Biella e i Sella nella “Miscellanea” di Quintino Sella
da "Eco di Biella" del 13 marzo 2023 [Danilo Craveia]
Esattamente tre anni fa, con il COVID che faceva chiudere tutto, o quasi, la Biblioteca Civica di Biella avviava un cantiere di catalogazione di tutto rispetto, quello della articolata e vasta “Miscellanea” che fu (o dovrebbe essere stata) di Quintino Sella. Il figlio del ministro, Corradino, all’inizio del Novecento (nel 1909, a quanto pare) conferì un patrimonio enorme per qualità e quantità alla biblioteca cittadina. Più volte, in questo secolo abbondante trascorso da allora, si è tentato l’arduo cimento, ma l’ha avuta sempre vinta la “Miscellanea”. Le condizioni di lavoro imposte dalla pandemia, però, hanno avuto un effetto che, malgrado il lungo periodo tragico che abbiamo sperimentato, si potrebbe considerare positivo. Lo smart working dei bibliotecari ha permesso di catalogare una consistente porzione delle 15.000 pubblicazioni che formano la “Miscellanea”. Al ritorno della normalità l’intervento è proseguito e oggi si può dire concluso. Sul portale della Biblioteca Civica di Biella (www.polobibliotecario.biella.it)si può cercare e trovare qualche gioiello in quel forziere di conoscenza multiforme e vagamente misterioso, perché la storia di quegli opuscoli, di quei fascicoletti, di quei libercoli è ancora in buona parte da scoprire.
A osservarla così, sul monitor, la “Miscellanea” un po’ sconforta. A noi, nani digitali, per poco il cor non si spaura al cospetto dello scibile cartaceo dei giganti analogici che ci hanno preceduti. E poco importa che, vista dalla sponda del metodo, la “Miscellanea” si presenti come un oggetto archivistico non identificato. Poco vale il porsi domande, il sollevare dubbi, il questionare sul disordine dissimulato dietro i dorsi delle legature di cuoio auroimpresso che alludono a strutture concettuali più argillose che granitiche. Ciò che davvero conta è che dove non poterono la penna e il calamaio di abbozzate, ripensate e non esaustive inventariazioni originarie (o presunte tali), hanno potuto la schedatura informatica e la catalogazione sistematica. Impresa tutt’altro che comoda, degna di lode, che esalta non tanto l’edificio, quanto i mattoni, quelli sì, di indiscutibile valore. Dal data entry al database, tre anni. Ora quel meditato inserimento di una biblioteca nella biblioteca, che vale un milione di pagine di meraviglie, esplode con la potenza della ricerca full text e delle keyword. Autori, titoli, soggetti (argomenti), idiomi, date, luoghi, editori, riferimenti… Il mondo. Che cosa avrebbe dato Quintino Sella per avere un così preciso e profondo dominio della sua sterminata raccolta di luminosa letteratura grigia? Che cosa avrebbe fatto? Avrebbe, sorridendo, sopra la barba e sotto i baffi, giocato. Perché gli intelligenti apprendono giocando, mentre i mediocri sbadigliano e restano tali. Noi che siamo curiosi, cioè estranei ai secondi e un po’ parenti dei primi, proviamo a giocare a nostra volta. Con deferenza e rispetto, seriamente giochiamo, chiedendo alla Pizia telematica apollinei responsi alla duplice, più semplice istanza: Sella e Biella nella “Miscellanea Sella”. I Sella, allora. Che scrissero e pubblicarono, ma che furono anche citati, menzionati. Che ricevettero omaggi di questo o di quel decreto, discorso, pamphlet, studio ecc. Tutti del clan di San Girolamo? Quasi. L’escluso merita l’esordio della serie. L’ingegner Rodolfo Sella. Nativo di Mosso Santa Maria, quindi non troppo distante, genealogicamente parlando, dei “Sella-Sella”, nel 1847, morì a Candiolo nel 1924. Agronomo di fama, azionista cattolico, pubblico amministratore a Torino, nella “Miscellanea” si fa rappresentare dalla sua tesi di laurea del 1870: Relazione delle esperienze dinamometriche fatte sopra la macchina a vapore del piroscafo S. Bernardino sul lago Maggiore.
Da ora in poi, tutto in famiglia. A partire dal più prolifico tra gli autori Sella… Quintino? No, suo cugino Alessandro (1810-1872). Diciassette (o diciotto) titoli. È il medico ricercatore che osservò la febbre, ossia morbo, miliare: la tubercolosi di cui morì Mozart. Che propugnò l’igiene come pratica di profilassi generale, che si occupò di trichinosi e di artrite blenorragica, di albuminuria, di colera e di sifilizzazione preventiva contro le malattie veneree. Il 10 settembre 1850 Alessandro Sella salì sull’Abendberg, cima imponente nell’Oberland bernese per incontrare il giovane medico elvetico Johann Jacob Guggenbühl. Costui si era colà ritirato per studiare il cretinismo alpino. Nella “Miscellanea” c’è il ricordo di quella speciale escursione. Quintino Sella ricevette quelle pubblicazioni, fatiche di un parente abbastanza stretto e, per quanto i temi non fossero propriamente dilettevoli, le conservò. Ma le lesse? E chi può dirlo? Però possiamo dire che il “padre” della “Miscellanea” si divertì di più leggendo il libretto del figlio, Corradino (1860-1933), dato alle stampe nel 1880 per tramandare la Salita iemale al Gran Sasso d’Italia. Corradino Sella fece un primo tentativo di ascensione invernale il 27 dicembre 1879 con l’ing. Edoardo Martinori, ma fallì. Riuscì il 7 gennaio 1880 con suo cugino Gaudenzio (1860-1934), il fondatore della banca. Si tratta, in realtà, di una lettera spedita da Corradino Sella allo stesso Martinori, segretario del Club Alpino di Roma. La missiva, descrittiva dell’ascensione, era stata diffusa anche dal giornale “L’Opinione”.
Quintino Sella, all’epoca, aveva cinquantatré anni e, forse, nutriva ancora ambizioni alpinistiche. Ma più ancora sarà stato orgoglioso dell’erede che ricalcava i suoi passi scalando vette. La Salita iemale al Gran Sasso d’Italia è l’unico scritto di Corradino Sella (che in generale scrisse poco o nulla) incluso nella “Miscellanea”. Lo stesso resoconto alpinistico è stato ristampato nel 2021 a cura di Maurizio Sella. Un altro unicum della “Miscellanea” riguarda Vittorio Sella (1859-1943), nipote ex fratre di Quintino. Hautes Alpes: photographies d’àpres nature è la raccolta di immagini delle Alpi che il grande fotografo stava realizzando fin dal 1880. Nel 1882-1883, con il lavoro in fieri, il figlio di Giuseppe Venanzio dava conto dei risultati ottenuti. Il suo percorso di documentazione fu completato negli anni successivi, ma a quel punto il celebre zio non era già più tra i vivi. Il Quintino nazionale morì nel 1884. Non era vecchio, nemmeno per i parametri dell’Ottocento. Come altri aspetti che lo riguardano, anche la “Miscellanea” ne definisce in qualche misura l’esistenza intensa: tanto, tantissimo in poco, pochissimo tempo. Eppure, la poderosa raccolta in oggetto non è il risultato della volontà di un collezionista compulsivo. Quintino Sella non andava a caccia di opuscoli per incrementare una collezione. L’impressione che si ha osservando, come detto all’inizio, la “Miscellanea” sul monitor è che l’insieme si sia formato per lo più spontaneamente, per accumulo naturale e per difetto di scarto. A forza di “mettere lì” e di non buttare l’ingombro deve essere diventato… ingombrante. Dunque, quid agendum? Liberarsi di quelle carte, a volte intonse o appena sbirciate, altre volte consultate a fondo e chiosate, o assegnare loro un destino, una destinazione d’uso, un senso? Quando fu deciso e da chi l’assetto che hanno assunto quelle pubblicazioni? Non può essere stato fatto “durante”, ma solo “dopo”, dopo una certa data, a flusso interrotto, altrimenti non si spiegherebbero quei volumi rilegati. Che restituiscono, però, al di là delle apparenze, approssimazione, confusione, concitazione: categorie che dovrebbero essere serie, serie che sarebbero classi, livelli discontinui, duplicazioni, errori e omissioni. Appunto, un oggetto archivistico non identificato. Quintino vivente o avvenne post mortem? Niente di certo in merito. Di certo, invece, c’è il ruolo di Quintino Sella: catalizzatore, innesco, magnete. Quelle pubblicazioni sono state attratte da lui, dai suoi molteplici interessi, dai tanti incarichi che lo resero persona, personaggio, istituzione, totem, mito… Lui, classificatore meticoloso, indagatore scrupoloso… Ma davvero era così?
O, forse, la “Miscellanea”, per quello che è, rivela piuttosto di lui ciò che scrisse Alfredo Oriani ne “La lotta politica in Italia” (1892): “Come la borghesia che incarnava, egli aveva quindi più istinti che idee e più carattere che ingegno; era così democratico da non sentire vanità per nessuna carica, ed abbastanza aristocratico per appassionarsi a tutte le più fini bellezze dello spirito: adorava la propria famiglia come un antico, esercitava la politica come un dovere, ritornando ne’ suoi intervalli alla scienza e conservando sino agli ultimi giorni la passone delle Alpi e delle miniere, senza chiedere alla nazione né premio né giustizia per la propria opera”. Il migliore dei ritratti, a mio avviso, il meno tronfio, il più vero. Istinti, carattere, passioni. Questo è il genius loci di quel non-luogo del sapere che è la “Miscellanea”. Un posto in cui tutto e tutti hanno cittadinanza. Dove Giuseppe Venanzio (1823-1876), l’amato fratello-padre, compare solo due volte, con le sue “Notizie sulla industria laniera” del 1863 e con “Burschenschaft, ossia la vita degli studenti in Germania che si propone per modello agli studenti italiani” del 1870. I due fascicoletti, stampati da Amosso, insieme non superano le cento pagine (ma il Sella pioniere della fotografia aveva, altrove e prima, scolpito nella carta quel monumento che è il “Plico del fotografo”). E dove c’è posto anche per il cugino Eugenio Sella (1820-1882) e i suoi nuovi coleotteri scoperti in Valle Pesio nel 1873 e, soprattutto, in Valsessera nel 1854. Fu la cuginetta di Eugenio, Olimpia (nipote di Quintino), a trovare quel carabo che adesso porta il suo nome. Nella “Miscellanea”, la nostrana “boja d’or” si affaccia dai fogli stampati a Parigi nel 1855 con il titolo “Description d’une nouvelle espèce du genre Carabus propre au Piémont”. E Quintino? E Biella?… Lunedì che viene.