo futuro ci proponga differenti costumi per ogni stile contemplato dai regolamenti. “ Abbiamo individuato una serie di fattori che potevano incidere sulla prestazione, come la presenza ed il tipo di cuciture, l’effetto contenitivo del tessuto utilizzato e l’aderenza dello stesso al corpo dell’atleta, ed abbiamo perciò potuto sviluppare un prodotto che incide concretamente sulla prestazione”. In piscina le condizioni ambientali sono relativamente facili da gestire ma nella maggioranza delle discipline “outdoor” non è facile né identificare le esigenze degli atleti né verificare le prestazioni dell’abbigliamento in modo scientifico. Giacometti, Presidente della Federazione Sport in Altitudine (FSA), ha ricordato che “nello Sky Running, la corsa in montagna a quote superiori ai duemila metri, ci siamo dovuti confrontare subito con il problema delle attrezzature, prima per garantire la sicurezza degli atleti e poi anche per minimizzare il peso che gli atleti devono portarsi addosso in competizioni che durano qualche ora e si svolgono in un ambiente caratterizzato da grande variabilità delle condizioni climatiche”. Le maratone in montagna, pur svolgendosi durante la stagione estiva, comportano richieste abbastanza inusuali ai capi d’abbigliamento, cosi come alle calzature. Pur correndo in alta montagna, sui ghiacciai e sui sentieri all’interno di foreste, questi atleti hanno una spesa energetica talmente elevata che, dal punto di vista prestativo, la dispersione del calore può diventare un fattore limitante la prestazione. Vestirsi in modo corretto entra perciò a far parte di una corretta preparazione alla gara, dato che lungo il percorso la temperatura può essere più bassa di 20 gradi centigradi rispetto alla temperatura alla partenza. Berrone di Polartec ha spiegato la difficoltà di alcune scelte che andavano contro la tendenza dello stile, ma garantivano la massima soddisfazione di chi utilizzava: “Abbiamo scelto di privilegiare le esigenze degli atleti, mettendo in secondo piano le esigenze legate all’estetica del prodotto, proprio sulla base della collaborazione che da anni abbiamo con la FSA. Il nostro prodotto è stato concepito per aver un ruolo di seconda pelle in condizioni particolarmente rigide ed è perciò naturale scegliere l’aderenza per ottimizzare il funzionamento del tessuto”. L’insieme di caratteristiche come la traspirabilità, l’impermeabilità all’aria e la leggerezza è perciò il punto di forza di un tessuto studiato per chi svolge intensa attività fisica in ambiente spesso estremo come l’alta montagna. Ma la ricerca esasperata della massima prestazione talvolta obbliga i produttori a concentrare gli sforzi su un aspetto soltanto, e l’esperienza di Pavesi di FILA Sport, relativa alla collaborazione con la Squadra Ferrari in Formula Uno, ha messo in evidenza come al produttore/fornitore vengano sottoposte richieste “impreviste” che si configurano come un’occasione di sviluppo di un prodotto all’avanguardia. Il pilota Schumacher ha richiesto un paio di calzature che fossero più leggere, poichè le accelerazioni dell’autovettura sono talmente elevate (fino a 5-6 volte l’accelerazione di gravità) da stancare precocemente i muscoli che muovono il piede. Ridurre il peso della calzature di poche decine di grammi può significare maggior precisione nell’esecuzione dei movimenti quindi migliorare prestazione (e sicurezza). Il peso ha assunto un ruolo guida nella progettazione e dovendo rispettare i vincoli di sicurezza antifiamma imposti dal regolamento, ha stimolato la ricerca sull’abbinamento ottimale dei materiali. La scelta di minimizzare la suola è stata vincente, ma rappresenta comunque un “caso isolato” difficilmente utilizzabile per un prodotto di largo consumo.
Ma nella prestazione sportiva non conta soltanto la fatica muscolare ma anche quella mentale, come ha puntualizzato Savio, Presidente della squadra di basket Lauretana Biella, enfatizzando la necessità di tener in conto tutti i fattori in grado di predisporre le condizioni mentali ottimali per una prestazione muscolare di alto livello. “La cronaca dello sport ci ha spesso abituato ad atteggiamenti “scaramantici” che prevalgono su scelte razionali, ma si deve tener conto dell’atleta nella sua complessa psicologia e spesso un “effetto placebo” può dare risultati insperati quindi penso che il primo ruolo di qualsiasi attrezzo sia quello di non interferire con l’azione dell’atleta”. Un abbigliamento che non consente una corretta termoregolazione, incide in modo negativo sulla percezione dello sforzo. Nelle gare di triathlon la scelta del tipo di muta per la frazione di gara in acqua può alterare la prestazione non solo attraverso i meccanismi fisiologici legati al tentativo di compensare lo stress termico, ma anche agendo a livello mentale: l’atleta potrebbe percepire l’errore nella “scelta dell’attrezzo” come determinante ai fini prestativi. Scegliere l’abbigliamento giusto significa perciò minimizzare il “disturbo” nella ricerca della concentrazione mentale che da sempre costituisce la base della grandi prestazioni sportive. Sotto questo aspetto vanno anche viste le grandi innovazioni ergonomiche legate alla progettazione delle mute da surf e da wind-surf o l’abbigliamento per lo snow-board, discipline sportive caratterizzate da movimenti ampi e repentini in ambienti pericolosi quando non estremi.
Ma il ruolo della tecnologia tessile sulla prestazione non si esaurisce qui. Prepariamoci ai tessili “intelligenti” ed interattivi, che svolgeranno un ruolo attivo nel controllo dei parametri che influenzano la prestazione e saranno in grado di interagire con l’atleta. La tuta sportiva del futuro sarà probabilmente più simile ad una “centralina elettronica” che ad un capo d’abbigliamento tradizionale.