Pier Vincenzo Bellia, il geometra dei Giletti di Ponzone
da "Eco di Biella" del 17 giugno 2024
Pietro Vincenzo Bellia (1866-1949) aveva sposato Emilia Abate, figlia del cavalier Luigi, grande impresario originario di Vaglio Pettinengo. Emilia lasciò vedovo il marito nel 1928 dopo avergli dato un figlio, Pier Giuseppe, e tre figlie: Elda, Dionisia e Bianca Maria (1901-1991). Quest’ultima andò sposa a Oreste Giletti. Il loro figlio Emilio (1929-2020), imprenditore tessile, ma prima ancora pilota automobilistico, fu il padre di Emanuele, Maurizio e Massimo, noto conduttore televisivo. Pier Vincenzo Bellia conobbe il giovane Ernest Hemingway durante la convalescenza dello scrittore sul lago Maggiore nel 1917. Divennero amici, come provato da alcune lettere, e pare che tra l’americano e la bella Bianca Maria ci sia stato del tenero (Massimo Giletti ha parlato di amore non corrisposto da parte di sua nonna con tanto di rifiuto a una proposta di matrimonio). Non corretta, invece, la voce secondo cui il geometra Bellia sia stato il modello per il conte Greffi di Addio alle armi. Lo fu il conte Giuseppe Greppi che, quasi centenario all’epoca, giocò a biliardo con Hemingway a Stresa, mentre il futuro premio Nobel guariva dalla sua ferita. Il commendatore Pier Vincenzo Bellia riposa nel cimitero di Oropa accanto alla moglie.
Poco nota, almeno nel Biellese, è la storia di Pier Vincenzo Bellia. Il cognome evidenzia origini pettinenghesi e il suo legame con la nostra terra, per quanto limitato quasi soltanto a Ponzone per ragioni familiari, è stato importante. Tuttavia, non si conoscono sue biografie né scritti di rilievo che ne illustrino la vita e le opere. Si sa che, avendo la figlia, Bianca Maria, sposato l’industriale Oreste Giletti (1890-1958), il suo destino si è incrociato con quello della comunità ponzonese. La sua lunga esistenza merita un cenno, in attesa di un più approfondito studio che ne tramandi l’intensa e variegata attività. Nato nel 1866, seguì il padre a Torino e si diplomò geometra (nel corso di Agrimensura del Regio Istituto Tecnico “Germain Sommeiller”) in un momento di grande fermento edilizio e imprenditoriale per la ex capitale. Il capoluogo piemontese era, alla fine dell’Ottocento, un grande cantiere industriale e sociale, una città in espansione capace di attrarre idee e uomini, capitali e macchine, arte ed esperienze di scambio a tutti i livelli, a partire dalle grandi esposizioni. Il trentenne Pier Vincenzo Bellia, che si guadagnò sul campo, se non all’università, il titolo di architetto, fu uno dei più attivi impresari di quella Torino magica e meccanica, sempre bisognosa di nuove volumetrie produttive e residenziali. Iniziò con la progettazione e la direzione dei lavori di edifici ecclesiastici, un’attitudine che lo accompagnò fino alla tarda età. Impegnato nella realizzazione della nuova chiesa parrocchiale di Castiglione Falletto, fece scrivere dei suoi «primi trionfi ce ne fanno presagire altri più luminosi» (dalla “Gazzetta di Alba” del 4 novembre 1893). Nel 1904 gli si affiderà la costruzione della chiesa di Gesù Nazzareno in Torino (progetto di Giuseppe Gallo) Nel 1895 sciolse la società coi fratelli ingegner Giuseppe e geometra Alberto, costituita cinque anni prima. Nel frattempo, Pier Vincenzo Bellia fu arruolato negli Alpini (corpo nel quale raggiunse il grado di capitano, ma non è chiaro se nel servizio di leva o nella Grande Guerra, come ufficiale richiamato). Con i fratelli rimase in buoni rapporti e collaborò con loro nel comitato per l’Esposizione Generale Italiana di Torino del 1898. Da “L’Edilizia Moderna. Periodico mensile di architettura pratica e costruzione” del marzo-aprile 1898 si apprende che Pier Vincenzo Bellia, insieme ai fratelli, aveva edificato alcuni stabili lungo via Pietro Micca (dove si trovava anche la sede della società e la sua dimora, all’angolo con via San Tommaso).
Notevole il fatto che quei pregevoli manufatti, tuttora esistenti, erano stati progettati dal conte Carlo Ceppi, nome assai celebre tra gli architetti dell’epoca. A titolo di curiosità, va segnalato che, nei primi anni del Novecento, la Fratelli Bellia (quella di Alberto e Giuseppe) fu l’impresa costruttrice dell’ippodromo di Mirafiori, inaugurato nel 1906 e smantellato nel 1958. Pier Vincenzo Bellia fu uno tra i primi a utilizzare con profitto il cemento armato che, proprio in quel periodo, stava diffondendosi in Italia dalla Francia. Le invenzioni di François Hennebique furono portate a Torino dall’ingegner Giovanni Antonio Porcheddu e, nel 1901, il geometra pettinenghese presentò proprio con l’ingegner Porcheddu un progetto per il ponte Umberto I. La loro idea non fu premiata, ma la stima reciproca e la solida joint venture commerciale rimasero vive negli anni successivi. I progetti ambiziosi non mancano nel curriculum vitae di Pier Vincenzo Bellia. Esempio significativo è quello, datato 1907, per il rifacimento completo di una parte cospicua del centro di Torino, ossia l’Isolato di San Pietro, tra via Pietro Micca, via Antonio Bertola e Palazzo Carignano. Demolizioni selettive e ricostruzioni moderne e funzionali a una città che non voleva smettere di sentirsi capitale storica dell’Italia unita mezzo secolo prima. Il Comune di Torino, a quanto pare, non ebbe i fondi sufficienti per finanziare un’opera del genere (così come non potè sostenere il progetto presentato da un altro biellese, l’ing. Agostino Delleani, per un’area urbana adiacente). Altro progetto di ampio respiro fu quello presentato nel 1913 per la concessione del tratto di ferrovia da costruirsi tra Torino e Castelnuovo d’Asti. Il turismo devozionale verso il paese natale di San Giovanni Bosco motivava ampiamente quella proposta, ma anche quella non ebbe seguito. Di certo, però, a Pier Vincenzo Bellia la buona fama, gli incarichi amministrativi e le nuove commesse non difettavano. I documenti lo indicano tra gli amministratori della ferrovia Grignasco-Coggiola e, in quello stesso 1913, gli fu affidato l’appalto per la costruzione di un bacino di carenaggio del Regio Arsenale del porto di Taranto. Inoltre, erano gli anni dell’impegno anche in ambito sociale. Il geometra Bellia, infatti, risulta tra i gerenti del Ricovero di Mendicità di Torino. Durante la Prima Guerra Mondiale, malgrado la situazione difficile, Pier Vincenzo Bellia non stette con le mani in mano, dimostrando una certa capacità di diversificare gli interessi e le opportunità di business. Tra il 1914 e il 1915 si occupò di studiare la fattibilità di una conduttura di acqua potabile per il Monferrato (esteso sulle province di Alessandria, Novara e Torino). In società con l’ingegner Massimo Mossello, depositò il brevetto per un «latte vegetale animalizzato, liquido, concentrato o solido per allattamento del bestiame», valido per tre anni. Si trattava, con tutta probabilità, di latte di soia. Infatti, il geometra Bellia e il citato ingegner Mossello si erano lanciati in quell’impresa innovativa, per non dire visionaria, quando la soia, almeno in Italia, era quasi del tutto sconosciuta e, ancor di più, ignota per usi di tipo industriale. Nel 1920, Pier Vincenzo Bellia era il presidente del Comitato “Pro Santuario parrocchiale borgo Crimea, tempio nazionale dei caduti d’Italia”. La prima pietra del sacrario fu posta il 1° novembre al civico 39 di corso Moncalieri. Il tempio è ancora al suo posto. Nei primi anni Venti, l’impresario di origini pettinenghesi tornò nel Monferrato per attuarne la «redenzione idrica» insieme a quell’ingegner Domenico Moretto che, con lui, aveva condotto gli studi progettuali del 1914-1915. Su “Il Monferrato” del 25 agosto 1923 si legge, «fin dal 1913 l’Ing. Pietro Ferraris, non esitava a mettere a parte della sua idea il Comm. Geom. Pier Vincenzo Bellia e ring. Domenico Moretto, i quali, compresi della praticità e della bellezza del grande progetto, si associarono a lui per quegli studi ed esperimenti che bisognava necessariamente compiere prima di addivenire ad una qualsiasi proposta concreta».
Nel 1928, l’esordio nel Biellese. Per commemorare Anselmo Giletti, padre di Oreste, morto l’anno precedente, fu inaugurato un monumento in suo onore. «Il medaglione è opera dell’egregio scultore torinese Cav. Musso; la lapide venne disegnata dall’architetto Comm. Pier Vincenzo Bellia, e verrà murata sulla facciata dello Asilo Infantile, fondato dal defunto Comm. Giletti» (da “Il Popolo Biellese” del 14 marzo 1928). Il geometra era stato “promosso” architetto. Due anni più tardi, domenica 15 giugno 1930, fu benedetta la prima pietra della chiesa di Ponzone, dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Il disegno recava la firma di Pietro Vincenzo Bellia che tornava alle sue origini di progettista di edifici destinati al culto. Don Primo Zanotti, che sarà il primo parroco di Ponzone, documentò la celebrazione con le sue belle fotografie. Nel 1938 fu la volta del campanile, che fu definito «una freccia verso il cielo». Di pugno di Pietro Vincenzo Bellia anche il progetto del cimitero di Ponzone (ma non quello della splendida villa in stile eclettico che sorge di fronte al lanificio, ideata del citato Carlo Ceppi). Innovazione edilizia che ha dato un volto architettonico a una comunità che, all’inizio dello scorso secolo, stava vivendo la sua poderosa rivoluzione industriale. In tutto questo fervore progettuale e costruttivo, il geometra Bellia seppe conquistare l’affetto dei ponzonesi. Nel libretto celebrativo Un secolo di vita dei Giletti nella Valle del Ponzone 1857-1957, si legge che morì il 28 febbraio 1949, «nobile e veneranda figura di patriarca», ma anche «uomo di squisita sensibilità, di elevato sentire, signore gentile in ogni sua manifestazione, buono e generoso». Per queste sue qualità, «dolce e santa fu la sua vecchiaia, come esemplare e pia fu la sua vita».