Inventario
Fondo
La collezione Filippo Buratti di manifesti sulla lavorazione della seta
Data: 1556 - 1850
Datazione calcolata
Presso lo stabilimento della ditta Filati Buratti S.p.A. di Chiavazza (Biella) è conservata una piccola ma preziosa collezione di documenti storici relativi alla seta, alla sua lavorazione e alla sua commercializzazione. La raccolta, creata da Filippo Buratti, si compone di 26 "pezzi" acquistati sul mercato antiquario nazionale tra gli anni Settanta e Novanta. Si tratta, per lo più, di editti e di manifesti a stampa pubblicati tra il 1556 e il 1850 circa. I quattro più antichi furono stampati a Firenze e quello del 1556 si riferisce non alla seta ma alla lana e alla sua "Arte", così come quello del 1576 riguarda i linaioli. Complessivamente le stampe fiorentine sono sette (quattro delle quali uscite dai torchi dei Giorgio e Cristofano Marescotti). Uno dei manifesti proviene da Modena, un altro da Fontainebleau (l'unico straniero, del periodo napoleonico) e un altro ancora da Forlì. Due risultano privi di datazione topica (o comunque non rilevabile essendo tutti i documenti incorniciati e quindi non consultabili completamente). Il primo non è un manifesto amministrativo o fiscale, bensì una sorta di tavola illustrata (realizzata a Milano dai Vallardi all'inizio dell'Ottocento), quasi una planche da enciclopedia dedicata al ciclo vitale dei "bigatti" (bachi da seta) e alle "regole precise per governarli". L'ultimo "pezzo" della collezione è il disegno della "Bigattiera di M.te Polesco proprietà di S.E. Sig. Conte Alessandro Spada Lavini" resa in prospetto, spaccato, veduta e piante in misura metrica e in braccia toscane. Una datazione credibile di questo lavoro di rilievo inerente la tenuta di Montepolesco (nel territorio di Filittrano, in Abruzzo, già possedimento dei Lavini, poi unitisi genealogicamente con gli Spada di Terni dei quali Alessandro Spada Lavini (1798-1876) fu tra i più noti esponenti, uomo di cultura e di scienza) potrebbe essere il 1850 circa. La maggior parte dei manifesti, però, è di origine piemontese, anzi torinese. Da quello della Duchessa di Savoia, la "Infanta" Caterina d'Austria (1567-1597), emanato poche settimane prima della morte a quelli del Consolato di S. M. della Restaurazione riferiti anche alla canapa e, soprattutto, al cotone.