Quei pregiati peli di coniglio: un affare internazionale
da "Eco di Biella" del 24 luglio 2023
Un po’ di nomenclatura tecnica. Dalla “Gazzetta dei cappellai” del giugno 1914: “le materie prime più usate per i cappelli di pelo sono: i garennes, i clapiers e la lepre. La garenne, nome francese per conigliera all’aperto, ha dato il nome al pelo di tutti i conigli allevati più o meno allo stato libero in tutto il continente di Europa e nelle altre parti del mondo, salvo che nei paesi di lingua inglese, dove la garenne è chiamata col nome di coney (o, in modo abbreviativo, designato coll’iniziale C). Il clapier, nome francese per conigliera domestica, ha dato il nome a tutte le qualità di peli dei conigli domestici, ma specialmente alle migliori scelte. Ecco le marche più comunemente indicate in commercio per le garennes: B.C.B.k.s. (Best Coney Backs karroted strong). Per “back” si intende il dorso (“dos” in francese). L’abbreviazione k.s. karroted strong o “segretato forte”, sta per preparati con una miscela di acido nitrico con mercurio, e fa le veci della parola extra o della croce (X) replicata”. L’acronimo “N.P.U.” pure applicato ai peli garenne significa “ne plus ultra” (all’inglese), ovvero il top della gamma. I clapier bariolè sono i “variegati”, i cendré sono i grigio cenere. Arête, invece, sta per lepre.
Sulla piazza del mercato di Lokeren ci sono tre lepri di metallo lucente. Opera d’arte contemporanea di Luc de Backer che, dal 2011, incuriosisce i turisti e rammenta ai lokerenesi circa la storia di questa città di quarantamila abitanti posta a trenta chilometri a ovest di Gand e cinquanta a nord di Bruxelles. Lokeren è stata, tra il Settecento e la prima metà del Novecento, la capitale mondiale del pelo di coniglio. Le pelli dei pregiati conigli scozzesi passavano da qui per essere lavorate in piccole industrie, quasi sempre a conduzione familiare. Il pelo tagliato dalla pelle era poi venduto in tutto il mondo. Anche in Italia. Anche a Sagliano Micca. Può partire, anzi deve partire da Lokeren questo breve giro (che meriterebbe di essere ben più ampio e strutturato) sulle tracce delle materie prime d’importazione che, pur senza essere preponderanti nella quantità, hanno contribuito a garantire la qualità dei cappellifici biellesi e, nello specifico, del Cappellificio Cervo. L’archivio del Cappellificio Cervo, ancora una volta, dimostra di conservare informazioni interessanti e notizie sconosciute ai più. In questo caso è bastato sfogliare una raccolta di fatture di fornitori stranieri per scoprire un microcosmo di uomini e di aziende commercialmente connesse con la fabbrica di cappelli attiva sul rio Morezza. Tra il 1929 e il 1940 ben sei furono le case di Lokeren che inviarono a più riprese il loro semilavorato di alta qualità al Cappellificio Cervo. Dal 1929 gli Etablissements Louis D’Hondt con un clapier non meglio identificato, dall’anno successivo la Société Anonyme “Matchap” specializzata in “matières premières pour chapellerie” (da cui la crasi mat-chap) con del “cendré pur dos e del bleu pur dos“, dal 1939 la Couperie de Poils “Flandria” con BCB ks e BCB scozzesi e la Société Belge des Etablissements Jourde con BCB ks “pur dos Anglais”. All’inizio del 1940, quando l’Italia non era ancora in guerra e quando il Belgio non era ancora stato invaso dalle armate di Hitler, la Usine Louis Rubbens inviava garenne BCB ks e BCB Ecosse, così come la ditta della Epouse P. Jacobs (A. Cogen), attiva in una bella palazzina art decò sulla Heirbrugstraat (l’azienda molto apprezzata per i suoi bariolé, chiuse i battenti nel 1980). Con una cartina davanti è facile capire che l’area fiamminga era quella di maggior frequenza per le importazioni di pelo di coniglio. Il Cappellificio Cervo si riforniva costantemente anche da altre realtà poco industriali e molto artigianali nei dintorni di Lokeren, sempre nello stesso periodo. La lavorazione del pelo, che a Sagliano Micca diventava (e diventa tuttora) arte nelle straordinarie creazioni dei cappellai biellesi, nasceva di certo non su una catena di montaggio, di certo non con la standardizzazione del prodotto in serie. Nel 1931 Arthur Gillis lavorava con la sua famiglia e poche maestranze a Eecloo (Eeklo).
Nello stesso anno e con le stesse dimensioni ecco la Donner, Lee & Co. di Gand. Non molto più grande era la Couperie d’Assche (Asse), che nel 1939 inviava al Cappellificio Cervo garenne BCB ks e BCB e cotés bleus, ovvero “pelo di coniglio greggio spuntato con le cimatrici”. Nel 1941, con i tedeschi in casa, la Lorent Hofmans & Fils di Lebbeke, un paesone a sud della Schelda, provava a tirare avanti anche grazie alle commesse saglianesi. Anche nella capitale belga erano in esercizio alcune ditte che entrarono in contatto commerciale con il Cappellificio Cervo. La Couperie Belge-Americaine S. A. di Anderlecht (quartiere a sud-ovest di Bruxelles, nota più che altro per la squadra di calcio), la Marcel Raab & C.ie di Jette, comune autonomo ma di fatto sobborgo della capitale, produceva BCB ks XX, cioè “extra extra”, cendré secret pâle e XX Nankin fulvi, ma altrettanto pallidi. A due passi da Jette, a Ganshoren, ecco la Maes Frères & C.ie che, 1931, il Cappellificio Cervo scelse per il pelo di lepre: “moyenne arête e petite arête”. Ancora a Bruxelles si trovava la “couperie” Albert Holweg e la Jean Maes che esportava “clapier gris, petit bon, bariolé” e l’immancabile BCB ks. Il Cappellificio Cervo era un suo cliente fin dal 1926. Aprendo ulteriormente il compasso, la traccia delle materie prime per la cappelleria di allora conduce fino a Parigi e viciniori. Montreuil oggi è una città di più di centomila abitanti a ridosso della capitale (zona est). I cultori dei videogiochi la conoscono perché vi ha sede la Ubisoft. Tra il 1930 e il 1940, invece, c’erano le sedi della Jumel Ainé-Veuve Jumel Successeurs, della Manufacture Française de Poils pour Chapellerie (nel 1932 forniva anche clapier blanc X, “extra”) e degli Etablissements Ed. Dumas Fils & C.ie (bariolé clair, clapier gris). A Parigi, nel 1937, Foussé & Ewald, ancienne maison de Clermont & C.ie, fatturava il dovuto, ma gli invii del “poil de lapin” (garenne BCB X Ecosse secret pâle) avvenivano dalla fabbrica di Elbeuf. Parigini erano anche gli Etablissements Dolat & C.ie. Molto a sud di Parigi, quasi a Tolosa, sul Tarn, al 2 di rue de la Mandoune a Montauban, Albert Carles preparava B.C.B. di buona qualità e li spediva a Sagliano Micca (ma anche a Pianezze: i filatori fratelli Galfione erano suoi clienti). Tra Avignone e Lione, precisamente a Bourg-lès-Valence, tra il 1932 e il 1933 gli Etablissiments Paul Mazuit prepararono ventitré “paquets Nankin XX” e un pacchetto di BCB ks “Garenne de France” (quindi non scozzese).
Anche con la Francia abbiamo finito, ma il tour è ancora lungo. Un salto in Spagna per segnalare una fornitura particolare. Lo stato di guerra, nel 1942, non consentiva commerci liberi quindi anche il Cappellificio Cervo si doveva approvvigionare un po’ come poteva. Quell’anno, in regime di “importazione collettiva” e tramite il competitor Borsalino di Alessandria, a Sagliano Micca arrivarono pelli di conigli iberici: domestici (“caseros”), selvatici (“monte”), di prima e seconda categoria, e anche pelli di lepre di prima e seconda categoria. Questo offriva la Spagna ormai saldamente franchista. Il materiale fu recuperato dopo lo stoccaggio nei Magazzini Generali di Arquata Scrivia. Dalla Spagna all’Inghilterra. Sì, perché il Cappellificio Cervo, in tempi non sospetti (ma anche già sospetti…), inviava ordini a ditte della “perfida Albione”. Nel 1930 alla Frederick Gascoigne & Son Skin Merchants & Hatter’s Furriers di Newcastle. Nel 1938 alla W. J. Groom & Co. Ltd di Londra, che spedì a Sagliano Micca “felt hats”. Nel 1939 alla John Lee & Son Ltd di Grantham, venti chilometri a est di Nottingham (BCB ks Scotch “prepared with care”). Stesso anno, alla George Nixon & Co. Ltd “leather dressers hatters furriers” di Stockport (Manchester): 300 libbre di pelo di coniglio secret pâle N.P.U., ovvero “non plus ultra”. Già nel 1932, ancora nei dintorni di Manchester, a Audenshaw, alla Amos Davies Ltd, “leather dressers”, per chevrette e varie altre materie prime. Nei primi mesi del 1940 alla Sennett Bros (since 1734) Hatters Furriers & Skin Merchants di Londra, che si premurò di assicurare la spedizione per il concreto “war risk”. Per concludere il giro, però, dobbiamo ancora fare un ampio passo fino agli Stati Uniti d’America. Due forniture, infatti, provenivano da Philadelphia. Nel 1932 il Cappellificio Cervo si rivolgeva alla Wittman-Moriarty Co. Inc. che trattava pellami (in particolare “calf roans”, vitelli di color roano), mentre nel 1938 il riferimento era la Drueding Brothers Company che vendeva pelli scamosciate (“chevrette drum turn”). Alcuni di questi ultimi fornitori non erano più attivi sui peli di coniglio, bensì su elementi a corredo, ma non meno importanti per le lavorazioni di finitura del Cappellificio Cervo. Lo stesso discorso è valido per aziende come la Max Epstein & Co. di Zurigo, un setificio che, nel 1935, inviò a Sagliano Micca del taffetà bianco. Oppure per la parigina Jacqueau Berjonneau & C.ie Manufacture Generale de Caoutchcouc – Baudruche Gutta che, nel 1940, era una delle case più note per la lavorazione della gomma naturale e delle membrane sottili. Uno degli aspetti generali che emerge in controluce è quello delle rappresentanze. Ci possiamo immaginare, molto più di oggi, un continuo passaggio di agenti di commercio, commessi viaggiatori, rappresentanti di ogni genere che periodicamente tornavano a proporre merci e servizi di ditte più o meno vicine, a volte lontanissime, che nemmeno loro avevano mai visto. Certo, c’erano occasioni di incontro (come le grandi esposizioni o le fiere nazionali e internazionali), ma il lavoro vero era quello dei venditori che “suonavano il campanello” e presentavano nuovi prodotti o aggiornavano campionari già noti. Quello dei cappelli è un mondo affascinante.