Quintino Sella, la sua “Miscellanea” e la sua Biella
da "Eco di Biella" del 20 marzo 2023 [Danilo Craveia]
Diamo i numeri della “Miscellanea Sella”. Numeri pressoché definitivi (si attende la catalogazione di una sessantina di manoscritti), a partire dai singoli opuscoli e/o affini che sono, s.e.&.o., 14914. Sul portale della Biblioteca Civica di Biella (polobibliotecario.biella.it) si scrolla la pagina fino alla sezione “Conservazione”. Un clic e si nota, a destra, il simpatico barbone del Quintin. Il ritratto fotografico apre la porta alla “Miscellanea”. La raccolta si presenta ripartita per “materie”, quelle originali, cioè 64. Basta scorrerle per cogliere le originarie incertezze di tipo metodologico. I 696 volumi in cui sono rilegati consegnano un insieme troppo grande da gestire senza un progetto redatto a valle di un’acquisita consapevolezza generale che, con tutta probabilità, non c’era né in Quintino Sella né nei suoi successori. A come Agricoltura. Il n° 1: Relazione a Sua Eccellenza il ministro dell’agricoltura, industria e commercio intorno alle colonie penali agricole della Sardegna e proposte per il loro riordinamento a beneficio dell’isola intiera, opera di Francesco Cirio del 1884. Fece in tempo a dargli un’occhiata visto che quello è l’anno in cui, a marzo, morì? Z come Zoologia. L’ultimo: “Le zanzare” di Antonio Villa (senza data).
Quintino Sella è, ovviamente, uno dei protagonisti della “Miscellanea”. È la sua, non poteva essere altrimenti. E lo è come soggetto conservatore, ossia come destinatario di decine di opuscoli dedicatigli esplicitamente, o che lo vedono citato, richiamato, evocato. C’è chi gli spediva saggi sul regime fiscale belga, chi ce l’aveva con la Real Fabbrica dei Tabacchi di Napoli, chi propugnava la “facile attuazione sollecita, uniforme ed economica di un catasto topografico parcellare in Italia”, chi lo informava su imprese alpinistiche, chi gli faceva le pulci rammentandogli incoerenze (La istituzione del lotto condannata dal Deputato Sella e difesa dall’ex Ministro Sella, di tale Vito Caputi), chi gli faceva omaggio di un poema (L’alpinista, di David Levi), chi lo chiamava in causa per la tassa sul macinato (“lettera del deputato Giochino Napoleone Pepoli al ministro Sella”), chi lo interpellava sulle casse postali di risparmio (una lettera aperta del deputato Luzzatti), chi esponeva interventi ad ampio raggio, come la “abolizione delle dogane e dei dazii murati libera piantagione dei tabacchi, pluralità delle banche, stabilimento dei docks, sviluppo della prosperità nazionale, assestamento del bilancio dello Stato” non più rimandabili, secondo il patriota lodigiano Giovanni Semenza… Quintino Sella era il punto di riferimento di così tante persone, di così numerosi ingegni, ne era l’ascoltatore, il bersaglio e il mentore. Lui, il burocrate, il tecnico, il ministro di quel Regno d’Italia che cantava e che portava la croce, e cercava di far finire in gloria tutti i salmi del Risorgimento, unito per grazia di Dio e per volontà di altre nazioni. La “Miscellanea”, un’enciclopedia schizofrenica, testimonia quello stato delle cose. Convulso, centrifugo, nuovo, nel bene e nel male, vitale. Ma Quintino Sella è anche soggetto produttore. Scriveva e pubblicava, a volte anche in forma anonima, come nel caso de La legge mineraria del 1859 ed il progetto Marolda-Petilli, pamphlet contra et adversus una proposta di legge del 1869 che il “nostro” avversò (con Felice Giordano) strenuamente. Tale scritto entrò idealmente nell’alveo della Relazione alla Commissione parlamentare d’inchiesta presentata alla Camera dei Deputati il 3 maggio 1871” che lo statista biellese volle intitolare Sulle condizioni dell’industria mineraria nell’isola di Sardegna”. Scriveva, ma nella “Miscellanea” di suo pugno, in realtà, c’è poco.
Su quasi 15.000 pubblicazioni, i “pezzi” dei quali Quintino Sella è autore (o con un ruolo assimilabile) sono soltanto 18. Per lo più si tratta di fascicoli tecnici, documenti di tipo economico, relazioni di carattere amministrativo. Il futuro politico quando era ancora un docente, giovane e brillante, ragionava Sui principi geometrici del disegno e specialmente dell’axonometrico: lavoro dettato da Quintino Sella per le sue lezioni di Geometria applicata alle arti date in maggio e giugno 1856 al R. Istituto tecnico di Torino. A metà del secondo mandato di Ministro delle Finanze: Società anonima per la vendita di beni del Regno d’Italia approvata con Decreto Reale del 18 dicembre 1864. Quasi alla fine del terzo e ultimo mandato ministeriale: Osservazioni e proposta d’un prestito speciale per liquidare il presente e assicurare l’avvenire: l’esposizione finanziaria dell’onorevole Sella Ministro delle Finanze, presentata al Parlamento nazionale nella seduta del 19 marzo 1873. Il tutto preceduto da una lettera che Quintino Sella aveva ricevuta, in quanto “indirizzata all’onorevole deputato di Cossato da Ernesto de Choisy”. Tutto interessante, ma quelle pagine portano quasi sempre lontano da Biella. Invece Biella è l’altro capo di questo filo teso attraverso questo labirinto di carta. Biella è un’Arianna. Biella, nella “Miscellanea” Sella, è dispersa in decine di fogli, di quinterni, di libretti: Biella luogo di stampa, luogo di eventi fausti e solenni, luogo di attività di istituzioni importanti (come la Associazione dell’Industria Laniera Italiana, fondata a Biella nel 1877), luogo di studi, di vita, di morte, di speranza. Ma Biella è anche raggruppata, rilegata, messa insieme con criterio o alla meglio, e non nella totalità, anzi solo in parte, in una decina di volumi che contengono poco più di duecento titoli relativi a… a un po’ di tutto, fratto Biella o Biellese. Ma anche in questo specifico settore della raccolta di Quintino Sella non è il metodo a risultare rilevante, bensì i singoli elementi che costituiscono la collezione. Quegli elementi hanno, tra gli altri, un grande pregio: come specchi lucidissimi riflettono Biella e il Biellese di allora: 1855-1885. Trent’anni rilevanti, decisivi, forse, per questo territorio. Un territorio che stava formando, più di prima, più di sempre, la sua identità. Una situazione spontanea, in qualche modo, ma anche un processo indotto. Un’induzione consapevole e pianificata? Probabilmente non con una prospettiva completa e definita, non come azione univoca e orchestrata da una sola persona o da un gruppo ristretto di persone, ma la “Miscellanea” attesta la strutturazione di un sistema di riconoscimento e di valorizzazione autoriferita a Biella e circondario. Perché? Perché si era innescato un movimento di interesse per la storia di questa zona, interesse manifestato da uomini diversi, ma accomunati da quell’interesse. Giovanni Gersen da Cavaglià, per esempio, e la sua Imitatio Christi.
Tuttavia, al di là della fascinazione per l’antichità e per il medioevo locali, la macchina storiografica nostrana si era settata sulla produzione di una cronachistica del presente o del passato prossimo di allora che storicizzasse gli uomini più illustri. Alfonso La Marmora, Giuseppe Arnulfo, Benedetto Trompeo e, ultimo in ordine, ma primo per rilevanza, Giuseppe Venanzio Sella. Uno degli scritti della “Miscellanea” ha per titolo: Inaugurandosi nel Collegio civico Biellese un monumento a V. Giuseppe Sella il Direttore delle Scuole Tecniche dedica un pensiero di affetto al suo vecchio Amico e ne ricorda l’operosa virtù ad ammaestramento degli alunni: 22 luglio 1877. Mitopoiesi? Sì, certo. Totem che si appoggiano ad altri totem e, come detto la scorsa settimana, Quintino Sella lo diventò a sua volta. In vita e, più ancora, da morto.
La “Miscellanea”, inoltre, offre un altro orizzonte umano, tanto individuale, quanto sociale. È quello dell’alpinismo. C’è qualcosa di simbolico in quella tendenza a salire. Scalare, condividere quelle esperienze, fondare un club (cioè un sodalizio esclusivo e non inclusivo, anzi selettivo) per unire elettivamente i praticanti, non era solo un fenomeno di costume o la testimonianza, non poco stereotipata, di come e di quanto la borghesia agiata potesse diportarsi sulle Alpi mentre la classe lavoratrice si diportava molto meno sui telai. No, l’alpinismo, la fotografia di montagna, il CAI, la letteratura derivata, i circoli erano un sistema ideologico, socio-politico, identitario proprio di quella borghesia dinamica e, non solo metaforicamente, in “ascensione” rispetto alla morente casta nobiliare (se si eccettua la Real Casa e poco altro). Nel 1875 Giuseppe Corona scriveva a Quintino Sella dalle Alpi Pennine, dalle Murailles, dai Jumeaux, dalla Budden, dalla Punta Sella… Da una vetta che portava il suo nome, come se fosse già trapassato, come se fosse già mito. Che effetto gli faceva? Quintino Sella era tutto fuorchè un vanesio, ma una montagna con il suo nome… A lui che amava le montagne, che amava le rocce di cui sono fatte, l’abbinamento sapeva di immortalità? Dava l’illusione, forse, di poter sopravvivere all’oblio in un pantheon di insigni dei quali si trova ampia traccia nella “Miscellanea” sotto forma di piccole-grandi biografie edite, elogi funebri, memorazioni anniversarie. Il substrato antropologico della “eccellenza” biellese, del contributo di quella élite alla realizzazione del progetto nazionale, si solidificava anche e soprattutto su un altro livello, quello della “piccola patria” che aveva Biella come capitale. E una capitale, così come si evince dalla “Miscellanea”, voleva infrastrutture (quante decine sono le pagine che trattano di ferrovie, idrovie, elettrovie, strade, ponti, trafori: molte fanno riferimento a e da Biella), voleva mezzi di comunicazione, voleva un futuro per i giovani da plasmare nelle scuole. Scuole che dovevano proiettare Biella fuori da Biella e, contemporaneamente, portare a Biella il mondo e l’avvenire. Fu Quintino Sella, quando col fratello rifondò la “Scuola Professionale” nel 1869 (oggi l’ITI che si fregia del suo nome), a mandare il giovane professor Luigi Gabba a imparare le scuole tecniche di tre quarti d’Europa. Per copiare. Che non c’è niente di male, se lo fanno i docenti…