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Gli indumenti come DPI per la protezione da agenti biologici nelle strutture sanitarie: caratteristiche significative ed indicazioni di impiego.
Il D.Lgs. 626/94 e successive modifiche ed integrazioni, che si riferisce al “miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro” ha posto in risalto alcuni aspetti innovativi particolarmente significativi dell’igiene del lavoro.
Questo decreto legislativo ha introdotto una nuova strategia di prevenzione incentrata sulla ricerca dei più alti livelli di sicurezza e di confort lavorativi, compatibili con l’attuale disponibilità di soluzioni tecnologiche mettendo in risalto una procedura prevenzionistica di tipo attivo che vede le singole strutture protagoniste nell’ attuare la sicurezza, considerata il parametro fondamentale del processo produttivo.
L’intero quadro normativo tiene nella dovuta considerazione il rapporto fra le attività lavorative e relative misure di sicurezza, tra innovazione tecnologica ed i rispettivi interventi per la tutela della salute degli operatori.
Tale attenzione viene attuata attraverso l’esame della tecnologia di processo e delle tecniche operative applicate e la contemporanea verifica dell’attuazione delle adeguate misure di prevenzione, misure che devono essere, peraltro, scelte secondo criteri di idoneità e priorità, così come riportato in sede di indicazione delle misure generali di sicurezza, previste nel Titolo I.
Nell’ambito delle misure di tutela per la salute dei lavoratori evidenziate dalla legislazione, si sottolineano alcuni peculiari aspetti di innovazione nel Titolo VIII “ Protezione da Agenti Biologici” (recepimento della Direttiva 679 / 90 CE ) che recentemente sono stati ulteriormente resi incisivi nella Direttiva 54 / 2000 CE.
Gli interventi di protezione per il rischio di esposizione ad agenti biologici, in relazione agli adempimenti previsti dal suddetto Titolo VIII, si considerano infatti di particolare interesse innovativo per la necessità di garantire,in base a tale normativa, una adeguata ed efficace tutela del personale ogni volta sia identificabile una potenziale esposizione ad agenti che possono provocare un danno alla salute .
Ai sensi dell’art.4 del D.Lgs. 626/96, per quanto concerne il Titolo VIII è necessario evidenziare per luogo o ambiente di lavoro se esiste o meno “rischio di esposizione” ad agenti biologici dei lavoratori (come più volte sottolineato nell’art. 78 del Decreto) e quali siano le misure tecniche, organizzative procedurali attuate o da dovere attuare per evitare l’esposizione individuando e definendo i necessari interventi di protezione.
Il “ rischio di esposizione “ si individua , sotto il profilo operativo, nell’eseguire la valutazione del rischio biologico che rappresenta il cardine dell’intero sistema prevenzionistico e deve essere effettuata attraverso una procedura applicativa facilmente eseguibile ed in grado di garantire un corretto svolgimento per consentire la successiva pianificazione degli interventi di prevenzione- protezione.
Al riguardo sono state pubblicate le Linee Guida ISPESL” Il rischio biologico : procedura applicativa per la valutazione del rischio e la pianificazione degli interventi di prevenzione e protezione” ( Ann. Ig. Vol.12 N.4 Suppl. 2 p 329-360 , 2000 ) .
In esse viene illustrata una metodologia operativa che uniformandosi ai criteri procedurali previsti dalle linee guida per la valutazione del rischio elaborate dall’ISPESL per i diversi comparti operativi (PMI, Lab. di Ricerca, Controllo e Didatici, SSN etc..), delinea in forma esplicativa un indirizzo attuativo dell’intero procedimento valutativo del Rischio Biologico .
Un’attenta osservazione meritano le misure di sicurezza attuate, per constatarne l’adeguatezza sulla base delle attuali acquisizioni del settore che ci pervengono dalla comunità scientifica e dagli Organismi dello Stato istituzionalmente competenti, esaminando nei particolari l’idoneità degli interventi di protezione collettiva individuale, al fine di evitare l’esposizione dei lavoratori agli specifici AB.
Si sottolinea inoltre che assume una valenza imperativa poter dimostrare l’adeguatezza dei suddetti interventi di protezione collettiva ed individuale, se realizzabili, od evidenziando la conformità a specifiche norme tecniche di riferimento oppure, se queste non sono state elaborate, attraverso una valida documentazione tecnico-scientifica considerando sempre con attenzione quanto riportato nell’Art.3 comma 1 lettera b) del DLgs 626 / 94, “ eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile , loro riduzione al minimo “, nell’ Art. 4 comma 5 lettera b) “ il datore di lavoro ……aggiorna le misure di prevenzione ………, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e protezione “.
Per quanto sopra evidenziato, è quindi indispensabile prestare una particolare attenzione alla determinazione accurata dei requisiti e delle caratteristiche tecniche, che devono poi mantenersi tali nel tempo, per la scelta dei suddetti interventi di protezione collettiva ed individuale (DPI) che devono essere impiegati all’interno di una struttura.
Per quanto concerne i DPI In linea di principio va segnalato che ogni dispositivo di protezione da agenti biologici deve essere scelto, previa valutazione del rischio, in considerazione della specifica attività espletata, e deve possedere la caratteristica fondamentale di tutelare l’operatore dall‘ interazione con l’agente e/o gli agenti biologici che determinano il rischio di esposizione. Tale scelta dovrebbe essere effettuata, generalmente, dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione della struttura per il Datore di lavoro, tenendo conto delle osservazioni formulate dal Medico Competente, sentiti gli RLS.
Tra i DPI che più frequentemente si devono rendere disponibili nell’ambito di una struttura sanitaria e che tra l’altro costituiscono dei mezzi di barriera per la protezione in alcuni casi non solo dell’operatore, ma anche dell’utente, si considerano con attenzione gli indumenti.
Gli indumenti di protezione dovrebbero essere ritenuti ormai, nell’ambiente ospedaliero e sanitario in genere, un dispositivo di tutela indispensabile e di ampia diffusione nell’espletamento di qualsiasi modalità lavorativa e mansione professionale anche nelle sale operatorie. Essi devono possedere una marcatura CE per la protezione da agenti biologici ai sensi del D. Lgs 475/92 (vedasi relativa certificazione di conformità rilasciata da un Organismo Notificato al produttore),essere classificati in terza categoria e quelli destinati alla sala operatoria devono avere una certificazione di sterilità.
Possono essere di diversa tipologia in relazione alle modalità lavorative ed alle mansioni da espletare.
Le caratteristiche degli indumenti di protezione e le modalità di scelta e di gestione degli stessi sono illustrate nelle “Linee Guida per la scelta e l’impiego di indumenti per la protezione da agenti biologici” dell’ISPESL ( Annali di Igiene 2000; IV (suppl.2): 249). Nelle suddette Linee Guida ISPESL si raccomanda di utilizzare degli indumenti classificabili quale misura di protezione individuale dell’operatore in grado di esercitare una protezione rispetto agli agenti virali più frequentemente coinvolti (HBV, HCV, HIV, ecc.) nella trasmissibilità delle patologie correlate per via ematica mucocutanea.
La foggia dell’indumento deve essere tale da assicurare la protezione delle parti anatomiche esposte che possono comprendere la base del collo, il busto, le braccia e le gambe. I camici devono avere lunghezza almeno al di sotto del ginocchio. L’indumento deve essere realizzato con maniche lunghe le cui estremità devono aderire ai polsi per impedire l’esposizione della parte interna delle braccia.
Tali indumenti possono consistere in:
- camici con maniche lunghe
- completo giacca con maniche lunghe e pantaloni
- tuta intera con maniche lunghe.