Inventario
La lana come isolante reattivo verso gli inquinanti indoor.
L’inquinamento dell’aria causato dall’uso di combustibili fossili per il riscaldamento, per l’autotrazione e per le attività produttive, può causare seri problemi alla salute e all’ambiente. L’aria di molte città è ormai continuamente monitorata e quando le concentrazioni di alcune sostanze nocive (polveri respirabili PM 10, NOx, SOx, benzene,…) superano determinati valori, (es. PM10 > 150 µg/m3), vengono presi provvedimenti restrittivi quali il blocco della circolazione stradale.
In questi casi il consiglio di “stare a casa” non andrebbe inteso in senso letterale. Infatti, secondo gli studi dell’Agenzia Americana per le Protezione dell’Ambiente (EPA), negli ambienti chiusi (indoor), dove molte persone trascorrono più del 90% del loro tempo, alcune sostanze nocive possono raggiungere livelli 2-5 volte superiori rispetto all’ambiente esterno, anche a causa della presenza di fonti di inquinamento interne. In casi particolari, come in presenza di materiali nuovi o verniciati di recente, alcune sostanze organiche, come ad esempio i VOCs (Volatile Organic Compounds), rilasciate da vernici, mobili, pannelli, materiali per l’isolamento termico e acustico, possono superare 1000 volte il valore riscontrabile all’esterno, senza contare il contributo del fumo passivo.
L’EPA pubblica un elenco di 189 sostanze conosciute come HAPs (Hazardous Air Pollutants), sostanze che “causano o possono causare gravi effetti sulla salute o sull’ambiente”.
Le sostanze rilevabili negli ambienti indoor, menzionate dall’EPA, possono avere:
- potenziali effetti reversibili, ad esempio di tipo irritativo (formaldeide, fumo passivo, alcuni VOCs, …);
- potenziali effetti irreversibili :
- sensibilizzanti (formaldeide, esteri acrilici, isocianati, …);
- sospetti cancerogeni ( formaldeide, diclorometano,
percloroetilene, fibre minerali, …);
- cancerogeni (amianto, fumo passivo, benzene,
pentaclorofenolo, toluene, triclorometano, ossido
di carbonio, ...).
La letteratura medica riporta numerose relazioni tra sintomatologie classificate sotto il termine “sick building syndrome” e l’inquinamento dell’aria indoor, con particolare riferimento ad effetti cronici o combinati imputabili ad esposizioni a sostanze multiple in bassa concentrazione (ppm).
Tra queste, la formaldeide suscita particolare attenzione, non in quanto sia da considerarsi come “la più nociva tra le HAPs”, ma in quanto presente in moltissimi ambienti.
La formaldeide è un gas incolore, di odore pungente e soffocante, con soglia olfattiva di 0.8 ppm a temperatura ambiente; è molto solubile in acqua e molto reattiva; ha PM = 30 (a 25 °C 1ppm = 1.23 mg/m3). E’ usata principalmente come intermedio nella fabbricazione di resine di larghissimo impiego nel settore dell’edilizia, dell’arredamento e dei trasporti (fenolo-formaldeide, urea-formaldeide, melammina-formaldeide), come disinfettante, nella conservazione del legno. E’ presente in molti prodotti per la manutenzione della casa, nella carta, in alcuni tessuti.
Le fonti maggiore di inquinamento da formaldeide dell’aria esterna, sono le emissioni delle centrali termiche, degli inceneritori, di alcune industrie, degli autoveicoli. La concentrazione media misurata nelle aree urbane USA è compresa tra 10 e 20 ppb all’esterno, mentre nell’aria indoor sono state misurate concentrazioni comprese tra 0.07 e 3.7 ppm. I valori più elevati sono stati misurati nelle case di nuova costruzione e nelle case mobili (per via degli spazi ristretti); è anche uno dei tanti prodotti nocivi contenuti nel fumo.
La formaldeide rilasciata si aggiunge alla concentrazione “di fondo”: pannelli in legno pressato (specialmente quelli a media densità), isolanti a base di schiume urea-formaldeide (vietate negli USA), isolanti in lana di vetro e di roccia legati con resine fenolo-formaldeide, colle, vernici, possono rilasciare formaldeide per 7-8 anni, con punte massime nel primo anno. Temperatura e umidità elevate (uso di umidificatori d’aria) aumentano e prolungano l’emissione in quanto avviene una reazione di idrolisi che produce formaldeide libera.
I sintomi da esposizione a formaldeide variano da persona a persona: in alcuni soggetti possono causare lacrimazione, bruciore agli occhi e alla gola, nausea e difficoltà respiratorie anche per concentrazioni di poco superiori a 0.1 ppm; circa il 20% della popolazione (gli asmatici, in particolare) può avere fenomeni di sensibilizzazione anche per livelli inferiori, se l’esposizione è prolungata. La formaldeide può causare l’asma ed aggravare condizioni asmatiche pre-esistenti; secondo il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Healt), risulta inoltre evidente che l’esposizione a formaldeide può essere associata con l’aumento del rischio di tumori.
Le legislazioni dei principali paesi concordano con un limite massimo ammissibile (TLV) pari a 0.1 ppm di formaldeide nell’aria; l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), raccomanda 0.05 ppm.
La formaldeide è una sostanza altamente reattiva nei confronti della lana e delle proteine in genere; è in grado di reagire con numerosi gruppi funzionali, in particolare i gruppi amminici, formando legami trasversali (cross-links) molto stabili tra le catene proteiche, una specie di reticolo che incrementa le proprietà meccaniche del materiale.
Le reazioni interessano il materiale proteico negli stati interni e non solo la superficie delle fibre. Estraendo e frazionando tramite gel-elettroforesi le proteine di lane trattate con formaldeide si nota, rispetto alle lane non trattate, la scomparsa della frazione di peso molecolare corrispondente alle proteine a basso contenuto di zolfo (dei filamenti intermedi o microfibrille). La reticolazione con formaldeide ne aumenta il peso molecolare rendendole insolubili; l’interessamento degli strati più profondi è confermato anche dai termogrammi DSC che mostrano le variazioni calorimetriche nella denaturazione delle cellule corticali.
Quindi, tutto il materiale proteico è interessato alla reazione e la quantità di formaldeide fissata in modo molto stabile (con legami covalenti) è notevole.
A pH neutro, temperatura di 20 °C, in 48 ore, 1 g di lana può legare 450 µmoli di formaldeide, vale a dire 1 kg di lana lega 13.5 g di formaldeide.
In passato, nel settore laniero la formaldeide veniva usata in bagni acquosi per limitare il danneggiamento della lana nel corso di tinture a temperatura elevata (miste lana-poliestere), per stabilizzare le dimensioni, fissare le pieghe, oltre che come disinfettante per biancheria e per la disinfestazione delle lane contaminate dall’antrace (kashmir). Ora queste pratiche sono state completamente abbandonate, per lo meno in Italia.
Questa straordinaria reattività della lana può essere sfruttata per migliorare la qualità dell’aria negli ambienti chiusi: citiamo l’esempio della formaldeide, ma considerazioni analoghe valgono per gli NOx e SOx anche se in misura inferiore (si legano prevalentemente agli amminoacidi aromatici (tirosina, fenilalanina) o eterociclici (triptofano).
Esperimenti condotti di recente in Germania e Giappone, in laboratori attrezzati per questo genere di valutazioni, hanno dimostrato che la presenza di lana negli edifici può ridurre in misura sostanziale la concentrazione di formaldeide nell’aria.
L’esperienza condotta da ricercatori del DWI (Deutsches Wollforschunginstitut) di Aachen e del ECO-Umweltinstitut di Colonia, può essere riassunta in questo modo:
- in una camera chiusa del volume di 250 l viene posizionato un pannello di lana di
cm 25 x 25 x 2 (d @ 20 kg / m3), pH 6.6, ripresa 11%;
- senza ricambio d’aria, a T = 23 °C, RH = 45% viene introdotta nell’aria formaldeide fino alla concentrazione di 300 ppm.
Dopo 24 h, la concentrazione di formaldeide è scesa a 3.3 ppm con una riduzione del 96.7% ed è significativa la riduzione ottenuta già dopo le prime due ore (88 %); poi la curva ha un andamento asintotico.
Risultati analoghi sono stati ottenuti dal Central Testing Facility di Tokyo.
Gli esperimenti sono stati ripetuti molte volte in condizioni differenti, fino a determinare le condizioni ottimali tra superficie e volume di lana assorbente.
Un’applicazione pratica ha riguardato l’intervento di bonifica di 5 edifici pubblici di recente costruzione, per i quali la rimozione di materiali rilascianti formaldeide (isolamenti termo-acustici, pannelli, ecc.), avrebbe comportato consistenti lavori di demolizione e ricostruzione.
I locali sono stati ricoibentati con pannelli di gesso interponendo uno strato di nontessuto fabbricato con 80% lana – 20% poliestere e fibra termofusibile come legante.
La concentrazione di formaldeide in questi edifici è passata da 0.06 – 0.2 ppm a valori tutti al di sotto non solo del limite fissato dall’autorità tedesca ma anche al di sotto del limite suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Pannelli per l’isolamento termico come quelli utilizzati in questi esperimenti sono stati caratterizzati anche presso i nostri laboratori; presentano:
- elevate proprietà di isolamento termico e assorbimento acustico;
- eccellente controllo dell’umidità, con sviluppo di calore nella fase di assorbimento (evitano fenomeni di condensa);
- naturale autoestinguenza;
- elevata temperatura di ignizione;
- non sono tossici né irritanti (non richiedono mezzi di protezione individuale nell’installazione);
- non producono fibre respirabili o inalabili;
- non sono fragili e resistono alle vibrazioni;
- trattati con minerali (ossidi di ferro, argilla e sali di boro) resistono alle muffe e alle tarme senza
contenere pesticidi (organoclorurati, piretroidi, …);
- correttamente installati hanno durata prevista di almeno 50 anni;
- hanno costi confrontabili con i materiali tradizionali.
In conclusione, oltre al rispetto di normali misure igieniche facili da adottare circa i ricambi d’aria e l’eliminazione del fumo passivo, i materiali fibrosi per coibentazione termica e acustica, (per la filtrazione “reattiva” dell’aria degli impianti di climatizzazione) e per l’arredamento, contenenti lana, rappresentano un’alternativa ai materiali tradizionali (fibre minerali e materiali sintetici), non emettono sostanze nocive e possono contribuire sensibilmente al miglioramento della qualità dell’aria negli edifici e nei mezzi di trasporto.
Bibliografia
- Wortmann G., Zwiener G., Sweredjuk R., Doppelmajer F., Wortmann F.J. “Sorption of indoor air pollutants by sheep’s wool: formaldehyde as an example“. IWTO T&S Meeting, Florence, 1999, Report CTF 3.
- Sugai K., Maekawa H. “Reutilisation of wool as a thermal insulator for building material”. Proc. 10th IWTRC, Aachen D, Nov. 26 – Dec. 1, 2000, OT-P8.