La radio nel Biellese: la prima a Oropa, dove era “nata”
da "Eco di Biella" dell'22 aprile 2024
Domenica 21 aprile, a Candelo, si è svolto il primo appuntamento dedicato a Guglielmo Marconi e al suo maestro, Vincenzo Rosa, che chiuse i suoi giorni proprio a Candelo nel 1908. Il 1° maggio, a Oropa, un’altra occasione per scoprire quanto Marconi e la radio siano legati al Biellese. Uno spettacolo teatrale e una conferenza. Un altro biellese fu, all’epoca, un personaggio radiofonico: Francesco Sormano (nato a Valle Mosso nel 1899 e morto a Roma nel 1977). Nei primi anni Trenta era già un uomo di spettacolo noto al pubblico biellese e non solo, ma nel 1936 spiccò il volo fino a Roma. Superò brillantemente l’audizione dell’EIAR e divenne un lettore di notiziari alla radio, ma anche un attore di prosa. La radio nazionale divenne il suo lavoro e il suo mondo, ma ebbe anche molte esperienze cinematografiche (quattordici film) e televisive. Fu spesso caratterista nelle commedie e nei drammi recitati alla radio (una trentina), una vera passione per gli italiani del Secondo Dopoguerra. Francesco Sormano fu una delle voci più riconoscibili dell’epoca (anche come doppiatore) e, cosa non comune, fu anche un attore dello schermo, grande e piccolo. Tutto è partito dall’EIAR, la mamma della RAI, evoluzione istituzionale e pubblica dell’invenzione di Marconi.
Fu per una questione di campanile che i biellesi “scoprirono” la radio. Fu “Biella Cattolica”, il 10 luglio 1897, a voler mettere il puntino sulla i quando, appena dopo gli riusciti esperimenti romani di Marconi sulla telegrafia senza fili, si trattò di difendere l’onor di (piccola) patria correggendo alcuni imprecisi giornali. Non era stato il professor Righi il mentore del Guglielmo nazionale, “ma sta invece che il maestro del giovane inventore è un biellese, il prof. Vincenzo Rosa (già allievo del nostro Seminario) e che fu professore a Massa-Carrara e attualmente è insegnante fisica al Liceo Plana di Alessandria”. Vincenzo Rosa insegnò a Guglielmo Marconi a Livorno e non a Massa Carrara, ma questo è un dettaglio. In quell’estate di fine Ottocento, i biellesi seppero o ebbero conferma dello speciale rapporto tra i due scienziati, ma allora nulla era noto circa il fatto che l’intuizione della radio era venuta a Marconi in quel di Oropa. Da quel momento in poi, il nome del genio bolognese e quello del geniale biellese (ideatore del pendolo elettrico), non furono più scissi, almeno da queste nostre parti. Nel 1903, per esempio, fu lo stesso professor Rosa a spiegare a mezzo stampa com’erano andate le cose, quando ormai il suo ex allievo era diventato l’uomo più famoso del mondo. Ma, al di là dello sciovinismo che un po’ ci connota da sempre, che cosa sapevano davvero i biellesi della radio? Erano trascorsi dieci anni dai primi fruscianti e gracchianti vagiti della novella tecnologia, ma a Biella nulla era ancora giunto a ondulare le nostrane frequenze. Nel 1905, però, chi assistette alla conferenza tenuta al Teatro Sociale dal professor Beniamino Christillin (il testo del suo intervento fu pubblicato da Ovazza e Waimberg nel 1906), fu reso edotto, anche grazie alle “esperienze pratiche” proposte al pubblico, circa l’esistenza delle onde elettromagnetiche, dell’oscillatore, del coherer ecc. Che la radio potesse essere anche strumento bellico, i nostri avi lo appresero già nella tarda estate del 1907, quando nel Piemonte nord-occidentale si svolsero delle “grandi manovre” militari durante le quali fu impiegato il prodigio marconiano con finalità strategico-tattiche. “È affidato al personale della brigata specialisti di Roma addetta al 3° Reggimento del Genio l’impianto di sei stazioni da campo a corrente alternata e con aerei orizzontali [leggi antenne, n.d.a.]. Questo sistema è l’ultimo adottato dal Marconi. Gli apparati sono 3 su carrette trainate da cavalli e 3 su automobili. Questa rete mette in comunicazione la direzione delle manovre che risiede a Borgomanero con Biella, Arona, Varallo e Omegna, località nelle quali si prevede che avverranno azioni importanti” (da “il Biellese” del 30 agosto 1907).
Ma fino ad allora chi, tra i biellesi, aveva mai ascoltato qualcosa provenire da un apparecchio radio? Nessuno o quasi. Vincenzo Rosa morì l’anno seguente. Guglielmo Marconi scrisse un telegramma. Seguirono alcuni anni di silenzio… radio, nel senso che si deve attendere ben dopo la Grande Guerra per trovare altre notizie sull’argomento in riferimento al Biellese. Ma nei primi anni Venti il mondo era cambiato, tant’è che, in quel periodo, la radio era già arrivata anche qui. E dove poteva sbarcare per prima, se non a Oropa, lassù dove era “nata” nel 1894? Nell’estate del 1922, infatti, il redentorista padre Rizzi, grazie alla generosità del cav. Romolo Buratti, si vide installare nell’Osservatorio Meteo-Sismico una radio ricevente (un radiotelegrafo era già attivo dall’anno precedente). Il 22 ottobre 1922, uno sbigottito ma entusiasta don Pietro Magri poté godersi la sua opera “Regi Saeculorum” suonata e cantata in un teatro di Parigi. Padre Rizzi divenne subito un tecnico esperto, tanto che nel gennaio del 1923 fu invitato al Teatro Sociale per far vedere, anzi per far udire il portento marconiano. Il redentorista aveva le idee chiare: “la radiotelegrafia e la radiotelefonia sono la più bella, mirabile e utile invenzione che vanti l’umanità, nel corso della sua evoluzione scientifica; è gloria pura italiana e anche gloria biellese. Fu nelle peregrinazioni sulle montagne biellesi, che al genio sovrano di Marconi balenò l’idea di trasmettere, senza fili e per tutto il mondo, il pensiero e poi anche la parola dell’uomo. Se ogni italiano deve andare superbo di così alta scoperta, più che agli altri s’impone ai Biellesi il dovere di conoscerne i segreti meravigliosi” (da “La Tribuna Biellese” del 20 gennaio 1923). Ecco dunque stabilito il nesso: padre Rizzi sapeva che Marconi era stato a Oropa e ne era al corrente perché l’aveva scritto lo stesso Marconi di suo pugno nel 1918. E tornava in auge la “biellesità” della radio per tramite della buonanima di Vincenzo Rosa.
Che cosa avrebbe combinato, allora, padre Rizzi al Teatro Sociale? “Trasporterò gli impianti nel Teatro stesso e li farò funzionare davanti al pubblico. Gli apparecchi saranno messi in comunicazione con la potentissima stazione installata nella torre Eiffel”. Fu, ovviamente, un grande successo. La radio stava conquistando i biellesi. Poche settimane dopo lo “spettacolo” di padre Rizzi, “il cav. Fortunato Ugliengo, di Santhià, ha donato al Laboratorio di Elettrotecnica del R. Istituto Quintino Sella un apparecchio radiotelegrafico ricevente, della Casa Ducretet di Parigi” (da “La Tribuna Biellese” del 24 febbraio 1923). Il radiotelegrafo dell’ITI sarebbe stato connesso a quello di Oropa per “partecipare alle ricerche internazionali sulla ricezione dei segnali radiotelegrafici, con risultati certamente interessanti, date le diverse condizioni altimetriche e meteorologiche delle due località”. La radio a San Sebastiano era stata fornita grazie a un giovane elettrotecnico che si stava attrezzando per sfruttare al meglio la novità in arrivo: Pierino Ferretti. Quest’ultimo aveva assunto, per tutta l’Italia, la rappresentanza esclusiva di tre ditte estere produttrici di radio e “egli aspira anche a fabbricare intieramente degli apparecchi ed ha già iniziato la costruzione di varie parti e di strumenti sussidiari, coadiuvato dal suo capotecnico sig. Mezzalama. Inoltre, il signor Ferretti ha intrapreso i lavori e le pratiche per impiantare, proprio qui a Biella, una stazione trasmettente” (da “La Tribuna Biellese” del 6 febbraio 1924). L’iniziativa non ebbe seguito, ma la strada era tracciata, almeno in senso commerciale. Alcuni privati, appassionati di tecnologia e con denari da spendere, si regalarono una radio. Tra questi, Rino Boggio a Biella e Mario Rivetti al Favaro. Ascoltavano e facevano ascoltare, orgogliosi di mostrare quel giocattolo costoso e formidabile. Rino Boggio intravvide il business e decise di mettersi nel commercio. Un impianto completo? 1245 lire. Come a dire un anno di stipendio di un operaio medio. In corso Regina Margherita 23 (oggi viale Matteotti) si poteva acquistare un Burndept (Ethodyne, Ethofone o Ethovox). E un Radialba, di fabbricazione meneghina, costava “solo” 765 lire. I fratelli Cigna, in via San Filippo 9, non stettero con le mani in mano e si lanciarono a loro volta sul mercato con radio della S.I.T.I. Società Industrie Telefoniche Italiane Doglio & De Colle Wilhelm “per audizioni mondiali”. E anche il suddetto Mezzalama, dal garage in via XX Settembre, sparito il pioniere Ferretti, fu della partita, ma per poco.
Nel gennaio del 1927 “tutti i Balilla e le Piccole Italiane accompagnate dai parenti possono assistere alla prima audizione radiofonica che avrà luogo nei locali della nuova sede, martedì 25 corrente, alle ore 21” (da “Il Popolo Biellese” del 25 gennaio 1927). La 1a Coorte della Città di Biella, agli ordini del Comandante Francesco Allaix, offriva ai piccoli fascisti un intrattenimento di prim’ordine. Il consenso passava anche dalle belle occasioni di svago e gli addetti alla propaganda del PNF ne erano consapevoli. Erano gli anni dei concorsi a premi della Pasta Arrigoni. Al secondo classificato di quello indetto per il 1928 sarebbe toccato un “apparecchio radiofonico completo a 5 valvole con cuffia, antenna da camera, accumulatori, batteria anodica ecc.”. Quando, nel 1930, Guglielmo Marconi stupì ancora una volta il mondo accendendo le luci di Sidney da Genova, anche nel Biellese l’entusiasmo salì alle stelle. L’etere dominato da un italiano! Molti di più furono i biellesi che si fecero affascinare dalla radio. Anche se, già dal 1924, sugli apparecchi radiofonici era applicata una tassa di 50 lire all’anno.